Donne e giovani hanno cambiato in profondità la politica. Non trovandosi a loro agio con le gerarchie non hanno costruito partiti ma movimenti e iniziative spontanee; non hanno espresso leader ma hanno perseguito una diffusa autorevolezza; non hanno rincorso le iniziative del capitale ma hanno preso le proprie strade in autonomia. La sfera domestica da luogo di arretratezza politica è diventata cuore pulsante delle iniziative più radicali. Per movimenti come le rivolte arabe, il 15-M in Spagna o Occupy Wall Street negli Stati uniti, e diversi altri fino ad arrivare al movimento del clima, si sono sviluppati negli ultimi anni nella sfera riproduttiva. Leopoldina Fortunati parla più in generale di Movimento del Concreto e include donne che portano con sé l’esperienza femminista e post-femminista, badanti, donne e uomini artigiani, produttori, makers, nuovi e vecchi contadini, ecologisti, Ong, volontari: tutti coloro che hanno cominciato a creare mondi nuovi, senza aspettare la caduta del sistema capitalista. “Questo grande movimento aspira a introdurre la giocosità e a esercitare una contro-produzione, un contro-consumo e una contro-riproduzione, proprio da ora, non dopo. Il suo programma politico è quello di liberare se stessi e gli altri, a partire dal liberare il lavoro dalla sua vendita obbligatoria nel mercato”. Un movimento che rivaluta le potenzialità di creare con le proprie mani ma anche di condividere e di collaborare. Riconoscere le capacità di questo movimento, mentre le conseguenze della pandemia monopolizzano le nostre attenzioni, è motivo di speranza
Dall’ondata femminista degli anni Settanta la sfera domestica è stata quella che ha messo in atto i cambiamenti politici e sociali più radicali. Questi cambiamenti erano stati in qualche modo previsti dal libro L’Arcano della riproduzione, che è uscito proprio quest’estate anche in spagnolo. A distanza di una quarantina d’anni questo libro ha ancora molte cose da dire per aiutarci a comprendere la situazione attuale delle donne, dei bambini, degli anziani e di tutti.
Non è facile interpretare il presente: il cambiamento sociale è avvenuto a una velocità maggiore della nostra capacità di innovare la cassetta degli attrezzi teorici e metodologici che avevamo a disposizione. Neppure la letteratura marxista ha saputo interpretare il significato politico di tale cambiamento in tutte le sue articolazioni.
Proviamo tuttavia a fissare alcuni punti.
1) Donne e giovani hanno cambiato profondamente la politica
Le donne e i giovani hanno innovato profondamente negli ultimi decenni la politica: dal modo di pensare al discorso, dagli stati d’animo della militanza agli atteggiamenti verso l’organizzazione, dalle aspettative ai comportamenti legati alla politica. In particolare, alla fine degli anni Settanta le donne sono passate dal concentrarsi su tutto ciò che non funzionava nella loro situazione e nelle loro condizioni di vita, sentendosi vittime, al riconoscere le loro responsabilità nei confronti di ciò che accadeva loro e nel prendere coscienza dell’enorme potere che avevano tra le mani. Ciò è avvenuto per merito delle donne delle giovani generazioni. Se si continua solo a concentrarci su quanto è cattivo il capitalismo e a dare la colpa di tutto al capitalismo, non si riesce a capire né le nostre potenzialità né quanto capitale c’è in tutte e tutti noi. Le donne si sono rese conto che bisognava passare da un atteggiamento depotenziante, reattivo e negativo, tipico di qualsiasi militante politico dei partiti e movimenti tradizionali e che produce tristezza e scoraggiamento, a uno potenziante, proattivo e positivo.
Oltre a cambiare l’atteggiamento mentale, le donne e i giovani hanno continuato a costruire un’azione politica corrispondente ai loro bisogni e desideri. Non in modo reattivo – rispondere colpo su colpo agli attacchi del capitale – ma proattivo. Ciò ha implicato la costruzione di una struttura politica, di strumenti politici e di uno stile politico che non corrisponde alla teoria del riflesso. Se il capitale costruisce la fabbrica con un padrone e con una precisa gerarchia, l’organizzazione antagonista che lo combatte, si plasma a sua immagine e somiglianza: la struttura partito ha infatti una gerarchia precisa, con i suoi dirigenti, con un leader di partito. Le donne e i giovani, invece, non trovandosi a loro agio con le gerarchie, ma prediligendo la fluidità e le reti, non hanno costruito partiti, ma movimenti e iniziative spontanee. Non hanno espresso leader, ma hanno perseguito una diffusa autorevolezza. Non hanno rincorso le iniziative del capitale ma hanno preso la strada che hanno ritenuto più efficace, autonomamente.
Ovviamente le donne e i giovani hanno cambiato anche gli argomenti e le metafore del discorso politico, che sono diventati legati alla cura, al benessere, alla nutrizione, alla protezione e condivisione, mentre il discorso politico tradizionale ha sempre mimato una piccola guerra. É pieno di nemici e avversari, di campi di battaglia, di colpe che sono sempre ed esclusivamente degli altri (i nemici), punta sulla manipolazione e sulla seduzione specialmente nei social media, e sviluppa odio, aggressività e insulti. Noi contro loro. In realtà, questo modo di parlare di politica non si discosta dallo stile e dal modo di procedere del capitale.
2) L’importanza dell’unità tra le donne e gli uomini
É interesse anche degli uomini affiancare e sostenere le donne nelle loro mobilitazioni. Guardiamo assieme alla situazione attuale della sfera riproduttiva. L’ondata femminista degli anni Sessanta e Settanta ha aiutato le donne della mia generazione e le seguenti a ottenere un maggiore potere nella famiglia e nella società, il che ha significato più diritti civili non solo per le donne ma anche per gli uomini, un più forte senso di cittadinanza, più capacità di muoversi nello spazio anche da sole, soprattutto nei vecchi paesi industrializzati.
É importante, tuttavia, che tutti, donne e uomini, si rendano conto che, se non si scioglie il nodo della sfera della riproduzione e della condizione delle donne, in termini di riconoscimento del valore che qui si produce sul piano economico, normativo e culturale, tale sfera continuerà a funzionare come una spina sul fianco di tutti i lavoratori, in un gioco perverso al ribasso. Fino agli anni Ottanta la forza trainante delle iniziative politiche, organizzative e tecnologiche nella società era la sfera della produzione di merci, intesa non solo come beni ma anche sempre più come servizi. Da qui, processi e comportamenti passavano poi nella sfera della riproduzione sociale, che aveva il compito di funzionare e produrre in modo dipendente e di supporto. Il meccanismo era quello del gocciolamento di iniziative, pratiche e beni, che passavano dalla produzione alla sfera della riproduzione. Questo meccanismo è stato completamente ribaltato, almeno nei paesi altamente industrializzati, poiché ora la sfera della riproduzione è diventata il modello che viene esportato nell’intero sistema. Le caratteristiche fondamentali del lavoro domestico e di cura, come la gratuità, la precarietà, la cattiva regolamentazione e l’assenza di negoziazione collettiva da parte di sindacati e partiti, sono state esportate anche nella sfera della produzione, dove sono diventate meno anormali rispetto al passato. Qui quelle che erano considerate come forme secondarie o periferiche di regolazione dei rapporti sociali, tollerate fino ad allora solo nella sfera della riproduzione, sono entrate in competizione con forme più sindacalizzate di contratto sociale.
Sono state le giovani generazioni a pagare il prezzo più alto in termini di lavoro precario o lavoro nero, di espatrio più o meno forzato, di mancanza di autonomia economica dai genitori, dell’impossibilità, in queste condizioni, di vivere con il/la proprio/a compagno/a, di fare eventualmente dei figli, di guardare al futuro con ottimismo. Da quanto si è detto, tutti, donne e uomini, dovrebbero pretendere un grande rispetto e riconoscimento del lavoro delle donne perché ciò è nell’interesse diretto di tutti.
Tuttavia, non solo la debolezza è stata esportata, ma anche i processi di negoziazione del potere, che si sono sviluppati all’interno delle famiglie tra uomini e donne e tra le varie generazioni, sono stati implicitamente esportati. Ad esempio, le prese di posizione da parte dei/delle bambini/e e ragazzi/e lotte contro l’autoritarismo dei genitori che si sono sviluppate all’interno delle famiglie hanno inevitabilmente rimodellato il modo in cui nei luoghi di lavoro le nuove generazioni di lavoratori, tecnici o impiegati hanno preteso di essere trattati (Fortunati, 2014; Fortunati, Taipale, & de Luca, 2019). Tanto più il comportamento autoritario dei genitori si è ridimensionato in famiglia, quanto più i nuovi lavoratori hanno cercato di essere trattati sul posto di lavoro in modo diverso. Oggi molto spesso i responsabili per chiedere a un/a lavoratore/rice di eseguire un’attività lo fanno con una frase tipo: potrebbe, per favore, fare questo?
3) La sfera domestica da luogo di arretratezza politica a cuore pulsante delle iniziative più radicali
La riproduzione personale e sociale ha completamente cambiato la sua identità: dall’essere considerata dalle organizzazioni politiche tradizionali come un luogo di arretratezza politica, è diventata il cuore pulsante a livello sociale e politico dell’intero sistema capitalista. La riproduzione personale e sociale emerge come un immenso laboratorio di sperimentazioni sociali e politiche, pericoli, sogni, iniziative e visioni. La sfera riproduttiva è il luogo in cui i movimenti politici e sociali più rilevanti come le rivolte arabe, il movimento degli Indignados in Spagna o Occupy Wall Street negli Stati Uniti e le azioni collettive più importanti, come le iniziative di Urban Knitting (Farinosi e Fortunati, 2013), il movimento Se non ora quando, il movimento MeToo, il recente sciopero delle donne in Svizzera, i movimenti dei ragazzi e dei giovani per la difesa della natura, della terra e del clima, si sono sviluppati negli ultimi decenni. La riproduzione sociale e individuale è ora la sfera in cui il futuro è tessuto, discusso, elaborato a lungo termine e in modo reale, sostenibile. Nei vecchi paesi industrializzati, donne, uomini, bambini, giovani, adulti e anziani stanno sperimentando molte forme diverse del genere, al fine di affrontare i propri percorsi di autonomia e autodeterminazione. La vecchia divisione del lavoro di genere e le conseguenti differenze tra uomini e donne, basate sulla corrispondenza tra donne e tratti prevalenti femminili, così come tra uomini e tratti prevalenti maschili, sono state investite da molti cambiamenti sociali e politici.
Con la conseguenza che una nuova divisione del lavoro di genere ha preso piede: le donne hanno imparato a confrontarsi con la cultura maschile – basata sul logos, cioè il pensiero razionale – e gli uomini a gestire la cultura femminile basata sulla metis, empatia e intuizione (tornerò su quello, più tardi). Le donne sono attualmente impegnate più degli uomini nell’istruzione, dove ottengono ottimi voti e un’istruzione superiore. Ciò significa che le donne hanno imparato a gestire il logo. Dall’altro lato, gli uomini stanno vivendo una relazione più stretta con l’intimità, gli affetti e le emozioni e conseguentemente anche con il loro corpo. Gli uomini hanno iniziato a investire energia nel prendersi cura del proprio corpo, radendosi, abbellendolo con collane, orecchini e bracciali, mantenendosi in forma con diete ed esercizi fisici, vestendolo con molta più attenzione rispetto al passato. In breve, le donne sono diventate più “maschili” e gli uomini più “femminili”, sebbene l’apparato dei media, la pubblicità e l’inerzia educativa trasmettano ancora nel complesso una rigida e tradizionale segregazione di immagini, figure e ruoli maschili e femminili.
Altre vecchie strutture della società, come la struttura familiare, hanno perso la loro unicità. Sotto l’iniziativa e la determinazione soprattutto delle donne e dei giovani, le persone oggi vivono molte forme di famiglia o vivono e rimangono da sole. La famiglia, basata su una coppia con figli, è stata integrata da altri tipi di famiglie come quelle composte da coppie senza figli, persone che vivono sole, famiglie monoparentali, famiglie miste, famiglie ricombinate in cui vivono membri appartenenti a famiglie diverse. La rigida disciplina e normatività che in passato avevano regolato la famiglia come cellula di base della società sono diventate più flessibili e diversificate. In questo contesto, anche i rapporti di amicizia o il modo in cui intratteniamo rapporti con i parenti, la regolamentazione della distanza sociale in generale dagli altri, sono cambiati e diversificati, anche grazie alla disponibilità e diffusione dei nuovi media e alle loro pratiche d’uso.
I comportamenti, collegati a dimensioni private e pubbliche, e le pratiche sociali legate all’informazione e alla comunicazione, e, in generale, all’atteggiamento nei confronti del cambiamento sociale hanno messo in luce molte forme di resistenza e iniziative di massa dal basso. A livello politico, la regolamentazione delle distanze sociali tra le diverse classi è stata completamente rinegoziata: il timore verso le classi dirigenti e le sottili forme di distinzione sociale che sono stati un potente strumento per mantenere la struttura del potere nella società, si sono indebolite. Oggi nelle strade camminano donne e uomini appartenenti alle varie classi sociali, che hanno guadagnato più gradi di uguaglianza sociale, economica e culturale rispetto al passato.
A prima vista, tutti questi fronti possono descrivere la fenomenologia di una società fluida, ma in realtà raccontano di come si stiano trasformando il lavoro domestico e le relazioni familiari e interpersonali sia a livello materiale che immateriale. Il fatto che i rapporti sociali, i rituali e le pratiche della vita sociale siano cambiati significa che il lavoro domestico immateriale e materiale è stato sottoposto a un’intensa ondata di negoziazione tra donne e uomini, nonché tra generazioni, e a un’ondata intensa di comportamenti di massa, altrimenti chiamati “iniziative politiche con una lettera minuscola”. Non c’è pace nella sfera riproduttiva, poiché una divisione ineguale di lavori domestici e di cura tra uomini e donne continua a persistere, anche se in modo più attenuato rispetto al passato.
Allo stesso tempo, varie mansioni del lavoro domestico vengono esternalizzate: molte persone mangiano in ristoranti o mense o bar, mandano gli abiti in tintoria, ecc.); e altre mansioni si intersecano con nuovi modi di concettualizzare le faccende domestiche. Anche la sessualità viene in parte dematerializzata (pornografia on line) e in parte esternalizzata nel mondo degli amanti, degli incontri casuali e della prostituzione. Le donne (ma anche sempre più uomini) continuano a fare lavoro di prostituzione, che è sì pagato (più o meno bene) ma a costo di un disprezzo sociale inestinguibile. Ancora oggi quando si vuole offendere qualcuno lo si fa ricorrendo alle parole dispregiative che storicamente si sono rivolte alle prostitute.
Altre mansioni si intersecano con nuovi modi di concettualizzare le faccende domestiche. Enormi processi di semplificazione, standardizzazione, automazione all’interno della casa oltre all’outsourcing delle faccende domestiche riguardano altri compiti, sia a livello materiale che immateriale: educazione, affetti, intrattenimento, comunicazione e informazione. La cucina, in particolare, oltre a essere in parte esternalizzata, mostra la tendenza a trasformarsi in direzioni diverse: dalla forte diminuzione del far da mangiare in casa alla conquista di una nuova visibilità in molti programmi televisivi. Cucinare non è più un compito invisibile svolto a casa da donne o altri membri della famiglia ma sta diventando un’attività in cui si combinano nuove e vecchie competenze in uno scenario inedito di rappresentazioni e informazioni.
La centralità della sfera domestica è testimoniata anche dal fatto che lo stato e le famiglie devono dedicare investimenti sempre più ingenti per supplire il lavoro domestico che non è più svolto dalle donne all’interno delle famiglie, a causa anche della loro crescente presenza nel mercato del lavoro. Da un lato, lo stato deve destinare la maggior parte del suo bilancio per integrare i livelli di riproduzione sociale della forza lavoro a livello di istruzione, sanità e pensionamento. Dall’altro, le famiglie sono obbligate ad attingere dalle donne migranti una considerevole quantità di lavoro domestico e di cura per l’assistenza a bambini, anziani, malati e disabili. Oppure a ricorrere ai robot domestici, come mostra l’indagine Eurobarometer (2012) (Taipale et al, 2015).
4) La sfera domestica tra Scienza del Concreto, Metis e Affetti
Ciò che rende questa sfera particolarmente adatta a coltivare il cambiamento sociale è che qui è al lavoro una particolare combinazione di forze: 1) la Scienza del Concreto 2) la Metis e 3) gli Affetti, che potenziano entrambe le forze precedenti (Fortunati e Vincent, 2009). Esaminiamo queste forze una ad una. Secondo Lévi-Strauss (1966), in passato la scienza del concreto ha espresso una straordinaria capacità di strutturare il suo pensiero etichettando e classificando sistematicamente il mondo intorno attraverso percezioni ed emozioni. Questo lavoro ha portato a organizzare un sistema di pensiero, che ha riconosciuto la legge di causa ed effetto e le possibilità e le opportunità di combinare, ricombinare e rimediare le cose. L’organizzazione dei pensieri derivanti da questo lavoro sistematico è stata in grado di generare osservazioni e controlli attivi e metodici, ipotesi da scartare o convalidare, spiegazioni, nuove domande, idee e nuovi concetti e infine miti.
La scienza del concreto ha portato straordinarie invenzioni, come la ceramica, la tessitura, l’agricoltura, le erbe e i minerali, la conoscenza della medicina e l’addomesticamento degli animali. Lévi-Strauss (1966) parla del paradosso neolitico, sostenendo che tutte queste innovazioni non sarebbero state possibili senza una scienza molto efficace e potente. Anche Mumford (1966) parlando della qualità di queste innovazioni le definisce biotecnologie o tecnologie della vita democratiche ed esaltanti la vita. Al contrario, sottolinea Mumford, le tecnologie prodotte dalla scienza dell’astratto, cioè da ingegneri, scienziati dell’informazione, ecc. sono tecnologie che negano la vita.
L’altra forza che opera nella sfera riproduttiva è la Metis. Essa è una forma particolare dell’intelligenza femminile e riguarda un modo specifico di pensare, coltivato soprattutto dalle donne, che si basa sull’empatia e l’intuizione (Nucci, 2013). È una forma di prudenza e intelligenza astuta, che si riferisce alla capacità intellettuale di superare gli ostacoli, aggirandoli. Gli antichi Greci la associarono a Metis, figlia dell’Oceano Titano e Teti, che fu moglie di Zeus, ma che, quando rimase incinta di Atena, venne da lui divorata. La forza intellettuale di Metis serve a spiegare una risorsa e una capacità che era presente o coltivabile, come caratteristica distintiva, in alcuni degli eroi maschili come Odisseo, ma che è comunque presente o coltivabile in tutti noi. Metis rappresenta una forza non virile, poiché ha più la forza dell’acqua che del ferro, della pervasività più che della penetrazione, della tenacia e della pazienza più di quella della prepotenza. Le donne o gli uomini che possiedono questa forza della mente sono al riparo da una serie di errori. Sono attenti alle strategie di comunicazione e filtrano che cosa dire e che cosa ascoltare. Inoltre, sanno come non palesarsi e quando uscire allo scoperto: in altre parole, conoscono l’importanza della rappresentazione, che consente loro di decidere che cosa nascondere e cosa, invece, mostrare, al fine di rendere il loro messaggio davvero incisivo. È sulla gestione delle Metis che le donne sono state in grado di costruire un potere psichico, più forte di quello degli uomini.
La terza forza è la capacità, l’esperienza e la competenza nel trattare e gestire affetti, emozioni e passioni come parte fondamentale del lavoro di cura. Nel campo della riproduzione sociale le donne hanno imparato a sviluppare nel tempo una particolare sensibilità verso il benessere emotivo degli individui e il suo impatto collettivo sul cuore emotivo della società.
Adam Smith (1759) aveva già capito che l’emozione è la colla che tiene insieme il tessuto della società. In effetti, nessuna scienza sociale o politica potrebbe funzionare senza affrontare le ragioni del cuore, di cui la ragione, secondo la famosa citazione di Blaise Pascal, non sa nulla (O’Connell 1997). Se le interazioni sociali sono una miscela di emozione e ragione, allora, anche la comunicazione dovrebbe essere considerata allo stesso modo. “Le parole, più comunemente usate per l’interazione, sono anche parte dell’emozione e parte della ragione e questo significa che si può parlare non solo dell’intelligenza emotiva proposta da Salovey e Mayer (1990) e Goleman” (1995, 2006), ma anche di “comunicazione emotiva” (Fortunati & Vincent, 2009, p.1). Come le donne mostrano ogni giorno, le emozioni funzionano come moltiplicatori di energia.
Un discorso a parte va fatto sulla tecnologia, perché le tecnologie digitali, rispetto a quelle tradizionali, sono paradossalmente più in sintonia con le tre forze che agiscono nella sfera produttiva. Le donne possiedono e usano molte tecnologie in questo momento: la rete di tecnologie personali e degli elettrodomestici nelle case, ma forse queste non sono esattamente quelle di cui le donne avrebbero bisogno e che vorrebbero avere. Secondo Turkle (1995), la mentalità che caratterizza l’era digitale è simile a quella che l’antropologo Lévi-Strauss ha definito come “la mente selvaggia” o la “Scienza del concreto” (1966). Un’altra caratteristica dell’era digitale è la giocosità. Come sostiene Valerie Frissen, “le tecnologie digitali non sono solo tecnologie ludiche ma anche i risultati di pratiche ludiche”. “Giocare con le tecnologie – continua – è sempre stato un fattore trainante alla base della trasformazione tecnologica” (2015, p.149). Innovazioni entusiasmanti – continua Frissen- – emergono più frequentemente da reti di dilettanti sperimentatori (Leadbeater & Miller, 2004; Von Hippel, 2005; Keen, 2008) o pro-am (dilettanti professionisti) (ad esempio Linux, Arduino, tecnologia P2P). Inoltre, afferma Frissen, le tecnologie digitali sono un modo di armeggiare intellettualmente e, sebbene non siano principalmente orientate all’innovazione, paradossalmente il modo di pensare primitivo, selvaggio e giocoso dei produttori ha portato a molte innovazioni radicali. Un’ulteriore caratteristica delle tecnologie digitali è il loro potenziale di gratuità e condivisione, che ha un sapore decisamente anticapitalistico. Infine, un’altra importante caratteristica è la loro permeabilità agli affetti, come vedremo nel punto seguente.
In breve, la sfera della riproduzione sociale si è rivelata come particolarmente adatta per alimentare il cambiamento sociale perché combina le tre forze molto potenti: la Scienza del Concreto, la Metis e gli Affetti.
5) Il Movimento del Concreto
Nel laboratorio di sperimentazioni e movimenti che oggi è la sfera della riproduzione, vorrei concentrarmi su un movimento paradigmatico che ci aiuta a spiegare bene le potenzialità di questa sfera. Questo movimento è quello che io chiamo il Movimento del Concreto, che sta aprendo una nuova fase nell’evoluzione dell’umanità. Ha una larga composizione sociale ed è costituito da donne che portano con sé l’esperienza femminista e post-femminista, badanti e donne, nonché uomini che sono artigiani, produttori, produttrici, designer-designer, Fab Lab e maker- appassionati di movimento, attivisti e attiviste, nuovi/e e vecchi/e contadini/e, ecologi, Ong, volontari e tutti coloro che vogliono costruire un nuovo mondo, immediatamente, senza aspettare la caduta del sistema capitalista o senza concentrarsi solo sul modo di distruggerlo.
Questo grande movimento aspira a introdurre la giocosità e a esercitare una contro-produzione, un contro-consumo e una contro-riproduzione, proprio da ora, non dopo. Il suo programma politico è quello di liberare se stessi e gli altri, a partire dal liberare il lavoro dalla sua vendita obbligatoria nel mercato del lavoro e dalla sua disciplina, controllo e sfruttamento globali da parte del regime capitalista. Questa strategia perseguita dalle attiviste e attivisti del Movimento del Concreto ha incorporato e metabolizzato le figure politicamente residue del bricoleur e della bricoleur e del/la volontario/a e le ha trasformate in figure politicamente alternative e potenti. Il primo, cruciale luogo dell’affrancamento dal processo capitalistico è cambiato: ora è la casa, ma una casa (e una terra) abitata da donne e uomini, giovani, bambini, anziani, malati e disabili, tutti considerati soggetti politici.
Il Movimento del Concreto ha inglobato emozioni, passioni e affetti nel suo sviluppo e nella sua cultura politica. Ancora una volta, è dalla figura politicamente “residua” del dilettante, del/la volontario/a e del/la casalinga/o che gli attivisti e le attiviste del Movimento del Concreto hanno recuperato il ruolo delle emozioni, l’espressione di sé e la creatività nel loro lavoro e in ciò che producono. Non a caso, i bricoleurs erano chiamati in passato “dilettanti”, per indicare come queste persone fossero e siano mosse da una passione e quindi piacere e giocosità erano e sono le dimensioni motivanti del loro lavoro. Il luogo in cui i dilettanti lavoravano tradizionalmente era la casa o il garage, trasformato in un piccolo laboratorio personale.
Un’altra figura sociale mossa dall’emozione è quella del volontario. In questo caso, il motore è la compassione e la volontà di offrire aiuto agli altri, ma chi fa il/la volontario/a prova piacere nel prendersi cura di chi sta male o ha bisogno di essere aiutato. Naturalmente, le figure del dilettante e del/la volontario/a hanno una stretta relazione con la figura della moglie-madre-casalinga, il cui lavoro è stato costruito come un lavoro d’amore e affetto. Il lavoro domestico è sempre stato motivato da sentimenti ed emozioni e ha sempre rappresentato la gestione emotiva e psicologica degli affetti, il prendersi cura, il proteggere, il nutrire e offrire conforto e sostegno a tutti i membri della famiglia. L’alienazione in questo tipo di lavoro è stata provocata dalla mercificazione delle emozioni e degli affetti, dalla mancanza di riconoscimento del valore di tale lavoro e, di conseguenza, dalla mancanza del rispetto sociale che lo ha sempre riguardato.
Nella prospettiva politica del Movimento del Concreto, liberare il lavoro dal giogo del capitale richiede e implica anche liberarlo dall’alienazione intesa come non-emozione e disincarnazione, entrambe disumanizzanti. Un po’ alla volta donne, giovani, volontari/e e dilettanti stanno dimostrando che è possibile produrre da soli, in collaborazione e in solidarietà con gli altri, senza alienazione e auto-sfruttamento. Quindi, le/gli attivisti/e del Movimento del Concreto sono molto lontane/i dall’essere solo pensatori/rici-creatori/rici o solo concreti/e. Un punto molto importante è che ora questi attivisti e attiviste hanno la possibilità di attirare non solo la scienza del concreto, ma anche la scienza dell’astratto (cioè il contributo di ingegneri e scienziati dell’informazione), unendo insieme questi due diversi approcci e facendoli operare e supportarsi a vicenda. Donne e uomini si stanno preparando a sapere che cosa fare e come farlo, quando il sistema capitalistico crollerà sotto il peso delle sue contraddizioni strutturali e della maturità politica delle moltitudini. A livello pratico, questo movimento ha una sua traiettoria specifica di sviluppo, diversa dai vecchi e nuovi movimenti politici che generalmente esprimono la loro forza con un precipitato di azioni (manifestazioni pubbliche, flash mob, scioperi e così via). Per comprendere le dinamiche del Movimento del Concreto dovremmo ricorrere alla potente immagine del lievito, che è alla base di ogni buon processo di panificazione. Per acquisire il potere di lievitazione dell’impasto, il lievito deve riposare in uno spazio chiuso. Nessuna iniziativa spettacolare in spazi pubblici aperti (strade, piazze), ma un lavoro quotidiano che riempie politicamente spazi come case, garage, officine e laboratori.
Le logiche proprietarie e competitive che custodivano gelosamente non solo la proprietà dei mezzi di produzione ma anche le conoscenze scientifiche e le conoscenze pratiche ora connesse ad esse hanno lasciato lo spazio alle tre principali strategie di demolizione della logica capitalistica: accesso aperto, costruzione di comunità e sostegno reciproco, solidarietà e collaborazione. Oggi molte persone nel mondo si stanno trasformando da utenti finali a proprietari di mezzi di produzione, designer creativi e produttori che producono prodotti originali e innovativi per essere venduti online su piattaforme ad hoc (es. Etsy.com o Dawanda.com). Con una connessione a Internet e forza di volontà, le persone a casa o ovunque possono connettersi facilmente con altri colleghi produttori o comunità in tutto il mondo e imparare a fare le cose da soli (Haveri, 2012; Gauntlett, 2011). Questi nuovi processi di produzione e consumo sono supportati da servizi web specifici come Tumblr, WordPress e Youtube che hanno raccolto e messo a disposizione del pubblico milioni di tutorial presentati dagli utenti. Questo immenso patrimonio di “come fare” ogni tipo di cosa può essere inteso come un potente processo di insegnamento e apprendimento reciproco e sociale. Oggi le persone stanno sperimentando la capacità e la pratica di fare quasi tutto, da una torta a una fodera per cuscino, a un giocattolo, da soli, usando la tecnologia, il riciclaggio creativo o materiali e processi innovativi (Sinclair 2000). Trasformano anche prodotti standardizzati in prodotti personalizzati (vedi, ad esempio, la comunità online di IkeaHackers.net). Ciò che le donne hanno fatto tradizionalmente nella gestione delle loro case e famiglie in isolamento, ora è diventata una strategia condivisa e socialmente riconosciuta.
Il Movimento del Concreto offre vari luoghi dove imparare e trovare idee ispiratrici originali e insolite e per mettere insieme diverse esperienze politiche con un obiettivo comune: creare i beni comuni (e il comunismo) ora nel cuore del sistema capitalista. Blog e forum offrono spazi online per ottenere informazioni e discutere componenti, strumenti, software, hardware, stampanti 3D, ecc., condividendo conoscenze con il pubblico online e pubblicando foto di creazioni fatte a mano. Soprattutto i blog sui manufatti tecnologici hanno contribuito notevolmente all’aumento della popolarità di tali manufatti e all’implementazione della sottocultura indipendente (Oakes, 2009). Lo sviluppo di competenze attraverso la cooperazione con altri “produttori” porta non solo alla creazione e al rafforzamento delle interazioni sociali e dell’innovazione sociale, ma alla consapevolezza che non abbiamo più bisogno del capitalismo, che possiamo costruire un’alternativa ad esso qui e ora. Le comunità di “produttori” costituiscono un ampio laboratorio sociale che sperimenta la realizzazione di beni di massa personalizzati, modificando i meccanismi e i componenti di produzione con cui possono essere realizzati. Esse stanno rimodellando i modelli economici e le soluzioni abitative, stanno cambiando il modo in cui la scienza viene insegnata e imparata; forniscono la spinta che si prepara alla società post-capitalista, come spiega Cory Doctorow nel suo libro Makers (2009). Molti ne parlano come una nuova rivoluzione industriale, più democratica, partecipativa e sostenibile.
6) La strategia politica del Movimento del Concreto
Ciò che è interessante nella strategia politica di questo movimento è la sua prospettiva diversa da quella della tradizione marxiana. Lo stesso Marx nel tentativo di capire come potesse essere una società dopo la sua liberazione dalle catene del capitalismo, avanzò l’idea che con la fine della schiavitù dei lavoratori ogni essere umano sarebbe stato libero di andare a pescare o contemplare la natura. Quindi, poteva immaginare, in una società senza capitale, solo attività di rilassamento e divertimento. La giocosità era vista da lui come una sorta di compensazione per la fatica generata dalla liberazione della società dal capitalismo. Tradizionalmente, uno dei limiti della lotta della classe operaia era quello di considerare l’unica soluzione possibile la lotta contro il sistema capitalista fino alla sua distruzione. Lo scopo era quello di introdurre un diverso sistema sociale: quello comunista. Il comunismo per avverarsi doveva aspettare fino alla fine del capitalismo. Questo approccio politico ha portato a una visione totalizzante del potere del sistema capitalista e ha portato le persone a pensare che non fosse possibile costruire nulla al di fuori del potere di controllo del capitale fino alla sua ambita fine. In questa visione, tutto ciò che è diverso, sia esso un’iniziativa o una logica diversa, finisce inevitabilmente per essere ricondotto a una logica capitalista. Sebbene sia in grado di moltiplicare le forze degli attivisti e delle attiviste in vista della rivoluzione, questa visione ha portato paradossalmente anche a una loro impotenza. La concettualizzazione del capitale come un Moloch, risuonando anche nel titolo Empire del famoso libro di Hardt e Negri (2000), ha avuto probabilmente l’effetto di rafforzare il sistema capitalista: più si attribuisce potere a un’entità, più tale entità acquisisce potere.
Al contrario, il sistema capitalista copre una parte molto limitata della storia umana e le sue logiche sono storicamente determinate. Il periodo neolitico, per esempio, è stato molto più lungo e più cruciale di ciò che viene chiamato modernità. Le tecnologie e le innovazioni inventate e implementate in questo periodo sono state incredibilmente importanti per l’umanità. Quindi non ha senso considerare il sistema capitalistico come inevitabile e impossibile da cambiare o da sconfiggere. Inoltre, il sistema capitalistico ha tante contraddizioni all’interno del suo funzionamento, che agiscono come forze di potenziale autodistruzione. Dopo il crollo dei regimi comunisti e l’evidenza dei gravi difetti e limiti nell’organizzazione delle loro società, le persone hanno iniziato a praticare diversi approcci e prospettive politiche. Per esempio, la necessità di vendere lavoro a qualche imprenditore è sempre meno percepita come l’unica possibilità.
Dal punto di vista di milioni di persone, il passaggio dal lavorare al fare è un punto cruciale. Apparentemente, sembra una sorta di perdita della parte sociale e politica del “lavoro” e uno spostamento verso il suo mero contenuto pratico e materiale. In realtà, questo spostamento è molto politico, perché va alla radice delle relazioni sociali a livello economico a partire dalla prospettiva di un “rinascimento basato sulla fine del regime del lavoro retribuito” (Berardi, 2015). Negli ultimi 250 anni, le persone hanno perso qualsiasi controllo e conoscenza del proprio lavoro e in generale dell’organizzazione generale del lavoro. Questa conoscenza e questo know-how erano diventati ostaggi delle classi dirigenti. Di conseguenza, le persone sono state espropriate e quindi hanno perso il senso di ciò che consumano, di come siano stati fabbricati i beni che consumano e di quali effetti abbiano sui loro corpi, nonché sulla terra, sull’aria, sull’acqua. Quindi, la proprietà dei mezzi di produzione da parte della classe dominante ha significato la perdita della proprietà non solo sui mezzi di produzione, ma in generale anche sulla conoscenza e sul controllo dei processi lavorativi, dell’organizzazione del lavoro, del consumo e delle forze naturali del lavoro sociale come l’ambiente. Avendo lasciato alle classi dirigenti l’uso incontrollato della terra, dell’aria e dell’acqua, l’ambiente ha sofferto molto della loro avidità e visione a breve termine. Senza contromisure da parte di attori progressisti e altri, le classi dirigenti non hanno mostrato l’intenzione di limitare il loro sfruttamento delle risorse naturali né di esprimere una visione sostenibile per l’uso di tali risorse. Il guaio è che sono mancate alle forze di sinistra fino ad adesso la volontà e la determinazione di includere nel loro programma l’obiettivo politico della difesa dell’ambiente, consegnando ai verdi la politica sulla sostenibilità. Invece, questo è uno dei punti qualificanti del Movimento del Concreto.
Gli ultimi sviluppi del lavoro immateriale e delle tecnologie informatiche, che hanno portato alla dematerializzazione e all’automazione di molti processi nella società, hanno ulteriormente aggravato la svalutazione del lavoro materiale e del corpo umano. La comunicazione, l’educazione, l’affetto, l’emozione e la socievolezza – le aree che le donne hanno sempre padroneggiato con più maestria – sono state mediate da un flusso straordinario di innovazione tecnologica, dando agli uomini maggiori capacità e quindi la preminenza anche in alcuni di questi settori. Nonostante le potenzialità delle tecnologie digitali, il loro uso è stato finora pesantemente condizionato da logiche capitalistiche che negano la vita e quindi hanno introdotto nel cuore vivente della società l’inorganico.
Il Movimento del Concreto sta producendo una rivalutazione del lavoro materiale, appropriandosi del processo di produzione e, quindi, del consumo di beni, e scoprendo le potenzialità di lavorare con le proprie mani. Esso, tornando alla scienza del concreto e alla possibilità di costruire tecnologie che esaltino la vita, si prefigge di garantire a tutti l’accesso aperto alla conoscenza e di promuovere processi come la condivisione, la collaborazione e la cooperazione. Nelle diverse anime di questo movimento, uomini e donne non sono ancora distribuiti equamente. Ad esempio, gli sviluppatori di software libero sono ancora più maschi che femmine, mentre le donne sono più coinvolte nell’artigianato (Chidgey, 2009; Zobl, 2012). Tuttavia, immagino che non rimarranno separati per genere a lungo. Nel prossimo futuro, la scienza del concreto sarà in grado di catturare tutto il bene che c’è nella scienza dell’astratto così come è stato sviluppato finora. Ad esempio, la robotica sociale e le stampanti 3D saranno gli strumenti preziosi che saranno prodotti dalle persone per il loro benessere. Il lavoro fatto in casa è diventato un lavoro ancora più complesso, ora. Le persone hanno più possibilità di progettare e quindi controllare ciò che mangiano, come le cose vengono prodotte, conservate e commercializzate. Di conseguenza, la rivoluzione comportata dal Movimento del Concreto riguarda non solo il campo di produzione considerato in tutte le sue fasi, ma anche quello del consumo e tutto ciò che avviene nella sfera riproduttiva sociale (Benkler, 2006).
Riflettere sul Movimento del Concreto è un buon esercizio non solo per i politologi ma anche per qualsiasi attivista.
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Docente di sociologia della comunicazione e della cultura dell’Università di Udine, Leopoldina Fortunati ha promosso, diretto o partecipato a varie ricerche cross-culturali internazionali. È autrice di oltre duecento tra libri, ricerche e articoli: i suoi lavori sono stati pubblicati in dodici lingue. La sua produzione scientifica si concentra principalmente nel campo degli studi di genere, dei processi culturali e dei vecchi e nuovi media. Negli ultimi anni è stata spesso consultata dall’Institute for Prospective Technological Studies of European Commission in qualità di esperta internazionale sulle tendenze future e sulle politiche in materia di media e Ict.
Questo articolo è stato preparato per un seminario promosso, lo scroso maggio, dallo Standing Seminar in Critical Theory, spazio transdisciplinare in cui studenti e docenti discutono di pensiero critico (le teorie critiche derivate dalla tradizione marxista, dalla scuola di Francoforte, dal femminismo e dagli studi post/de/coloniali), nato all’interno dall’Università di Bristol.
L’intervento di Leopoldina Fortunati è cominciato con queste parole: “Ringrazio anzitutto gli organizzatori e in particolare Lorenzo Feltrin per il graditissimo invito che mi ha permesso di essere qui con voi oggi. Rivolgo un saluto particolare a ognuno di voi. Oggi ho pensato di parlarvi di un tema che mi sta molto a cuore: la sfera domestica…”.
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