Riscrivere la solidarietà, con l’esperienza dei percorsi maturati dopo il G8 di Genova 2001 e alla luce degli esiti del G20 del 2021. In Italia ce n’è un estremo bisogno. Costruire una società della cura a partire dai legami di senso intergenerazionali e intersezionali, perché l’altro mondo possibile del 2001 è sempre più necessario. È l’obiettivo di un piccolo alfabeto della solidarietà pubblicato dal movimento culturale Rewriters. Domenica 17 ottobre sarà al centro di un dialogo pubblico all’ex Gil di Trastevere in preparazione delle mobilitazioni che accompagneranno a Roma tra il 29 ottobre e l’1 novembre la chiusura del G20 a presidenza italiana

“Anche Dio sogna, nella Genova dei G8! E nessuno può proibirci di sognare un mondo che sia altro da quello che i grandi “sognano” per noi. Almeno lasciateci il diritto e la libertà di sognare, in questa Genova mondiale e blindata”.
Lo scriveva padre Alex Zanotelli, vent’anni fa, alla vigilia del G8 di Genova. Il 30 e 31 ottobre si chiude a Roma un anno di G20 a presidenza italiana, in coda a una tragica pandemia, e, se possibile, i nostri sogni e quelli dei Grandi che abbiamo ospitato in alcune delle più belle città del nostro Paese, non potrebbero essere più distanti.
L’articolo di Alex lo abbiamo ripubblicato l’estate scorsa in coda a un piccolo librino, un MagBook edito dal movimento culturale Rewriters fondato da Eugenia Romanelli, a sugellare un ragionamento condiviso a quindici teste e trenta mani con donne e uomini dell’associazionismo, dei sindacati, del giornalismo, dell’attivismo e dell’accademia, in occasione del ventennale del G8 di Genova intorno alla parola che più ci divide da quegli 8 e da questi 20 grandi, e che per questo crediamo che vada riscritta con più forza insieme: la solidarietà.

Domenica 17 ottobre, a Roma dalle ore 10 alle 12, in vista dell’appuntamento finale del G20 nella Capitale, e nell’ambito del “Festival dei riscrittori” che il movimento Rewriters, fondato da Eugenia Romanelli, organizza nella capitale al WeGil proveremo a ragionarci su con Luisella Battaglia, Marco Bersani, Susanna Camusso, Michele Sorice, Silvia Stilli, Francesco Paniè e Alberto Zoratti, perché interpretare e riscrivere nel modo migliore questa parola, che qualifica una relazione personale, sociale e politica tra le persone, parerà e determinerà la traiettoria del futuro che ci aspetta, e che vogliamo, dopo la pandemia.
La solidarietà non è un orpello, una parola buona per tutte le stagioni e per oliare tutte le politiche, perché è una modalità e un’esperienza che ci arriva attraversando i secoli: dalle misericordie medioevali, al mutualismo della rivoluzione industriale, nell’articolo 2 della nostra bella Costituzione repubblicana assume un contorno molto netto, politico.
La Repubblica, si legge nel documento “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Una formulazione esigente che sprigiona la fatica e la forza delle tante mani che hanno scavato le macerie e asciugato le lacrime della storia recente. In quelle righe c’è anche l’orgoglio della libera associazione civica, cristiana e operaia, che ha retto tra le braccia il Paese in clandestinità e finalmente, nella democrazia riconquistata, può lavorare nella legalità per ricostruirlo.
La solidarietà, come ho avuto modo di scrivere per introdurre quella piccola opera appuntita come una matita dalla mina precisa, è una modalità per esprimere la propria personalità in tutte le attività umane.
Una modalità inclusiva cui, in forma associativa, l’Italia aveva piegato anche le attività economiche ben prima dei due conflitti mondiali. Nella solidarietà nasce, ad esempio, uno spazio di cittadinanza e giustizia economica popolare: il Magazzino di previdenza di Torino, la prima cooperativa di consumo italiana creata nel 1854 per iniziativa della “Associazione degli operai”.
Due anni più tardi ad Altare, in provincia di Savona, nasce la “Artistica Vetraria”, una cooperativa di lavoro. La prima cooperativa al mondo, la Società dei Probi Pionieri di Rochdale, era nata in Inghilterra appena dieci anni prima, per “adottare provvedimenti per assicurare il benessere materiale e migliorare le condizioni familiari e sociali dei soci”.
E in Italia questa modalità di ricondurre la produzione di ricchezza alla sua funzione sociale funziona bene: nell’autunno del 1886 sono cento i delegati in rappresentanza di 248 società e di 70mila soci a riunirsi a congresso a Milano per dare vita alla Federazione Nazionale delle Cooperative che nel 1893 si sarebbe trasformata in Lega delle Cooperative.
L’economia post pandemica scritta nei documenti prodotti dai G20 nel corso di tutto l’anno precedente, di questa condivisione pratica delle responsabilità e delle opportunità non recano traccia.
Anche in questa ripresa post-pandemica, chi vince, anche di poco, la competizione selvaggia alla sopravvivenza personale e economica, viene esaltato. Chi perde, nel migliore dei casi emarginato. Fenomeno che ha caratterizzato la cultura politica dominante del precedente e presente secolo. La solidarietà , però, è un’esperienza.
E quando insieme alle merci la globalizzazione cominciò a far conoscere le voci dei dissidenti cileni, il sangue di don Oscar Romeo, ucciso sull’altare perché si opponeva in Salvador alla deriva dittatorial-capitalista, le lacrime delle mamme e delle nonne dei desaparecidos argentini, la resistenza ai latifondisti dei contadini Sem Terra brasiliani e delle comunità zapatiste messicane, tutte e tutti colpiti dalla stessa furia liberista e dai loro (e nostri) Governi suoi complici, qualcosa cambiò per migliaia di ragazze e ragazzi in tutto il mondo della mia generazione.
Insieme ai nostri professori, e parroci, e sindaci, e muretti e centri sociali, abbiamo cominciato a sognare insieme un “altro mondo possibile”. Sognavamo così forte che, giorno dopo giorno e insieme, abbiamo ricominciato a parlare con le parole della solidarietà e, nominandole, abbiamo praticato insieme l’associazionismo, la cooperazione, il volontariato nelle nostre periferie e in quelle globali.
Ora il rischio che si intravede che queste parole, tornate con forza nelle lotte dei più giovani per la giustizia climatica, e dei lavoratori e lavoratrici contro la chiusura degli impianti produttivi e la loro delocalizzazione, che si cominciano a unire, come nel caso dei Fridays for future, degli studenti e dei lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio, in un pensiero comune sulla conversione ecologica delle produzioni e la qualità del lavoro, vengano soffocate da nuove strategie classiste e autoritarie.

Che si proceda a una ristrutturazione industriale e concentrazione produttiva a tutto vantaggio di pochi gruppi industriali, mascherandola da ‘effetto collaterale’ della pandemia da compensare, ennesima beffa, con ennesimi ingiustificati investimenti pubblici.
Dobbiamo, per questo, smettere di spaccarci tra corpi sociali e discutere le migliori soluzioni per tutte e tutti, insieme, in solidarietà. Dobbiamo ricostruire insieme una grammatica che permetta alla comunità globale, scossa dopo il Covid-19 dalla più grave crisi economica, sociale e ambientale dopo il Dopoguerra, di parlare solidale a partire da un alfabeto di pratiche condivise. Dobbiamo condividere e tracciare insieme le direzioni e le fondamenta di quella nuova società della cura che, mettendo al centro dei rapporti tra viventi e pianeta la scelta politica della relazione, responsabile e empatica, potrebbe sottrarci alle crisi e alle nostre stesse coazioni, aprendo una possibilità di futuro alle generazioni successive cui lo stiamo precludendo. Proviamoci insieme.
Link al Volume (https://shop.rewriters.it/product/rewriters-07-2021/)
Per prenotare l’ingresso all’evento: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-rewriters-fest-tavole-rotonde-174670904377
Lascia un commento