La speranza è un detonatore di energia, ed è sempre troppo presto per valutare gli effetti delle nostre azioni. Anche nel tempo in cui soffia forte un vento che sembra escludere l’imminenza di un cambiamento verso un mondo che contrasti la guerra, la prevaricazione e il dominio della finanza speculativa, esistono importanti movimenti sotterranei, o comunque poco visibili, che accumulano energia, come un terremoto che scaricherà un giorno lungo la linea di faglia, non sappiamo quando né come. La speranza vive nel buio, come recita il titolo di un noto libro di Rebecca Solnit, la cui nuova edizione risulta particolarmente utile al tempo della tormenta e di Trump. Attraverso diversi esempi degli ultimi anni, la studiosa statunitense mostra come i cambiamenti storici siano stati preparati lontani dai riflettori e si siano manifestati in modo inatteso
di Andrea Saroldi
Il libro che vi presento è nato come saggio pubblicato on-line da Rebecca Solnit, storica e attivista statunitense, nel 2003 subito dopo l’invasione dell’Iraq scatenata da George Bush junior. Rapidamente il testo ha iniziato ad essere letto e diffuso, si è arricchito fino ad essere stampato negli USA nel 2004 e in Italia da Fandango Libri nel 2005, e mentre Bush veniva rieletto per il secondo mandato l’autrice girava gli Stati Uniti a tenere conferenze sulla speranza.
Nel 2016 la casa editrice americana Haymarket Books ha curato una nuova edizione all’interno di una collana dedicata a “chi sta cercando risorse per comprendere l’elezione di Trump, come siamo arrivati a questo punto e come ci possiamo organizzare per combattere per un mondo migliore“.
La nuova versione, disponibile anche in formato elettronico, ha in aggiunta rispetto alla prima la prefazione, alcuni capitoli finali e la postfazione dell’autrice. Inizialmente avevo pensato che “Speranza al buio” avrebbe reso meglio il titolo nella nostra lingua, più tardi leggendo il libro ho capito che “Speranza nel buio” ha un significato doppio: il buio rappresenta sia la condizione di incertezza in cui ci troviamo, sia l’oggetto della nostra speranza. Ma il secondo significato è più profondo, perché è nel futuro incerto e oscuro che abita la speranza.
Attraverso diversi esempi degli ultimi anni, Solnit mostra come i cambiamenti storici siano stati preparati lontani dai riflettori, e si siano manifestati in modo inatteso; per questo la nostra speranza è nel buio, perché è lì che le trasformazioni sociali iniziano i loro passi, imprevedibili e inattesi, e poco dopo dimenticati per una sorta di assuefazione al cambiamento che ci fa scordare quanto fosse diverso prima di una conquista che ora sembra irrinunciabile. Infatti la storia procede lungo percorsi sghembi, spesso paradossali; ed è per questo motivo che Solnit ripercorre nello scorrere dei capitoli le conquiste a partire dal 1989, per fare memoria di quanto è cambiato il mondo.
“La speranza richiede l’azione; l’azione è impossibile senza la speranza”, questo è il tema di fondo sviluppato nel libro, perché “il futuro è oscuro nel senso di imperscrutabile, non di terribile”. Come ha detto Virginia Woolf nel pieno della Prima Guerra Mondiale, “il futuro è oscuro, il che tutto sommato è la cosa migliore che possa essere il futuro, credo”. Dobbiamo imparare a sperare nel buio perché spesso abbiamo perso, ma ugualmente abbiamo ereditato le vittorie costruite da chi ci ha preceduto, attraverso azioni che allora parevano insignificanti quanto oggi le nostre. Viviamo in un’epoca carica di movimenti vitali che non avremmo neanche potuto immaginare, e allo stesso tempo portatrice di incubi; dobbiamo imparare a percepirli entrambi.
I movimenti impercettibili accumulano energia, come un terremoto che scaricherà un giorno lungo la linea di faglia, non sappiamo quando né come. La speranza è un detonatore di energia, ed è sempre troppo presto per valutare gli effetti delle nostre azioni. L’ottimista tiene in mano il biglietto della lotteria e sta seduto sul divano in attesa di vincere, il pessimista attende la sconfitta, entrambi aspettano qualcosa che non dipende da loro. Chi spera gioca d’azzardo, ma si dà da fare per influenzare il risultato della scommessa. “La speranza non è un pronostico. È un orientamento dello spirito”. (Vaclav Havel).
Con questo spirito, sul finire del 2016 Altreconomia ha ripreso il Transnational Institute pubblicando un articolo su “12 vittorie di speranza in un buio 2016”. Mentre i riflettori illuminano il palcoscenico dove i famosi recitano la parte scritta dai potenti, “dai luoghi che siete stati istruiti a ignorare o che non vi hanno permesso di vedere, provengono le storie che cambiano il mondo”. Imparare a guardare in quella direzione aiuta a muoversi nel senso giusto, a produrre significati in un momento incompiuto, ricorrendo come gli indios del Chiapas “all’arte di leggere ciò che non è stato ancora scritto” per ricreare il mondo.
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