Abbiamo bisogno di recuperare l’antica arte di perdere la strada, uscendo – per scelta o accidente che sia – dai percorsi noti, per esplorare alternative ideali e pratiche. “Alternative non necessariamente nuove o assomiglianti a start-up. Anzi – scrive Carlo Ridolfi – C’è un filo tenace e antico che può legare il nostro presente a esperienze del passato remoto o prossimo e indicarci la via per un futuro possibile. Tra le mille pagine di Comune (auguri, a proposito!) se ne possono trovare esempi di enorme utilità e ricchezza progettuale…”. In tempi di spaesamento, nella settimana del quinto compleanno di Comune e della festa del primo aprile (“Resistere creando”), un articolo con due notizie: una buona e una cattiva
di Carlo Ridolfi*
A volte le notizie più interessanti stanno fra le pieghe di un magazine stropicciato e di qualche settimana prima, letto nella sala d’attesa del medico di base.
Due notizie. Una buona. Una cattiva.
La cattiva. A partire da una intuizione della Studio Innovation Inc. di Tokyo in Giappone stanno avendo grande successo agenzie che affittano modelli e modelle di bell’aspetto e ben vestiti che chiunque può sfoggiare come amici sui social o in occasione di feste, matrimoni, ricevimenti di vario tipo. “Chi non ha amici è un perdente. Meglio affittarli. Almeno si salva l’apparenza”, sospira Yoshi T., ventitreenne di Osaka, uscendo dall’agenzia dove ha appena prenotato due coppie di ‘amici’ per festeggiare la sua laurea[1].
La buona. Molte librerie di New York propongono azioni di critica al presidente Donald Trump. C’è chi scrive sulla porta d’entrata: “Qui i rifugiati sono i benvenuti”. C’è chi, come Strand, a Manhattan, mette in vetrina un progetto dal titolo Doublethink of the day, cioè ‘bipensiero’ del giorno, ispirandosi al 1984 di Orwell nel quale Big Brother può dire tutto e il suo contrario. “Nell’epoca delle fake news abbiamo pensato di fare il fact checking dei tweets del presidente – dice la direttrice della libreria, Colleen Callery – per poi smascherarli con i fatti. In vetrina, ma anche sul nostro sito web. Per ogni tweet falso, poi, suggeriamo dei libri. Perché siamo convinti che il compito delle librerie indipendenti è anche quello di stimolare il pensiero critico”[2].
Poi uno va al cinema, in un annoiato pomeriggio di inizio primavera, a vedere quello che un tempo si sarebbe definito un B-movie da drive-in, negli Usa, o da sala parrocchiale, da noi, e scopre una divertente produzione “di sinistra” come Kong: Skull Island, ambientato nel 1973 durante il ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam. Praticamente Truppe Usa Vs. un solo VietKong, che rappresenta l’integrità della madre Terra avversata dall’imperialismo estrattivo, come lo chiamerebbe il geografo David Harvey. A completare l’entusiasmo generato da un’operazione che ci fa tornare non esattamente bambini, ma almeno adolescenti, la colonna sonora costruita tutta con musiche dell’epoca, dai Creedence Clearwater Revival ai Jefferson Airplane, e il fatto che Kong ha dalla sua una fotografa pacifista e un avventuriero tanto apparentemente cinico quanto di integro rigore morale, come nella migliore tradizione del genere.
Certo, sappiamo bene della complessità e di tutte le sue implicazioni. Dividere il mondo in giapponesi cattivi e americani buoni sarebbe semplificazione degna di un salvini qualsiasi. (Nel film di Jordan Vogt Roberts, peraltro, proprio nel prologo giapponese e americano che si combattono diventeranno sodali a difesa dell’isola nella quale sono precipitati).
Però ci è anche capitato di leggere un libro, piccino nelle dimensioni ma grande nella sostanza e molto bello – Luigi Zoja. Utopie della vita quotidiana. Conversazione con Lucilio Santoni (Castelvecchi Editore. Roma, 2017) -, nel quale, tra le molte rilevanti, abbiamo sottolineato questa frase:
«Il vero “intellettuale” deve offrire dei percorsi, delle tracce – non rispose definitive, naturalmente, né ideologie, ma deve indicare delle vie d’uscita, delle possibilità».
Se pure a molti di noi forse piacerebbe essere giovani e belli come il James Conrad (cognome certo non scelto a caso) interpretato da Tom Hiddleston, forse anche sarebbe il caso di prendere atto della realtà che ogni mattina vediamo riflessa nello specchio e ribadire a noi stessi che è necessario e vitale comunque portare rispetto ai propri sogni di gioventù.
A partire dall’antica arte di perdere la strada, uscendo – per convinzioni o scelta o accidente che sia – dai percorsi noti e predeterminati, per esplorare alternative ideali e pratiche.
Alternative non necessariamente nuove o assomiglianti a start-up. Anzi. C’è un filo tenace e antico che può legare il nostro presente a esperienze del passato remoto o prossimo e indicarci la via per un futuro possibile.
Tra le mille pagine di Comune (auguri, a proposito!) se ne possono trovare esempi di enorme utilità e ricchezza progettuale.
Il compito vero, almeno di chi si volesse dire intellettuale con un minimo di coscienza pratica, resta quello di dare una possibilità di riconoscimento, di condivisione, di percezione concreta che non si sta costruendo sulla sabbia, magari non si riesce nemmeno a edificare sulla roccia, ma che le possibilità di seminare nella Terra con l’auspicabile prospettiva di poter vedere almeno i primi raccolti ci sono ancora tutte.
Se il nostro destino attuale sembra essere quello di vivere in una perenne condizione di spaesamento (alcuni, i più, quelli che da noi arrivano, per disperazione o paura o fame; altri, comunque ancora privilegiati, per una bussola ideale e politica smarrita da almeno vent’anni) potremmo almeno provare a lavorare – nel pensiero e nell’azione – perché essa possa volgersi ad uno spaesamento felice.
A leggere sul dizionario la definizione di spaesamento si trova:
“Senso di smarrimento e di estraneità, provato da chi si trova in un luogo o in un ambiente nuovo e sconosciuto”.
Potrebbe essere, a pensarci bene, l’esatta definizione di “nascita”. Forse si intende questo quando si parla di azione generativa.
Certamente non ci attirano mondi – a Oriente od Occidente che siano – nei quali gli amici si affittano per convenienza sociale.
Certamente stiamo ancora e sempre dalla parte di chi lavora per il pensiero critico e per la produzione di alternative pratiche.
Senza irenismi né facili ottimismi. Senza neanche sbornie di disincanto e indigestioni di cinismo.
Aperti alla disponibilità di accogliere sorprese, novità, conferme e diversi punti di vista.
Perché, in fondo, nostra patria è il mondo intero, no?
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Note
1 Non hai più amici? A Tokyo puoi affittarli e sfoggiarli sui social. Silvio Persanti. Il Venerdì di Repubblica. n. 1514. 24 marzo 2017
2 La resistenza a Donald comincia in libreria. Anna Lombardi. Ibidem.
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