
Ricorre in questo mese il quarto anniversario della prima firma degli accordi Italia Libia (Memorandum of Understanding 2.2.2017, a firma del ministro Minniti, rinnovato il 2.2.2020 dalla ministra Lamorgese) che l’Unione europea ha appoggiato fornendo sostegno e mezzi (Uenavfor Med 2015, Dichiarazione di Malta del Consiglio UE 2017, Comunicazione della Commissione 2017). Un accordo che ha prodotto nel 2018 il riconoscimento di una zona di ricerca e salvataggio (SAR) “libica” con l’inizio di una vera e propria “guerra” contro le Ong attivatesi per soccorrere in mare i migranti in fuga anche dai lager libici.
Una situazione che ha provocato una drastica riduzione dei flussi migratori dalla Libia ma che ha generato un aumento dell’incidenza dei morti e dispersi: nel 2015 moriva un migrante su quaranta e oggi uno su otto. Ora infatti dalle coste della Libia partono carrette del mare, navigli di legno o gommoni di fortuna stipati di donne e uomini alla deriva nel mare Mediterraneo, in completa balia di trafficanti senza scrupoli e senza nessun controllo. Secondo dati di Amnesty International, tra il 2015 e il 2018 le navi delle Ong hanno salvato 118.000 naufraghi. Le stesse però, invece di ricevere pubblico apprezzamento, hanno iniziato a essere sottoposte a una spaventosa opera di criminalizzazione e denigrazione della loro attività, alimentata a più livelli, anche istituzionali, rei soprattutto di ostacolare le “non politiche” nazionali ed europee di non-regolamentazione dei flussi migratori dall’Africa.
L’accordo Italia-Libia è basato sulla convinzione che attribuire incarichi di intercettazione in alto mare alla Guardia costiera libica può costituire un utile strumento per ridurre gli “sbarchi” sulle coste italiane ed è questo il vero ostacolo per l’effettivo riconoscimento del diritto alla vita delle persone abbandonate in mare o rigettate nei lager libici e per garantire una cooperazione tra gli Stati del Mediterraneo basata sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani. Dopo numerosi e inascoltati appelli, Amnesty International denuncia, in un durissimo documento, questi crimini di diritto internazionale che hanno comportato la morte di migliaia di persone e per evitare che quelle soccorse vengano di nuovo riportate in Libia che, è ormai evidente a tutti, non fornisce nessuna garanzia di porto di sbarco sicuro.
Qui il documento completo di Amnesty.
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