Qualche anno fa un movimento dal basso era riuscito a far emergere l’orrore dei Centri di permanenza per i rimpatri. Oggi i detenuti dei CPR continuano a protestare, a fare scioperi della fame, a resistere in quei luoghi non a caso isolati e dimenticati. In uno dei licei romani occupati c’è chi ha trovato il modo per far conoscere i CPR e i pezzi di società che non smettono di occuparsene

Sabato 19 novembre, con Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili e Marika Ikonomu, siamo stati ospiti del collettivo politico del Tasso. La scuola è occupata da giorni. Giorni in cui gli studenti e le studentesse hanno posto in campo un numero di attività, convegni, iniziative di livello altissimo. Alle 8,30 si comincia fissi con la rassegna stampa, a cui fanno seguito dibattiti su transfemminismo, migrazioni, ambiente, carcere, lavoro, giornalismo, diritto allo studio, antifascismo. Una ragazza appena arrivo mi dice: “Ho imparato più in questi quattro giorni che in quattordici anni”. Un sapere che si crea a partire dai bisogni di sapere che i ragazzi e le ragazze hanno. Non sarà un caso che prima di cominciare l’iniziativa sulla detenzione amministrativa, si stava tenendo in un’altra aula una discussione sull’aborto.
Inizia la discussione sui CPR Molti degli studenti e studentesse non sapevano cosa fossero questi luoghi ma subito hanno dimostrato un interesse sorprendente. Sicuramente la proiezione della bellissima inchiesta Sulla loro pelle di Marika, Simone Manda , Alessandro Leone (che trovate su Rainews) ha contributo moltissimo a destare la loro curiosità. Meno di mezz’ora di un documentario in grado di restituire tutta la brutalità di questi Centri: la struttura a “gabbia”, i detenuti privati dei loro diritti più basilari; le immagine di scie di sangue sul pavimento e di interventi scomposti (eufemismo) da parte delle forze dell’ordine; le testimonianze degli avvocati e degli amici delle persone morte di CPR. Io e Marika cominciamo a raccontare la genesi di questa forma di trattenimento, la totale assenza di canali di ingresso legali in Italia, le storie delle persone detenute, le condizioni indegne in cui si vive all’interno, la gestione da parte dei privati che fanno profitto sulla pelle di migliaia di persone. Gli studenti e le studentesse iniziano a fare domande: com’è possibile che questi luoghi in cui si finisce senza aver commesso alcun reato siano peggiori delle carceri? Perché si decide di punire delle persone per la loro irregolarità? Possono essere riformati o vanno solo aboliti? Che senso ha privarli del cellulare? Viene rispettato il diritto di difesa? Ma davvero sono gestiti da privati, come per la monnezza?! Raccontiamo della protesta delle bocche cucite a Roma. Di quando, dieci anni fa, i detenuti all’interno degli allora CIE con le loro proteste sono riusciti a far vacillare il sistema della detenzione amministrativa. Con la chiusura di molti Centri e con quella sentenza del Tribunale di Crotone che riconosceva la legittima difesa a due detenuti del CIE di Isola Capo Rizzuto accusati di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. Legittima difesa, sì, perché le condizioni di trattenimento erano così indegne da comportare un trattamento inumano, tale da mettere in concreto pericolo la loro vita e da giustificare una reazione anche violenta.
Altra domanda: E come mai, adesso, non avviene? Come mai non ci sono più sentenze di questo tipo quando questi posti continuano ad esistere? Eh. Come mai? Dieci anni fa c’è stato un movimento importante di tutta la società civile che si era finalmente resa conto della violenza di quel sistema. Oggi, i detenuti continuano a protestare, a fare scioperi della fame, a resistere in quei luoghi. Alcune associazioni e movimenti non hanno mai smesso di dare sostegno a queste lotte. Ma non è abbastanza, perché manca una consapevolezza generale anche solo dell’esistenza di questi luoghi. A Roma sta lì, a Ponte Galeria. In periferia. Ma pochissimi sanno che esiste. Perché si trova in un posto lontano, isolato, difficilmente raggiungibile. Un ragazzo dice che c’è andato poco fa da quelle parti, alla fiera di Roma per il Comics. A meno di un chilometro da lì, ci stava il CPR ma vallo a sapere.
Siamo uscite da quest’assemblea, con la promessa di rivederci e di fare altre iniziative sul tema per far conoscere ancor di più la vergogna della detenzione amministrativa. Insomma, viva le occupazioni! Viva il sapere critico, costruito dagli studenti e dalle studentesse, per cambiare la società.
Lascia un commento