
Si sono fatti portare perfino i divani negli uffici pubblici accessibili solo se accompagnati da una guardia di sicurezza, così da poter controllare e tagliare più intensamente. In un vortice di attività senza precedenti, il Department of Government Efficiency (DOGE) guidato da Elon Musk sta spingendo con forza per ottenere accesso illimitato ai sistemi di dati sensibili del governo federale. Nelle ultime ore, gli agenti di DOGE hanno ottenuto pieno accesso all’infrastruttura di pagamento del Dipartimento del Tesoro, un sistema cruciale che gestisce pagamenti federali essenziali, dalle pensioni della Social Security agli stipendi pubblici, contenendo i dati personali di milioni di cittadini statunitensi.
Questa decisione, approvata dal Segretario al Tesoro Scott Bessent, ha scatenato una ondata di polemiche. Gli oppositori avvertono che tale accesso potrebbe portare ad abusi senza precedenti, come l’interruzione dei pagamenti federali o la manipolazione dei database governativi, inclusi i contratti pubblici. La tensione è esplosa quando due alti funzionari dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID) sono stati sospesi dall’incarico per aver rifiutato l’accesso di DOGE ad aree riservate e a dati classificati del personale.
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Questa iniziativa ha sollevato seri interrogativi etici e legali, portando a un vero terremoto istituzionale mentre le tradizionali procedure burocratiche si scontrano con i metodi non convenzionali imposti da DOGE. Mentre il team di Musk continua la sua missione per rivoluzionare l’amministrazione federale, le conseguenze immediate stanno emergendo in tempo reale, lasciando dietro un mix di intrigo, preoccupazione e conflitto di interessi (Elon Musk’s Doge team granted ‘full access’ to federal payment system e Senior USAid officials put on leave after denying access to Musk’s Doge team) e sullo sfondo si percepisce un chiaro attacco ai servizi pubblici essenziali.
DOGE e Agenda 25
Gli obiettivi del Department of Government Efficiency (DOGE) sono strettamente allineati con quelli di Project 2025, un’iniziativa conservatrice guidata da The Heritage Foundation. Entrambi mirano a snellire la burocrazia federale, ridurre la spesa pubblica e rafforzare il potere esecutivo.
I principali punti di allineamento sembrano essere tre.
Il primo. Riduzione della forza lavoro federale: DOGE, sotto la guida di Elon Musk, ha avviato un programma per ridurre il personale federale, offrendo incentivi per il pensionamento anticipato e proponendo l’eliminazione di alcune agenzie. Anche Project 2025 sostiene una riduzione delle dimensioni del governo federale, puntando a diminuire il numero dei dipendenti pubblici e a eliminare interi dipartimenti. (Project 2025)
Il secondo. Centralizzazione del potere esecutivo: entrambi i programmi enfatizzano il rafforzamento dell’autorità presidenziale per implementare politiche conservatrici in modo più efficace. Questo include la ristrutturazione delle agenzie federali per renderle più reattive agli ordini presidenziali e la riduzione degli ostacoli burocratici. Secondo un’analisi del Center for American Progress, questa strategia potrebbe compromettere il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione. (Project 2025 Would Destroy the U.S. System of Checks and Balances and Create an Imperial Presidency.)
Il terzo. Eliminazione di programmi specifici: DOGE ha preso di mira iniziative legate alla diversità, equità, inclusione e accessibilità (DEIA), allineandosi con Project 2025, che punta a smantellare programmi percepiti come parte dell’agenda progressista all’interno del governo federale. (‘Very retaliatory’: the federal workers caught up in Trump’s DEI purge).
In sintesi, le iniziative di DOGE riflettono gli obiettivi generali delineati in Project 2025, con un focus sulla riduzione della burocrazia, il taglio della spesa pubblica e il rafforzamento del controllo esecutivo sulle operazioni federali.
Il Progetto 2025 sostiene una significativa riduzione dell’occupazione federale, con l’obiettivo di semplificare le operazioni governative e migliorare l’efficienza. Ma non è solo questione di efficienza. Si tratta invece anche di riclassificare decine di migliaia di posizioni di servizio civile federale come nomine politiche, consentendo la sostituzione del personale esistente con individui allineati con l’agenda dell’amministrazione. Questa strategia ha lo scopo di consolidare il potere esecutivo e garantire che le agenzie federali attuino politiche coerenti con gli obiettivi dell’amministrazione. Inoltre, il Progetto 2025 sostiene lo smantellamento di alcune agenzie federali e il licenziamento di un massimo di un milione di lavoratori federali, riflettendo un obiettivo più ampio di ridurre le dimensioni del governo federale al fine, si dice, di ridurre la burocrazia, aumentare la reattività del governo e promuovere la responsabilità. Tuttavia, come molti critici sostengono, tali azioni minano la natura apolitica della pubblica amministrazione, puntano a interrompere i servizi pubblici essenziali e a erodere il sistema di controlli ed equilibri fondamentale per la democrazia Usa.
Film già visto nell’Italia Fascista e Germania Nazista
Credo un punto fondamentale sul quale sia necessario riflettere è che la riclassificazione delle posizioni nel servizio civile come nomine politiche è stata una pratica chiave sia nell’Italia fascista di Benito Mussolini che nella Germania nazista di Adolf Hitler (oltre che all’Unione Sovietica di Stalin). In entrambi i regimi, l’obiettivo era eliminare l’opposizione politica all’interno della burocrazia statale e garantire una lealtà assoluta al partito al potere.
Nell’Italia fascista, Mussolini attuò un processo noto come fascistizzazione della pubblica amministrazione. Ciò comportava l’epurazione dei funzionari non fascisti, la loro sostituzione con membri del Partito Nazionale Fascista (PNF) e l’imposizione di un giuramento di fedeltà al regime per tutti i dipendenti pubblici. La burocrazia statale venne trasformata in un strumento del partito, subordinando le funzioni amministrative agli obiettivi politici. Allo stesso modo, nella Germania nazista, Hitler emanò nel 1933 la Gesetz zur Wiederherstellung des Berufsbeamtentums (Legge per il Ripristino del Servizio Civile Professionale). Questa legge permise al regime di rimuovere ebrei, oppositori politici e chiunque fosse considerato inaffidabile dalla pubblica amministrazione. Inoltre, garantiva che i funzionari governativi fossero fedeli al Partito Nazionalsocialista e allineati alla sua ideologia. Con il tempo, la distinzione tra partito e Stato scomparve quasi del tutto, trasformando la burocrazia in uno strumento del regime totalitario.
Il tema comune in entrambi i casi è la politicizzazione della pubblica amministrazione per consolidare il potere, eliminare l’opposizione e imporre un’adesione ideologica. La proposta di Project 2025 e la recente attività dell’amministrazione Trump di riclassificare i dipendenti federali come nomine politiche presenta parallelismi storici con queste pratiche autoritarie, sollevando preoccupazioni riguardo alla perdita di un servizio civile indipendente e basato sul merito.
DOGE/agenda 26 e il new managerialism
Il Department of Government Efficiency (DOGE) e Project 2025, considerati insieme, rappresentano una visione del governo che privilegia la centralizzazione del potere esecutivo, la lealtà politica e la ristrutturazione dello Stato attraverso mezzi ideologici e amministrativi. Mentre DOGE si concentra sulla modernizzazione tecnologica e sulle riforme basate sull’efficienza, Project 2025 mira principalmente a rimodellare la forza lavoro federale, eliminare le agenzie di regolamentazione e allineare l’apparato statale con una governance conservatrice.
In confronto, il modello del New Managerialism che ha influenzato l’amministrazione pubblica dalla ristrutturazione neoliberale dello stato e dei servizi pubblici dalla fine del XX secolo, sostiene la necessità di depoliticizzare la gestione governativa, importando nel settore pubblico tecniche di gestione tipiche del settore privato. Il New Managerialism punta a migliorare l’efficienza del governo attraverso metriche di performance, competizione di mercato e presunta neutralità burocratica, evitando il controllo ideologico o la concentrazione del potere esecutivo.
La differenza principale è che, mentre DOGE e Project 2025 cercano di ristrutturare lo Stato per scopi politici e ideologici, il New Managerialism punta a migliorare l’efficienza governativa mantenendo formalmente l’indipendenza della burocrazia. Nel New Managerialism, l’amministrazione pubblica rimane formalmente neutrale e professionale, mentre DOGE e Project 2025 promuovono la riclassificazione del personale federale in base alla fedeltà politica dell’amministrazione in carica. In questo senso, e guardato da un punto di vista storico, New Manageralism – che sia la destra che la sinistra hanno adottato nel corso della loro politica in tutti i governi occidentali -, ha aperto le porte al nuovo corso. Come infatti sa chiunque abbia lavorato dentro ospedali, scuole o università in questi anni, tale neutralità era invece il pretesto per imporre vincoli all’erogazione di servizi essenziali alla natura delle operazioni pubbliche che l’agenda stessa dell’efficienza e le sue metriche imponevano. Infatti, sia New Managerialism che DOGE enfatizzano l’efficienza, la riduzione dei costi e la semplificazione amministrativa. L’attenzione di DOGE sulla tecnologia e sulla digitalizzazione è in linea con alcuni principi del New Managerialism, che promuove l’uso di analisi dei dati, automazione e governance digitale per ottimizzare i servizi pubblici. Tuttavia, New Managerialism non prevede la riclassificazione politica della burocrazia, un elemento centrale della strategia di Project 2025.
Verso un regime?
È evidente che esiste una contraddizione tra un sistema democratico basato su checks and balances, cioè l’equilibrio tra i poteri e i meccanismi di controllo reciproco, e il modello di Stato e amministrazione pubblica che si sta perseguendo. In prospettiva futura, un simile approccio alla riforma del governo implicherebbe la sostituzione dei funzionari pubblici in posizioni chiave per riallinearli all’agenda politica di turno. Tuttavia, un continuo riallineamento della burocrazia a seconda del governo in carica è incompatibile con un sistema di alternanza politica e richiederebbe, di fatto, un regime stabile e duraturo aprendo la strada a una possibile estensione del potere esecutivo oltre i normali limiti del mandato.
Le recenti azioni della presidenza Trump suggeriscono l’intenzione di estendere la sua influenza e potenzialmente rimanere al potere oltre il tradizionale limite dei due mandati (salute permettendo, ma noi boomer ci ricordiamo con quale fatica il vecchio Breznev alzava la mano per salutare le truppe in parata nella vecchia Unione Sovietica). Il 22° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti limita i presidenti a due mandati elettivi. Tuttavia, sono emerse discussioni su possibili vie per aggirare questa limitazione. Ad esempio, alcuni alleati hanno proposto di modificare il 22° emendamento per consentire a Trump di svolgere un terzo mandato. Inoltre, gli studiosi di diritto hanno dibattuto scenari in cui un ex presidente potrebbe svolgere un incarico temporaneo o tornare in carica tramite mezzi non elettorali. Queste discussioni indicano una considerazione all’interno della cerchia di Trump di modi per mantenere il potere politico oltre i vincoli convenzionali (maggiori dettagli su questo dibattito sono disponibili su The 22nd Amendment and Presidential Service Beyond Two Terms e How Trump Could Snatch a Third Term — Despite the 22nd Amendment).
Inoltre, le recenti azioni di Trump per espandere l’autorità esecutiva, come l’aggiramento del Congresso e l’affermazione di ampi poteri presidenziali, suggeriscono una strategia per consolidare il controllo (Trump Kicks Aside Congress With Sweeping Claims of Presidential Power)
Una nuova tendenza?
Il neoconservatorismo europeo, rappresentato da leader come Viktor Orban in Ungheria e Giorgia Meloni in Italia, sembra aver già anticipato una traiettoria simile a quella di Donald Trump, puntando a riallineare la burocrazia statale agli obiettivi politici del governo in carica. In Ungheria, Orban ha consolidato il controllo sulla pubblica amministrazione attraverso nomine politiche e riforme istituzionali che limitano l’indipendenza dei funzionari pubblici. In Italia, il governo Meloni ha intrapreso diverse iniziative che indicano una tendenza verso la politicizzazione della burocrazia statale. Un esempio significativo è rappresentato dalle nomine ai vertici di aziende pubbliche strategiche. Nel 2023, l’esecutivo ha effettuato nomine considerate politiche in cinque importanti società pubbliche con un ruolo geopolitico ed economico strategico: ENEL, ENI, Leonardo, Poste Italiane e Terna. Queste nomine sono state interpretate come un tentativo di allineare la gestione di tali aziende agli obiettivi politici del governo in carica, come riportato su Giorgia Meloni’s first six months. Le nomine effettuate dal governo Meloni presentano alcune differenze rispetto a quelle dei governi precedenti. Tradizionalmente, le nomine ai vertici delle aziende pubbliche e delle istituzioni statali in Italia sono state influenzate da considerazioni politiche, con i governi che tendevano a scegliere dirigenti vicini alle proprie posizioni. Tuttavia, il governo Meloni ha accentuato questa tendenza, effettuando nomine che sono particolarmente orientate a rafforzare il controllo politico sulle strutture amministrative e sulle aziende strategiche. Inoltre, il governo Meloni ha annunciato una riforma della burocrazia, con l’obiettivo di semplificare e modernizzare la pubblica amministrazione. Sebbene l’intento dichiarato sia quello di rendere la burocrazia più efficiente e vicina ai cittadini, si teme che tali riforme possano portare a una maggiore influenza politica sulla macchina statale, nella scuola, nella sanità e nei servizi pubblici.
Tra il 1979 e il 1981, dopo gli esperimenti della dittatura di Pinochet in Cile, abbiamo assistito all’emergenza e al consolidamento del governo neoliberale sul mondo, con la nascita dei governi Thatcher in Gran Bretagna e Reagan negli Usa. Ci troviamo forse con una dinamica analoga poco meno di mezzo secolo dopo, e con prospettive ancora più preoccupanti? E come si risponde politicamente all’attacco del capitale al cuore dello stato, semplicemente difendendo le istituzioni liberali dello stato o spingendo al tempo stesso per una sua riforma alla luce di nuovi modelli economici, sociali e ambientali?
Massimo De Angelis ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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