Da alcuni anni, nella politica e nei media, avanza incalzante l’idea della bioeconomia come nuova frontiera dell’economia ‘verde’, la panacea capace di coniugare lavoro e ambiente. Ma è davvero così? La Strategia di bioeconomia della Commissione europea (e la conseguente Strategia italiana) sono ad esempio lontane dall’idea originaria di Georgescu-Roegen, una bioeconomia integrata e in armonia con la vita e con le leggi della natura. Così come lo è l’accezione dominante fondata su un’indimostrata equivalenza tra ‘rinnovabilità’ e ‘sostenibilità’ e promossa dall’industria biotech, chimica, farmaceutica, agroindustriale. Il testo “La Strategia di Bioeconomia. Territori, impatti, scenari“, a cura di Margherita Ciervo, Società dei Territorialisti/e Edizioni .

Il 25 settembre 2020 si è tenuta la conferenza multidisciplinare ‘La Strategia europea di bioeconomia: scenari e impatti territoriali, opportunità e rischi’ – patrocinata da società scientifiche e università[1] – che ha raccolto i contributi di storici, geografi, economisti, urbanisti, costituzionalisti, biologi, biologi forestali e medici[2] le cui analisi hanno messo in evidenza una serie di criticità sulla base delle quali si può asserire che la Strategia di bioeconomia della Commissione europea (del 2012, revisionata nel 2017 e aggiornata nel 2018) e la conseguente Strategia italiana (Bit I e Bit II) siano piuttosto distanti dall’idea originaria di bioeconomia teorizzata negli anni Sessanta da Nicholas Georgescu-Roegen, ovvero una bioeconomia integrata e in armonia (embedded, direbbe Karl Polanyi) con la vita e con le leggi della natura.
La bioeconomia, secondo la teoria di Nicholas Georgescu-Roegen, si fonda sul presupposto che i processi economici, investendo il mondo fisico, sono soggetti alle sue leggi, prima fra tutte l’entropia, ovvero la irreversibile dissipazione di energia e materia generata dai processi di trasformazione. I processi di produzione sono visti come un insieme di fondi (terra, capitale e lavoro) e flussi (risorse naturali, prodotti e scarti), in cui non vi è sostituibilità tra fondi e flussi: si può sostituire il lavoro con il capitale, ma certamente non le risorse con il capitale.
D’altro canto, l’efficienza energetica, lungi dal potersi riferire solo al mero rapporto tra input e output di energia, deve considerare i processi dissipativi della materia coinvolti nella trasformazione dell’energia stessa.
Un’economia sostenibile e circolare non richiede, dunque, soltanto flussi rinnovabili, ma anche una relazione fondi-flussi che rispetti e mantenga l’identità dei fondi, ovvero una compatibilità fondativa tra la velocità/densità dei flussi nella tecnosfera e la capacità/velocità di rigenerazione dei fondi della biosfera.
Detta Strategia, invece, riflette un’accezione opposta e relativamente recente della parola ‘bioeconomia’, promossa dall’industria biotech, chimica, farmaceutica, agroindustriale e dai progressi della biologia, della genetica e della tecnologia molecolari, nonché dalla domanda di biomasse per usi industriali e non alimentari.
Questa accezione, attualmente dominante, si fonda su una indimostrata equivalenza tra ‘rinnovabilità’ e ‘sostenibilità’, e su una visione tecnocentrica che vede nell’high-tech e nelle tecnologie a controllo centralizzato le soluzioni a ogni problema ambientale e il superamento di ogni limite allo sviluppo. I lavori della conferenza hanno messo in luce che la Strategia di bioeconomia europea (e, conseguentemente, italiana) – promossa come la nuova frontiera dell’economia ‘verde’ e basata sulla sostituzione delle fonti fossili con la biomassa – presenta forti contraddizioni rispetto agli stessi obiettivi che si pone, in quanto dipendente da risorse non sostenibili, non rinnovabili e dalle catene internazionali del valore, arrivando alla conclusione che, per tali ragioni, essa stessa richiederebbe una rielaborazione che non può prescindere dal suo adeguamento ai piani e alle strategie a difesa delle matrici vitali come, ad esempio, la Strategia europea sulla biodiversità (e, con riferimento all’Italia, alla Strategia nazionale per la biodiversità, Snb, al Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo e al Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, Pniec), nonché dalla valutazione di impatto climatico e di resilienza climatica.
I risultati della Conferenza sono confluiti in un Documento di valutazione e indirizzo della Strategia di bioeconomia europea e italiana, trasmesso alla Commissione europea, al Governo e ai parlamentari italiani[3] e pubblicato sulla Rivista ‘Economia e Ambiente’[4] (1/2021).

Le tematiche della conferenza sono state oggetto di ulteriore approfondimento, aggiornamento e ampliamento[5], come il confronto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che hanno portato alla redazione del presente volume. Il testo che segue è caratterizzato da una spiccata multidisciplinarietà i cui differenti punti di vista, approcci e connessi linguaggi, rappresentano non solo una ricchezza ma il valore aggiunto di questa iniziativa, volta a restituire una visione d’insieme della Strategia di bioeconomia, con letture e analisi focalizzate sulle relazioni e sulle dinamiche soggiacenti, nonché sugli effetti della sua implementazione a diversi livelli. La lettura proposta della Strategia non costituisce solo il risultato del lavoro ma è intrinseca al percorso e al processo di riflessione individuale e collettivo sul tema, mettendo in luce la tensione intellettuale che caratterizza gli autori di questo testo.
Inoltre, essendo il lavoro destinato non solo agli studiosi e agli studenti, ma anche al più vasto pubblico, si è scelto di utilizzare una struttura e un linguaggio divulgativo, ‘accessibile’ anche a chi non possiede competenze specifiche. L’obiettivo che ci si pone, infatti, è quello di mettere la ricerca scientifica e il sapere territoriale ‘al servizio’ della cittadinanza e, più in generale, della società, nella consapevolezza che la popolazione non è solo una posta del potere – al pari del territorio e delle risorse – ma è anche, al tempo stesso, all’origine di ogni potere, motivo per cui è in essa che risiedono le capacità di cambiamento[6]. Pertanto, data l’elevata intensità trasformativa e la notevole pervasività spaziale (oltre che settoriale) della Strategia di bioeconomia – centrale a livello europeo così come di molti altri Paesi – diventa impellente la diffusione della sua conoscenza e la presa di coscienza individuale e collettiva dei processi in corso.
Il volume si apre con un capitolo introduttivo sulla contestualizzazione della Strategia di bioeconomia con riferimento alla crisi ecologica e alla rivoluzione digitale – oggettivamente accelerata dalle politiche di gestione del Covid-19 – che sottende la cosiddetta ‘transizione ecologica e digitale’, così come il recentissimo Pnrr (Ciervo). Il corpo centrale del libro è suddiviso in due parti: la prima è dedicata all’inquadramento della Strategia di bioeconomia da un punto di vista storico (Clemente) e dei relativi scenari sul piano geoeconomico e geopolitico (Ciervo), socio-economico (Celi, Parascandolo), territoriale e paesaggistico (Poli); la seconda parte è focalizzata sugli impatti della Strategia di bioeconomia sulle matrici vitali – con particolare riferimento ai cicli biogeochimici (Tamino), alla biodiversità (Damiani), all’acqua e al suolo (Calabrese), alle foreste (Schirone), al clima (Blonda) – e sulla salute (Gentilini). L’ultimo capitolo è dedicato all’Osservatorio interdisciplinare sulla bioeconomia[7] (Oib) promosso dagli autori del presente volume e alle proposte per una società in armonia con il resto della natura. Queste riproducono i sette punti programmatici per adeguare la Strategia di bioeconomia agli obiettivi di una società sostenibile, resiliente e giusta contenuti del Documento di valutazione e indirizzo e finalizzati al conseguimento della coerenza fra obiettivi e azioni con particolare riguardo all’ottenimento della sostenibilità (ambientale, sociale, economica), all’effettiva rinnovabilità delle risorse e all’indipendenza dalle importazioni (Blonda, Ciervo, Poli).
La prefazione qui pubblicata è a cura di Massimo Blonda, Margherita Ciervo, Daniela Poli.

[1] Agei, Associazione dei geografi italiani; Aiig, Associazione italiana insegnanti di geografia; Associazione Dislivelli; Isde, International society of doctors for the environment; Sdt, Società dei territorialisti e delle territorialiste; Sgi, Società geografica italiana; Sigea, Società italiana di geologia ambientale; Sirf, Società italiana di restauro forestale; Siu, Società italiana degli urbanisti; Ssg, Società di studi geografici; Cedeuam, Centro di ricerca euro americano sulle politiche costituzionali, Università del Salento; Corso di laurea in Scienze della montagna, Università della Tuscia; Dipartimento di architettura, Università di Firenze; Dipartimento di economia, management e territorio, Università di Foggia.
[2] Blonda Massimo, Irsa-Cnr, già Direttore scientifico Arpa Puglia, Fondazione di partecipazione delle buone pratiche; Calabrese Angelantonio, Irsa-Cnr; Carducci Michele, Università del Salento, Coordinatore Centro di ricerca euro americano sulle politiche costituzionali; Celi Giuseppe, Università di Foggia; Ciervo Margherita, Università di Foggia; Clemente Alida, Università di Foggia; Damiani Giovanni, Presidente Gruppo unitario per la difesa delle foreste italiane, già Direttore generale Anpa e Direttore tecnico Arta; Gentilini Patrizia, Isde; Parascandalo Fabio, Università di Cagliari; Poli Daniela, Università di Firenze, Comitato scientifico Società dei territorialisti e delle territorialiste; Schirone Bartolomeo, Università della Tuscia, Società italiana di restauro forestale; Tamino Gianni, Comitato scientifico di Isde.
[3] Il 19 febbraio 2021, il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del consiglio dei ministri – che aveva già assicurato la sua presenza alla Conferenza del 25 settembre 2020 – ha invitato gli autori del Documento di valutazione e indirizzo a esporne i contenuti durante la XIV riunione del Gruppo di coordinamento nazionale per la bioeconomia.
[4] La Rivista su cui è pubblicato il Documento è liberamente scaricabile dall’homepage del sito <www.economiaeambiente.it>.
[5] La ricerca che ha condotto alla stesura dei saggi di Giuseppe Celi, Margherita Ciervo e Alida Clemente pubblicati nel presente volume, nonché il coordinamento dei lavori di approfondimento e la curatela del volume sono stati svolti nel quadro del Progetto di ricerca di ateneo Pra-2020 dell’Università di Foggia dal titolo ‘La Bioeconomia in Europa e in Italia: politiche e territori. Scenari socio-economici, ambientali e geopolitici’.
[6] Sul tema, si richiama Raffestin C. (1981), Per una geografia del potere, Unicopli, Milano.
[7] <www.osservatoriobioeconomia.it>.
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