Le ultime scelte del Congresso Nazionale Indigeno che raccolgono le proposte dell’EZLN segnalano la volontà di affrontare molte sfide in una. Una sfida forte come la posta in gioco. Molti hanno detto che questo passo è l’ultima possibilità per i popoli originari in un momento cruciale, che tutti nel CNI si stiano giocando tutto e per questo s’impegnano a un lavoro enorme sia nel breve che nel lungo periodo, un impegno per recuperare pezzo per pezzo quello che con inganno e violenza giorno dopo giorno viene loro rubato ed estorto. Non vogliono lasciare il campo di battaglia, senza aver lottato. I rischi sono enormi. Se il percorso fallisse, probabilmente per il CNI non ci sarebbero ulteriori possibilità di rilancio. Mettersi in pasto ai media mainstream in una campagna elettorale è un’ulteriore minaccia, che per diventare opportunità deve essere organizzata con attenzione e gestita minuziosamente e con costanza. Il lavoro di lungo periodo, che di fatto potrebbe essere considerata la sfida più ambiziosa e rivoluzionaria, per certi versi ha meno minacce della candidatura alle elezioni nazionali, ma può ricevere dalla stessa campagna elettorale gli stimoli per svilupparsi più rapidamente
di Filippo Taglieri*
Vivere il Messico di questi tempi non deve essere per niente semplice, le classiche leggendarie caratteristiche di imprevedibilità di questo paese, mostrano in questa fase la loro esasperazione. Laboratorio socio-politico di sperimentazione per il sistema neo-liberista, il Messico è oggi un paese diviso, un paese impoverito, una società frammentata e sotto continuo attacco.
Quella che molti hanno chiamato “guerra a bassa intensità” in realtà si sta trasformando giorno dopo giorno in una lotta per togliere terra e diritti alle popolazioni che abitano la federazione, con una particolare determinazione nei confronti delle popolazioni originarie, che seppur nella loro eterogeneità, spesso, vivono in territori particolarmente ricchi (di risorse naturali) e che sviluppano progetti che valorizzano una sana economia campesina nemico giurato del sistema di bisogni indotto dal capitalismo. Come vedremo meglio in seguito, in questo contesto vive e resiste il CNI (Congresso Nazionale Indigeno, nato nel 1980 con un primo impulso delle diocesi messicane e che in ottobre ha celebrato il quinto incontro. Popoli, comunità, tribù che si oppongono alla distruzione e vendita della Madre Terra, comunità in resistenza in cammino verso l’autonomia da un governo che altro non è, se non un gruppo di commercianti che vendono risorse naturali al miglior offerente, solo per alimentare interessi personali o di casta.
Il CNI conta attualmente 202 due comunità di 43 popoli indigeni, come vedremo, dal primo gennaio 2017 ha preso coscienza e, con essa ha preso degli impegni. Pressocché unanime è stata la voce dei popoli originari: ricucire i legami comunitari minacciati dai partiti, dai progetti governativi, seppur nell’eterogeneità di ogni comunità, l’obiettivo sarà una reale autonomia, un’autoderminazione che passa per la tutela della terra, un tentativo di ricostruire una relazione fra campagna e città rimettendo al centro la terra.
Mexíco hoy – Contesto
Prendendo spunto dai dati pubblicati nell’ultimo bollettino annuale dell’associazione in difesa dei diritti umani Frayba , dal 2015 al 2016 si è passati da 280 a 420 megaprogetti con una stima di raddoppio ulteriore nel 2017. A questi interessi economici vanno sommate le azioni di pulizia e controllo del territorio dell’asse Stato-Narcos o per dirla come il Subcomandante Moíses (attuale portavoce della Comandancia dell’EZLN) del Narcostato; alcune analisi contavano al 2011 1,648,387 migranti forzati dalla violenza della (presunta) guerra ai Narcos, le cifre potrebbero essere vicine al raddoppio dato l’acuirsi dei conflitti in Chiuahua prima, Michoacán, Veracruz e Guerrero più di recente.
Ci sono stime sui desaparecidos negli ultimi cinque anni tra i 200.000 e i 300.000. L’esercito ogni anno nelle sue operazioni anti narcos accidentalmente cade nei cosiddetti daños colaterales, morti innocenti (nella maggior parte dei casi accuramente scelti per indebolire le comunità) che anno raggiunto nel 2014, per esempio, i 54,454 morti (da dati ufficiali di governo, nel 2016 le stime dovrebbero essere di quasi 70.000 daños colaterales), nel contesto di un paese che fa una media di 55 morti assassinati al giorno, la cui maggioranza sono donne o persone di comunità in resistenza. Un’attenzione particolare riguarda, il Chiapas, una delle Regioni più ricche di risorse naturali non ancora investita in pieno da questo turbo capitalismo estrattivista, solo per la presenza di forti resistenze territoriali, tra cui la più efficace a tutt’oggi risulta essere quella dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Tutte le 202 comunità di 43 pueblos presenti nel CNI sono sotto le quattro ruote del capitalismo (come le chiamava il defunto Sup Marcos): explotación, despojo, represión y desprecio. Queste stesse investiranno nei prossimi anni il Chiapas, più di quanto non sia successo finora, la tabella che segue tanto quanto la mappa mostrano l’alto livello di minaccia per questi territori. Parliamo, per dare un solo esempio fra tanti, di 26 miniere (per avere una visione d’insieme si consiglia la consultazione della mappa che segue, alcune delle quali finanziate all’interno del più pericoloso dei megaprogetti, l’istituzione delle Zonas Económicas Especiales (5 aree del paese che dal 2017 diventeranno distretti logistici di raccordo fra pacifico ed atlantico, trasporto di merci su ruota, tassazione agevolata per i capitali esteri e soprattutto una grande operazione di land grabbing)..
La sfida del CNI
Il fatto che il CNI abbia raccolto la sfida dell’ EZLN di creare un Consiglio Indigeno di Governo ed una candidatura indipendente alle prossime elezioni del 2018, ma soprattutto abbia rilanciato, caratterizzando con coerenza un percorso che vuole rinforzare il cammino verso l’autonomia e l’autodeterminazione dei popoli indigeni oltre che l’alleanza con le città in un’ottica anticapitalistica. Proviamo a spiegare meglio alcuni passaggi. Durante il CNI di Ottobre, il quinto incontro di sempre, dal pubblico una persona con la pipa, si alza e fa’ una proposta come un qualsiasi delegato CNI o aderente alla Sexta, purtroppo non si trattava di un tale a caso bensí era il subcomandante Galeano, che lanciò per primo la proposta, a lui fece seguito il discorso di Moíses del giorno successivo e di nuovo di Galeano.
Di lì una serie di chiarimenti per mezzo di comunicati, fra cui uno dei più lunghi della storia dell’ EZLN. L’ EZLN ha un piano strategico militare all’interno del quale, si evince dai comunicati, acquisisce senso che sia il CNI a far sua la proposta, se questo non l’avesse fatto, il processo si sarebbe fermato , l’ EZLN non va alle elezioni, ma chiede al congresso di focalizzare bene quale vuole essere il suo ruolo nel paese. Come spiegherà successivamente Moíses la via delle armi, non ha allargato la partecipazione alla lotta e, in molti casi, non è stata condivisa, quindi serviva una proposta alternativa che desse prospettiva, motivazioni, inclusività, proprio nell’anno in cui tutti (il CNI) si giocano la sopravvivenza a causa di una guerra che ha sempre meno le caratteristiche della bassa intensità.
Dalle parole dell’ EZLN prima e successivamente del CNI questo è un rilancio strategico a due velocità (proviamo l’azzardo di leggere come segue la proposta):
Breve periodo
Costruzione di un Consiglio Indigeno di Governo, con principi etici chiari:
- Comandare obbedendo
- Servire e non servirsi
- Rappresentare e non soppiantare
- Convincere e non vincere
- Scendere e non salire
- Proporre e non imporre
- Costruire e non distruggere
Un paese da percorrere in lungo, in largo e nei cuori per conquistare quelle città in vari modi indifferenti alla questione indigena e di difesa del territorio del loro Paese. Tutto questo in un anno e mezzo, dove, secondo alcuni, si agirá per appianare le divisioni intra comunitarie e per parlare finalmente alla città guardandola negli occhi. Sarà un percorso intenso che spingerà a far uscire dalle case la gente per comprendere il ruolo degli indigeni, i loro diritti negati, la difesa della terra, l’ultimo tentativo di salvare il Messico dalla svendita totale a cui è condannato, costi quel che costi. La candidata, come portavoce di questo collettivo di referenti di comunità, avrà il compito di capire dalle comunità quali sono i loro bisogni e tradurlo per amplificare un messaggio che sarà pilotato attraverso i media indipendenti. Si cerca lo scacco matto al sistema elettorale, molto ambizioso, forse troppo.
È veramente difficile pensare in una seria e concreta candidatura, difficile raggiugere le 840.000 firme che sono sufficienti per una candidatura indipendente, difficile che tutti gli indigeni pur volendo possano votare, la maggior parte non ha neanche le credenziali propedeutiche al voto, oltre alle succitate crepe interne alle comunità per mano dei partiti e del loro seguito di elemosine.
Lungo periodo
L’altra velocità, se vogliamo più affine alle comunità zapatiste, è il lungo termine, ovvero la prima parte delle decisioni del CNI, applaudite e sottolineate dal subcomandande Moíses. Il CNI con i suoi 20 anni di tempo (che sono serviti a prendere questa decisione, come dieci ne sono serviti agli zapatisti) ha detto il suo “ya basta”, dunque s’ impegna (o come dicono qui toma el compromiso) a creare o rafforzare strutture educative, di salute, di sicurezza, di agricoltura autonome, un percorso lungo e una sfida forte.
Partendo dalla digna rebeldía si punterà a ricostruire nuovi patti sociali, autonomi e giusti, si cercherà giustizia per Ayotzinapa come per le altre migliaia di desaparecidos, così come la difesa propria e del territorio, così come l’educazione dato che quella di governo continua ad essere minacciata da riforme terribili (si continuerà comunque a rispettare la legittima lotta della CNTE, che ha di fatto creato la mobilitazione nazionale più grande degli ultimi anni), si spingerà a valorizzare tutti quei media che si dimostreranno liberi e giusti, si costruirà un nuovo e più coerente senso di democrazia, si bloccheranno i sistemi di repressione, le privatizzazioni, l’agricoltura tossica e gli ogm, infine i popoli del CNI s’impegnano a lottare contro i partiti e a costrure dal basso non per governare bensí per esistere in autonomia ed autodeterminazione (liberamente tratto dal discorso del subcomandante Moíses, del primo gennaio 2017).
“Van por el respeto de los derechos humanos. Van por la liberación de todas y todos los presos políticos. Van por la presentación con vida de las desaparecidas y desaparecidos. Van por la justicia para quienes han sido asesinados, Van por verdad y justicia para los 46 ausentes de Ayotzinapa. Van por apoyo a los campesinos y respeto a la madre tierra. Van por una vivienda digna para todos los de abajo. Van por alimentación suficiente para todos los desamparados.Van por trabajo digno y salario justo para los trabajadores del campo y de la ciudad. Van por salud completa y gratuita para todos los trabajadores. Van por educación libre, gratuita, laica y científica. Van por la tierra para quien la trabaja. Van por las fábricas para los obreros y obreras. Van por las tiendas y bancos para los empleados y empleadas. Van por el respeto al comercio ambulante, y al pequeño y mediano comercio. Van por el transporte público y comercial para quienes conducen los vehículos. Van por el campo para los campesinos. Van por la ciudad para los ciudadanos. Van por el territorio para los pueblos originarios. Van por la autonomía. Van por la autogestión. Van por el respeto a toda forma de vida. Van por las artes y las ciencias. Van por la libertad de pensamiento, de palabra, de creación. Van por la libertad, la justicia y la democracia para el México de abajo. A eso nos están llamando”.
All in – Conclusioni
Tante sfide in una. Una sfida forte come la posta in gioco, molti hanno detto che questo passo è l’ultima possibilità per i popoli indigeni messicani, molto fa parte di una retorica per parlare ai cuori. Ma il sentore che sia un momento cruciale, che tutti nel CNI si stiano giocando tutto e per questo s’impegnano ad un lavoro enorme sia nel breve che nel lungo periodo, un impegno quotidiano per recuperare pezzo per pezzo quello che con inganno e violenza giorno dopo giorno viene loro rubato, estorto. Il Messico del 2 gennaio è un Messico che in una foschìa senza bagliori vede una luce pulsante, è la speranza dei cuori dei popoli indigeni che non vogliono lasciare il campo di battaglia, senza aver lottato.
I rischi che portano con sé queste proposte sono enormi, se il percorso fallisse, probabilmente per il CNI non ci sarebbero ulteriori possibilità di rilancio. Mettersi in pasto ai media in una campagna elettorale è un’ulteriore minaccia, che per diventare opportunità deve essere organizzata con attenzione e gestita minuziosamente e con costanza. Il lavoro di lungo periodo, che di fatto potrebbe essere considerata la sfida più ambiziosa e rivoluzionaria per certi versi ha meno minacce della candidatura, ma può ricevere dalla stessa gli stimoli per svilupparsi più rapidamente.
Come si raccontava al ConCiencias in un seminario sull’ecologia: ci sono sistemi ecologici e per ciò stesso complessi in cui il totale è più della somma delle componenti, ecco anche per questa ennesima sorpresa che viene dal Messico, ci sono componenti che da sole sarebbero schiacciate dal turbocapitalismo estrattivista (e poi chissá forse finirà così), mentre nel loro ritrovato ecosistema del CNI prendono impegni seri per resistere, rilanciare, proporre e praticare forti di surplus che forse il capitalismo non riesce ancora a riprodurre: il valore della difesa della terra, i legami delle persone, delle comunità, delle famiglie, la dignità per cui ci sono cose che non hanno prezzo e ad ogni costo vanno difese.
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