“La Sentinella del piccolo popolo”, nuovo libro di Silvio Ziliotto, racconta la storia rocambolesca di Miroslav Krleža.

Miroslav Krleža (1893-1981) è stato di certo il più grande letterato e intellettuale del Novecento croato. Saggista, critico, drammaturgo, poeta, scrittore, anticipatore di correnti e pensiero, è stato spesso censurato per il suo anti-militarismo e le sue critiche graffianti sia sotto l’Impero austro-ungarico che durante il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Espulso dal Partito comunista jugoslavo nel 1939, avversato e scampato alla fucilazione del regime ustaša croato alla fine della Seconda Guerra mondiale, fu perdonato da Tito che lo volle alla guida della politica culturale del nuovo Stato federale socialista di Jugoslavia. Attraverso la sua vicenda umana e la sua incredibile produzione letteraria, Krleža si presenta come figlio e sentinella di un piccolo popolo, ma al contempo intellettuale mitteleuropeo tra i più innovativi e apprezzati.

Silvio Ziliotto, traduttore, interprete e insegnante della lingua serba, croata e bosniaca, nel suo nuovo volume “La sentinella del piccolo popolo: Storia di Miroslav Krleža, l’uomo che visse sette vite” realizza quello che Silvio Ferrari, scrittore e docente dell’Università di Genova, nella sua prefazione, loda come un “ampio e ben articolato testo sulla storia e il valore del più importante (e straripante) autore della letteratura croata del XX secolo: Krleža il ribelle, il rivoluzionario, l’escluso, il salvato, l’intellettuale ufficiale, il sopravvissuto (a se stesso), il decano di Zagabria”.
Un personaggio d’eccezione quando poco noto, Miroslav Krleža, testimone del passaggio del suo Paese dalla storia alla modernità. Accompagnando nel 1946 uno straniero a visitare il cantiere della ferrovia nazionale si chiedeva “come potrei spiegare a questo occidentale, a questo straniero, che si trova per la prima volta sul nostro territorio, dove ci troviamo in effetti, quali siano questi spazi e questi tempi, e che cosa stia succedendo? Che cos’è la Bosnia, chi sono i bogumili, perché ‘la Bosnia cadde silenziosa’, in che modo Roma governava da queste parti – invano e partius infidelium -, chi sono questi nostri Maomettani, queste figure fantastiche delle bourke del Kurdistan che si muovono come le maschere delle domini nere; e come mai proprio queste maschere rappresentano la “nostra Toscana”, e perché la battaglia per la città di Jajce durò sessanta e più anni, e che cosa significa, in tutto questo, il mattino nebbioso di Bayram sulla Ferrovia della Gioventù?”
Ziliotto racconta Krleža attraverso le sue diverse evoluzioni: è stato il più importante intellettuale della sinistra nel periodo delle avanguardie letterarie tra le due guerre, ma allo stesso tempo un veemente oppositore del “realismo socialista”, come di ogni propaganda politica nell’arte e nella letteratura per l’autonomia creativa e le libertà espressive. Krleža consegna al nostro secolo un messaggio importante: quello della gioventù nata prima della Grande Guerra: “le prime squadre della nostra gioventù socialista” raccontava lo scrittore accompagnando il suo ospite straniero. Generazioni che “hanno fatto i conti con pregiudizi secolari, basandosi sul volontarismo e sul romanticismo – racconta ancora lo scrittore croato -.

Resistendo alla slavina dei più diversi e svariati pregiudizi, le giovani generazioni avevano acquisito un approccio negativo nel corso dei decenni, e il dramma era così iniziato. A causa del pensiero liberale, lo scontro si era sviluppato sempre di più, ed il ritmo, di anno in anno, guadagnava in pericolosità. Liberandosi di congetture supreme, la gioventù si è resa consapevole del fatto che il mondo non è basato sull’immagine di concetti supremi, ma viceversa. Liberandosi di tutte le nozioni supreme che stanno nell’uomo, la gioventù ha cominciato a muoversi sulla nostra terra da persone libere”[i]. Una consapevolezza “aumentata con il tempo”, allora come oggi. “Il senso della comprensione dialettica – è il messaggio di Krleža – si è sviluppato nel corso degli anni trascorsi nelle carceri, si è giunti ai primi spari, agli attentati, alle guerre, alla liberazione dello Stato, ai movimenti clandestini, alla rivoluzione – fino a questa ferrovia, il cui tragitto porta verso il socialismo. I tunnel sono scavati, il viaggio è iniziato: a dispetto delle tombe medioevali, delle bettole, e delle ciocie”.
Quel treno, come sappiamo, ha condotto l’ex Yugoslavia e l’Europa decisamente altrove rispetto al panorama previsto: ha portato altre conquiste ma anche altro dolore, conflitti, passi indietro, e la stazione nella quale ci affatichiamo è sicuramente lontana dal socialismo di Krleža. La sua storia, però, proprio per questo ci parla di noi oggi, dello spaesamento, dei cambi di direzione, delle tombe, delle bettole e delle ciocie. Leggendo Ziliotto si prova a uscirne ancora, grazie alla, storia e alla bellezza.
Lascia un commento