Gli Stati esistono per minacciare, preparare o fare la guerra. Lo conferma quanto accade intorno all’Ucraina. Rispetto alla guerra dichiarata nel 2001 contro il terrorismo islamico, secondo Enrico Euli, la nuova guerra sarà più vicina e più dolorosa anche per noi europei. “E metterà a dura prova la nostra pur enorme capacità di proseguire a far finta di nulla…”
L’unica opzione degli stati è sempre e solo la guerra: la sua minaccia, la sua preparazione incessante, la sua attuazione. La guerra convive tenacemente sotto traccia e sotto il terreno delle apparenze, che siano in forme democratiche o in quelle palesemente dittatoriali. E le guerre sono sempre scoppiate, come all’improvviso, indipendentemente dai rapporti commerciali sussistenti e da quella “pace” che essi sembrano garantire e sviluppare, ma che è è già di per sé permeata dallo stesso spirito competitivo e nazionalistico che anima la guerra.
E, che sia fredda o calda, la guerra induce a dinamiche divisive, tra buoni e cattivi, amici e nemici, alleati e perfidi traditori: alla logica dei blocchi contrapposti, che proseguono a sussistere anche quando parrebbero sparire le loro ragioni storiche.
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Perché la Nato non ha chiuso i battenti assieme al Patto di Varsavia? Non si è dichiarata, finalmente, ente inutile e perciò doveva proseguire a sentirsi utile: prima contro il terrore islamico, ora contro il generale Oriente (Russia, Cina, India forse…). D’altronde, com’è che questi si permettono di ricordarci la nostra dipendenza energetica e tecnologica, la nostra piccolezza territoriale e demografica, i nostri debiti finanziari? D’altronde, con il declino – seppur temporaneo – degli attentati e dei virus, non è necessario e salvifico trovare subito un nuovo allarme, inventare una nuova emergenza?
Gli Stati Uniti, comprendendo che la guerra economica mondiale dei commerci e delle finanze volge verso una loro disfatta, accampano pretesti e armano le loro leve militari per riprendere controllo sul mondo e – soprattutto – sull’Europa. Tenteranno, ancora una volta, di rifare la loro guerra qui da noi. E noi ci saremo ancora, trascinati come schiavi o muli, che portano le loro some, pur di ricevere le briciole dei futuri dividendi. E noi ci saremo ancora: a far usare le nostre basi militari – d’altra parte, perché esisterebbero altrimenti? -, a inviare truppe, a bombardare e a uccidere, e a temere feroci rappresaglie sulle nostre città.
La guerra al virus, condotta dai nostri comandanti in capo (ministri, esperti scientifici), piccoli grandi bulli al potere, è come sempre riuscita a generare moltitudini di figli obbedienti e riconoscenti e minoranze ribelli di pecore nere della famiglia. Ora iniziamo a vedere gli effetti della violenza paternalistica così a lungo perpetrata e che non si converte (il Comitato Tecnico Scientifico persiste a voler prolungare l’uso del pass e l’obbligo vaccinale per tutti i mesi futuri).
La violenza bullistica dei grandi genera la violenza bullistica tra i piccoli: crescono disagi, autoaggressioni, violenze sociali, suicidi, disperazioni. Dopo la guerra al virus, che ci ha reintrodotto in un clima bellico ed allenati al peggio (chiusi in casa, coattivamente mascherati e vaccinati, sotto coprifuoco), siamo stati preparati a una nuova e vera guerra permanente. Rispetto a quella che già era stata dichiarata nel 2001 contro il terrorismo islamico, sarà però più coinvolgente, più vicina, più dolorosa anche per noi europei. E metterà finalmente a dura prova la nostra pur enorme capacità di proseguire a far finta di nulla.
Enrico Euli è ricercatore alla Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari. Ha pubblicato vari testi, l’ultimo è Fare il morto per Sensibili alle foglie. I suoi articoli nell’Archivio di Comune sono leggibili qui
elisabetta dice
Finalmente una riflessione su questa guerra che mi trova in pieno accordo, grazie fratello