La partecipazione non può essere ridotta a slogan. La partecipazione è il cuore della democrazia costituzionale. La partecipazione è un antidoto alla deriva populista e plebiscitaria. La partecipazione è temuta dalle classi dirigenti quando intendono approfittare del loro ruolo, quando vogliono distanziarsi dal corpo sociale di riferimento, quando mirano a trasformare la democrazia e lo stato di diritto in platea televisiva acritica.
I radicali, nel nome della partecipazione, hanno depositato in Cassazione sei proposte referendarie. Mi soffermerò su tre di esse, che non sono quelle che faranno discutere di più, le quali rispettivamente riguardano l’abrogazione dei tre anni di separazione obbligatoria prima di chiedere il divorzio (per cui, se dovesse passare, la domanda di divorzio potrebbe essere fatta contestualmente a quella di separazione), l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (in particolare viene tolto di mezzo il fondo unico per il finanziamento pubblico e il rimborso spese elettorali), l’abrogazione della disposizione che prevede che anche l’8×1000 di chi non esprime alcuna indicazione venga ripartito tra le confessioni religiose. Vedremo come reagiranno i partiti e la Chiesa.
Come detto mi soffermo sugli altri tre referendum.
Il primo intende eliminare la pena detentiva nel caso di violazioni di lieve entità della legge sulle sostanze stupefacenti. Resterebbe in piedi la sola sanzione pecuniaria. Va ricordato che il 37 per cento dei detenuti condannati in Italia è dentro per violazione della legge sulle droghe. Una durezza repressiva i cui responsabili primi sono i firmatari di quella legge ovvero Gianfranco fini e Carlo Giovanardi.
Il secondo e il terzo referendum riguardano il tema della immigrazione; rispettivamente vanno ad abrogare il reato di clandestinità, oggi sanzionato con una pena in denaro, e gli articoli 4 bis e 5 bis del testo unico immigrazione, che disciplinano l’accordo di integrazione e il contratto di soggiorno per lavoro subordinato. La legge sulla immigrazione, brandita come manganello nei confronti degli stranieri, è stata arma di propaganda della destra per oltre un decennio. Qui i responsabili maggiori sono Umberto Bossi, Roberto Maroni e come sempre Gianfranco Fini. Queste ultime sono tre proposte referendarie che vogliono segnare una discontinuità politica e culturale con il populismo penale imperante. Si muovono nel solco delle tre proposte di legge di iniziativa popolare (www.3leggi.it) dirette a introdurre il delitto di tortura nel codice penale, alla modifica della legge liberticida sulle droghe, al ritorno alla legalità costituzionale nelle carceri. Nel nome della partecipazione, della democrazia, dei diritti di tutti, le proposte vanno sostenute e diffuse.
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