Durante il lockdown è nata Caserta Solidale, una rete di oltre 150 cittadine e cittadini, singoli o riuniti in diverse associazioni che si sono messi in gioco perché nessuno rimanesse indietro. Oggi Caserta Solidale 2.0 ha ripreso a riunirsi per proporre iniziative legate al territorio e a tre parole chiave: “Pace, Pane, Pianeta”. “Di nuovo non vogliamo restare chiusi in casa – scrivono -, non vogliamo restare indifferenti…”. Una rete che ha trovato il suo volano nella storia del centro sociale ex canapificio di Caserta e nella sua straordinaria esperienza di accoglienza diffusa vissuta con tanti rifugiati. Malgrado quella storia sia stata bruscamente aggredita due anni fa, con i carabinieri che hanno improvvisamente messo sotto sequestro l’ex canapificio senza indicare soluzioni alternative, molte delle attività proseguono grazie a diverse associazioni che hanno messo a disposizione diversi spazi in città. Ci sono legami sociali che si rinforzano in modo spontaneo proprio quando la tempesta è più violenta

Nel 1995 il Centro Sociale di Caserta occupa l’Ex Macello, abbandonato da anni e nel 1998, si trasferisce nei capannoni dell’Ex Canapificio di Viale Ellittico, quasi di fronte alla Reggia di Caserta. L’associazione attiva subito uno sportello provinciale informativo “Diritti di cittadinanza per tutti/e” per i migranti, in grado di fornire informazioni e assistenza legale, sindacale, di orientamento al lavoro e ai servizi sanitari e sociali. I migranti che arrivano agli sportelli vengono invitati a partecipare alle assemblee per conoscersi e riconoscere i bisogni comuni, i problemi ed individuare percorsi vertenziali, viene promossa la partecipazione al di là delle nazionalità per far crescere la consapevolezza dei diritti; inoltre, la continua e reciproca collaborazione con Medici Senza Frontiere e con Emergency successivamente, ha consentito un costante screening sulle condizioni di salute dei richiedenti asilo e dei migranti della regione ed una adeguata conoscenza del disagio abitativo.
In breve l’associazione diviene un importante interlocutore con la Provincia di Caserta sulle problematiche che riguardano l’accoglienza dei richiedenti asilo e per i destinatari di protezione umanitaria. Erano gli anni in cui il fenomeno migratorio verso il nostro Paese era in forte espansione. Le presenze più numerose sono ad oggi, in ordine decrescente, quelle di ucraini, senegalesi, rumeni, filippini, polacchi, nigeriani, brasiliani, e russi.
I numeri al 31 dicembre 2020 degli stranieri residenti in città erano 3.991, pari al 5,4% della popolazione. Il progetto Sprar triennale accoglierà 200 persone dopo una forte campagna cittadina che chiedeva al Comune ed alla Prefettura un intervento che superasse l’approccio emergenziale che aveva visto proliferare dal 2015 alberghi prestati all’accoglienza che ne avevano impattato negativamente sugli accolti, sull’opinione pubblica, sui servizi, producendo degrado ed esposizione allo sfruttamento lavorativo e abitativo.
Insieme a diverse associazioni ed enti, il Comitato per il centro sociale ne diventa gestore con casa Rut e in poco tempo il progetto diventa il più grande della Campania e segnalato in Italia per il livello qualitativo delle azioni secondo il concetto di inclusione sociale bilaterale e cioè “l’impegno costante a creare un contesto che renda possibile e diffusa la collaborazione tra cittadini rifugiati ed autoctoni per migliorare ciascuno la propria condizione e il territorio in cui vivono”. È in quest’ottica, che i beneficiari del progetto di Caserta accompagnano oltre 200 bambini a scuola a piedi col Piedibus, partecipano a laboratori ludico-didattici nei quartieri popolari della città dove i beneficiari insegnano inglese e francese, animano iniziative di riqualificazione urbana. Nasce una squadra di basket “Stella del Sud” nella quale alcuni accolti imparano a giocare a basket ed attivano sinergie con ragazzi italiani, viene implementato l’impegno civile e nasce la rete associativa Caserta Città Viva che oggi collabora con scuole, comitati di quartiere, gruppi Scout Agesci, chiese.
L’intento comune era perciò costruire, passo dopo passo, una città solidale e migliore, dove le problematiche si affrontano con unità e insieme si individuano le modalità per risolverle. Lo Sprar era organizzato in accoglienza diffusa in 22 appartamenti affittati dal progetto. I beneficiari che, al termine del loro iter di accoglienza, decidevano di restare sul territorio, venivano seguiti in un percorso di inserimento abitativo, sostenuti da una rete di relazioni personali costruite attraverso le attività di inclusione. Il vitto era acquistato sia presso la grande distribuzione che dai piccoli produttori locali. Una virtuosa collaborazione è stata infatti portata avanti con le aziende agricole del territorio, dalle quali venivano acquistati prodotti biologici di qualità ad un costo sovrapponibile a quello praticato dalla grande distribuzione per ortaggi di agricoltura convenzionale. I produttori locali di Mani nell’Orto hanno permesso di educare tutti ad una sana alimentazione. I beneficiari del progetto venivano inseriti nella scuola pubblica per conseguire il diploma equivalente all’istruzione di primo e di secondo grado e inoltre accedevano alla scuola di italiano garantita dal Centro Sociale Ex Canapificio per un totale di circa 17 ore settimanali di scuola, cadauno.
Presso il Centro Sociale Ex Canapificio, sono rimasti attivi settimanalmente, dal 1999 al 2019, gli Sportelli di orientamento ai diritti per migranti e rifugiati, per il riconoscimento e l’acquisizione del permesso di soggiorno ecc. Questa attività ha consentito, nel 2002, la nascita del Movimento Migranti e Rifugiati, un’organizzazione informale diventata punto di riferimento per migliaia di persone in tutt’Italia. Agli Sportelli attivi presso il Centro Sociale Ex Canapificio, si sono rivolti, in dieci anni di attività, oltre 15.000 persone.
Il Comune di Caserta, grazie all’accoglienza praticata sul territorio, in particolare con il Progetto Sprar, ha ricevuto fondi premiali destinati alla comunità accogliente, cioè alla città di Caserta. Sono fondi che devono essere usati per beni e servizi da destinare alla cittadinanza, per un totale di 205.100 €. La ricezione di questi fondi ha consentito all’Amministrazione Comunale, tra le altre cose, di predisporre un Fondo per interventi a favore dei cittadini casertani in particolare delle fasce deboli. L’ex Canapificio è diventato negli anni un punto di riferimento per oltre 400 famiglie casertane che sono state accompagnate all’accesso di varie forme di sostegno al reddito, dai Lavori di Pubblica Utilità al REI e al Reddito di Cittadinanza. La narrazione del “prima gli italiani” veniva decostruita con strumenti concreti, con la partecipazione in qualità di volontari e operatori degli immigrati che sostenevano gli italiani nel percorso di ottenimento delle domande di sostegno al reddito.
La storia del progetto sociale dell’ex Canapificio si interrompe bruscamente il 12 marzo 2019 con i carabinieri che per conto della Procura della Repubblica del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, hanno messo sotto sequestro la struttura, storica sede del Centro Sociale di Caserta per motivi di inagibilità. Da tre anni gli attivisti chiedevano l’autorizzazione a poter ristrutturare il tetto dell’ex canapificio, un luogo nel quale coesistevano tanto gli uffici dello Sprar, quanto lo sportello al reddito, o sportelli tenuti dalla Caritas. La decisione di chiudere lo spazio è avvenuta senza indicare soluzioni alternative, provvisorie o sostitutive nonostante da anni si siano alternati incontri tra Associazione e Regione senza però portare ad uno sbocco positivo.
Le centinaia di persone che settimanalmente usufruivano dello spazio per accedere ai servizi sociali si sono trovate improvvisamente senza alcun sostegno. La gestione del progetto con il nuovo bando viene assegnata al consorzio Innotech di cui fa parte la cooperativa Esculapio. Inutile negare che lo spazio “liberato” per la sua posizione strategica e di pregio può ora richiamare forti interessi ed esiste perciò un concreto rischio di speculazione, come i promotori del centro hanno più volte evidenziato. Questa decisione ha sollevato un enorme sdegno a livello nazionale e locale, i mass media nazionali hanno scritto di manifestazioni di cittadini, presidi, raccolte fondi per riaprire quello che a detta di tutti, era un punto di riferimento e sostegno di tutta la società civile. Ad oggi, l’ex Canapificio è ancora chiuso e versa in condizioni di degrado e abbandono ma sappiamo che la Regione ha appostato un fondo di 700.000 euro per la riqualificazione dell’Ex ONMI, un altro immobile non utilizzato del Comune di Caserta e che le oltre trenta associazioni territoriali hanno già firmato un protocollo d’intesa per la sua gestione. Dopo tre anni dalla chiusura dell’ex Canapificio, la situazione è ancora bloccata e la gara per procedere ai lavori di ristrutturazione dell’ex OMNI non è ancora partita. L’impatto dell’accoglienza a Caserta con la nuova gestione è cambiato, vi è indifferenza e gli accolti continuano a rivolgersi agli sportelli dell’ex Canapificio per avere supporto sanitario, scolastico, abitativo e dirimere conflitti con gli attuali gestori. Le attività continuano disseminate nella città di Caserta e di Castel Volturno grazie all’ospitalità di tante associazioni che hanno permesso all’ex Canapificio di continuare gli sportelli per i migranti, per il sostegno al reddito, per la cura dei beni comuni ed il piedibus. Oggi la vertenza per riuscire ad avere una nuova sede è ancora aperta e gli operatori svolgono le loro attività in un appartamento preso in affitto che non è sufficiente per la mole di richieste attive.

La vicenda dell’ex Canapificio, qui ricostruita, è tratta da Taxi Sociale (edito da Recosol, curato da Roberta Ferruti e Chiara Sasso.
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