La scienza non solo non è la verità ma si afferma attraverso tentativi di continui fallimenti e parziali successi. Tanto meno è neutra, come ci ha ben insegnato Marcello Cini, poiché nasce in un contesto economico, politico e sociale che ne influenza gli sviluppi e gli esiti. Come accade nel “dibattito” sui vaccini, la scienza viene però tirata per la giacchetta giorno dopo giorno a sostegno di espressioni della politica che ne strumentalizzano l’uso. Accade soprattutto quando non gli esponenti politici non riescono a prendere decisioni che competono solo a loro oppure per nascondere il panico di fronte a fenomeni inattesi come la sindemia che sta sconvolgendo il pianeta

Di questi tempi, assai tristi, si va diffondendo un pensiero antiscientifico che nasce dal presupposto che la scienza, in quanto verità, ci abbia ingannati. La scienza non solo non è la verità ma si afferma attraverso tentativi di continui fallimenti e parziali successi. Tanto meno è neutra, come ci ha ben insegnato Marcello Cini, poiché nasce in un contesto economico, politico e sociale che ne influenza gli sviluppi e gli esiti.
Tuttavia, come nel dibattito sui vaccini, essa viene tirata a sostegno di politici che ne strumentalizzano l’uso soprattutto quando non riescono a prendere decisioni che competono loro soltanto o per nascondere il panico di fronte a fenomeni inattesi come la sindemia che sta sconvolgendo il pianeta.
Alcuni scienziati spinti dalla vanità di apparire nei talk show, si prestano a questo gioco di rassicurare l’opinione pubblica, al posto dei politici che se ne fanno buon scudo, così che essendo le loro affermazioni spesso negate dagli sviluppi successivi della pandemia, contribuiscono al crescere di movimenti contrari alla vaccinazione creando ulteriori elementi di sfiducia.
La scienza non sempre fornisce risposte adeguate, non sempre è in grado di spiegare fenomeni inediti, ma è capace di indagarli e di tentare di spiegarli. In questo nostro mondo che brulica di complessità, la scienza appare incerta perché fondata soprattutto sulla linearità dei fenomeni e sui rapporti causa-effetto.
Vale per le questioni meteorologiche caratterizzate da fenomeni complessi nei quali emergono improvvisamente proprietà dei sistemi non riconducibili alle proprietà delle singole parti. Vale anche, e soprattutto, nel caso di fenomeni sociali e biologici come la pandemia.
Tanto più ho provato una grande ammirazione e stupore per il contenuto del libro di Giorgio Parisi, In un volo di storni (Rizzoli, pp.123, euro 14) che così esordisce: «Il lavoro migliore di una vita di ricerca può saltare fuori per caso; lo si incontra su una strada percorsa per andare da un’altra parte» e poi ancora «le idee spesso sono come un boomerang, partono in una direzione ma poi vanno a finire altrove. Se si ottengono risultati interessanti e insoliti, le applicazioni possono apparire in campi assolutamente imprevisti».
Non ci potrebbe essere frase più significativa per esprimere il percorso insidioso e difficoltoso della ricerca scientifica per smentire, inoltre, la sua assoluta fedeltà alla realtà. E del resto lo stesso Tolomeo pur ritenendo che il Sole girasse intorno alla Terra, era uno scienziato, che utilizzava i modesti mezzi a sua disposizione.
Ma è nel primo capitolo, da cui prende il titolo il libro, che Parisi ci stupisce per la curiosità e il genio creativo. L’obiettivo dello studio è quello delle interazioni e in particolare delle interazioni tra storni «una questione importante anche ai fini della comprensione dei fenomeni psicologici, sociali ed economici».
In che modo gli storni comunicano tra di loro evitando con tanta abilità di scontrarsi nei cieli? «Esiste un direttore d’orchestra o il comportamento collettivo è auto-organizzato? Come fa l’informazione a propagarsi velocemente attraverso tutto lo stormo? Come possono virare insieme senza urtarsi?».
Ed ecco la sua risposta: «Quando sei curioso e vorresti sapere la risposta alle tue domande, incominci a cercare: una volta sui libri, adesso in rete. Quando sei fortunato trovi le risposte, ma quando le risposte non ci sono, perché nessuno le conosce, se sei veramente curioso inizi a domandarti se non dovresti essere proprio tu a trovare la risposta. Il fatto che nessuno l’abbia trovata prima non t’intimorisce, in fondo quello è proprio il tuo mestiere: immaginare o fare ciò che nessuno ha mai fatto prima».
Dunque la scienza esplora, indaga e nelle occasioni più fortunate fornisce risposte che, però, sono sempre contingenti e mai definitive; nel tempo ne arriveranno altre e più in grado di spiegare quel fenomeno indagato perché la scienza avanza per paradigmi e non per dogmi.
Se i nostri politici trovassero il tempo per leggere anche solo questo libro, forse capirebbero che la decisione finale delle scelte spetta a loro. E forse la scienza troverebbe più accoglienza e fiducia. In ultima analisi la scienza dovrebbe essere accompagnata da una buona politica.
Articolo pubblicato anche su il Manifesto
Sai quando leggendo trovi quello che pensi e ancora non dici? Ecco, questo mi capita leggendo i tuoi articoli. Grazie pure stavolta.
«La scienza è talvolta usata contro se stessa»
Basandosi sul concetto di «ignoranza prodotta», Mathias Girel, filosofo, decodifica i meccanismi che hanno permesso a industriali o lobbisti di manipolare la verità scientifica per decenni.
INTERVISTA RACCOLTA DA O.MO. per LIBERATION 16 Febbraio 2021
Perché ci si dovrebbe interessare all’ignoranza? Mathias Girel, filosofo delle scienze alla Scuola normale superiore, si è specializzato nello studio di ciò che non si sa: perché non lo si sa e quali sono le conseguenze di questa mancanza di sapere. Ha svolto il ruolo di consulente scientifico per il documentario La Fabrique del’ignorance d’Arte (leggi a fianco) diffuso in anteprima su Libération.fr.
CHE COSA RENDE QUESTA NOZIONE DI IGNORANZA IMPORTANTE NEGLI ATTUALI DIBATTITI?
È una questione importante, perché la nostra società ha bisogno di conoscenze affidabili per prendere decisioni, a livello individuale o collettivo. Quando questo corpus di conoscenze viene attaccato, subiamo collettivamente una forma di pregiudizio.
IL TERMINE «FAKE NEWS» SI È IMPOSTO, MA SI PARLA DI «IGNORANZA PRODOTTA». CHE COSA SI INTENDE CON QUESTO TERMINE?
Ci sono diversi tipi di ignoranza. La prima definizione è, beninteso, ciò che non si sa, che altri lo sappiano o meno. Ma ciò che ci interessa qui è l’ignoranza non più come uno stato, ma come un effetto, e quindi l’ignoranza prodotta, intenzionalmente o meno.
CHE DIFFERENZA C’È TRA FAKE NEWS E INFOX?
Spesso la scienza è talvolta utilizzata contro se stessa per mantenere l’ignoranza o la confusione. Queste strategie, al contrario del complotto, non rimettono in discussione il valore del vero e della conoscenza. Cercano di indebolire la verità per renderla inutilizzabile nello spazio pubblico. Il complotto e l’informazione vanno oltre. È l’orizzonte del vero che scompare. Non è più prioritario sapere se ciò che si dice è coerente con gli altri fatti noti o riflette una qualche realtà. Questo fatto è stato molto ben incarnato da Donald Trump, che non era affatto disturbato dal fatto di contraddire se stesso da un’ora all’altra.
L’elemento comune è la scomparsa dello spazio pubblico. Ogni comunità inizia ad avere i propri fatti, e lo spazio di scambi e di discussioni si riduce. Nessuno ha il monopolio di questo atteggiamento: i più ardenti difensori dell’idea che una dichiarazione scientifica è sempre carica, politicamente e ideologicamente, non vengono necessariamente dalla sinistra, come spesso si crede, ma militano ugualmente nelle fondazioni ultraconservatrici. Sono i climatoscettici o gli evangelici che hanno scelto, nel dibattito pubblico, di fare di alcuni argomenti scientifici altrettanti elementi di una guerra delle culture, negli anni 1990-2000.
I CONSUMATORI O I CITTADINI SONO VERAMENTE GLI OBIETTIVI PRIORITARI DEI PRODUTTORI DI IGNORANZA?
I politici sono i bersagli privilegiati. Quando i produttori di sigarette fanno ricerche su altre cause di cancro ai polmoni oltre il fumo di sigaretta, l’obiettivo è quello di indurre nei responsabili delle decisioni l’impressione di un assunto scientifico controverso in materia, al fine di far loro rinviare o addirittura abbandonare l’idea di legiferare. Allo stesso modo, in tribunale, l’obiettivo è quello di generare un ragionevole dubbio nella mente del giudice o dei giurati, dicendo che talune imprese non sono contro la scienza, in quanto finanziano la ricerca. Esiste un’altra forma più sottile di ignoranza prodotta: si tratta di cercare di non produrre una conoscenza che potrebbe diventare «scomoda». Si parla allora di ignoranza «strategica» e di scienza incompleta.
I DIBATTITI SULLA SCIENZA VERTONO MOLTO RAPIDAMENTE SUI CONCETTI DI «BUONA SCIENZA» E «CATTIVA SCIENZA». COSA C’È DIETRO QUESTI TERMINI?
Ho lavorato sul significato termini opposti di junk science («cattiva scienza») e sound science («buona scienza», «scienza solida»). Per me, sono strumenti retorici più che descrittivi. Se denigrate un intero campo scientifico, non avete più bisogno di discutere argomento per argomento. Non c’è bisogno di una dimostrazione su cosa è sbagliato e perché. Basta dire che è il prodotto di una scienza politicizzata e isterica.
MOLTI SCIENZIATI FANNO COMUNELLA CON GLI INDUSTRIALI PERCHÉ CONDIVIDONO DETERMINATI VALORI SULLA SCIENZA, IL PROGRESSO…
Il fatto di sottoscrivere insieme un certo numero di valori non significa che si sia d’accordo con tutto ciò che si fa in nome di questi valori. Ricordiamo come l’appello di Heidelberg nel 1992 [a margine del vertice della Terra a Rio, 4.000 scienziati e accademici invitano a prendere decisioni politiche basate «su criteri scientifici e non su preconcetti irrazionali», ndr] illustra bene questa tensione. Come scienziato, si può essere d’accordo con quasi ogni riga del testo. Ma il contesto è importante. Oggi si sa che i promotori di questo appello, vicini alla lobby dell’amianto, avevano l’obiettivo di arrestare la crescita delle scienze ambientali. Credo inoltre che occorra distinguere ciò che rientra nella scienza e nella sua applicazione. Per esempio, la strategia contro il Covid prevede di isolare i pazienti con virus e i loro casi di contatto per evitare la trasmissione. Molto bene. Ma ci sono diversi modi per farlo, alcuni dei quali possono coinvolgere maggiormente le i cittadini,le asssociazioni etc. Tale obiettivo corrisponde a numerose politiche possibili, che meritano di essere discusse democraticamente.
SI PARLA MOLTO DEL DECLINO DELLA SCIENZA. DOBBIAMO INVESTIRE DI PIÙ?
Ovviamente abbiamo bisogno della scienza. Questa pandemia lo sta ricordando fortemente.In un anno siamo riusciti ad acquisire conoscenze considerevoli su questo virus. Siamo riusciti a sviluppare non uno, ma diversi principi vaccinali efficaci. Bisogna dirlo, è una difficile impresa scientifica e industriale.
Trovo preoccupante, per le società che si definiscono «società della conoscenza», il bassissimo investimento pubblico e privato nella ricerca in rapporto al PIL. A volte è necessario molto tempo per affrontare e risolvere alcune questioni. A tal fine, numerosi laboratori pubblici insistono sulla necessità di finanziamenti ricorrenti e di personale stabile allo scopo di costruire un tipo di ricerca integrata e permanente oltre che efficace.»