Malgrado la guerra in Ucraina sia al centro di un racconto mediatico internazionale senza precedenti non sembra esserci spazio per il tema del debito. Eppure, mentre i governi occidentali si disperano per quanto accade, le loro banche non smettono di fare profitti grazie all’enorme debito maturato da Kiev negli anni precedenti. Intanto, migliaia di persone comuni russe potrebbero pagare un prezzo altissimo, considerando che tra le sanzioni c’è il divieto di trattare il debito. Infine, la feroce e antica guerra del debito precipita in diversi paesi, tra cui l’Italia, nei quali la guerra e l’aumento del costo dell’energia moltiplicano in modo esponenziale la crisi economica
Notizie devastanti arrivano ogni giorno dall’Ucraina. Ciò che non viene riportato è l’enorme onere del debito che il paese sta affrontando. Nonostante l’invasione, il paese sta ancora pagando i suoi creditori. Non solo, l’Ucraina è costretta ad assumere nuovi debiti per pagare la crisi e i bisogni urgenti del suo popolo. Solo quest’anno, il paese dovrebbe rimborsare 7,3 miliardi di dollari a istituti di credito stranieri. Il popolo ucraino sta combattendo per la sopravvivenza, eppure ogni giorno vede le risorse essenziali fluire fuori dal paese. Se l’Ucraina continua a pagare il debito, le banche occidentali e gli hedge fund potrebbero realizzare profitti del 300%. I governi dei paesi ricchi devono fare un passo avanti.
L’aggressione orribile di Putin all’Ucraina ha fatto scattare sanzioni finanziarie contro Mosca e gli oligarchi russi. Tra le sanzioni vi è anche quella che colpisce il debito sovrano di Mosca. «Il governo russo non potrà più raccogliere fondi in Occidente né trattare il nuovo debito sui nostri mercati». Ma perché nel mirino anche il debito russo? Partendo dal presupposto che il Pil della Russia è più basso di quello dell’Italia nel 2020 il debito pubblico della Federazione Russa è aumentato del 39,9%, pari al 17,8% del PIL. La maggior parte del debito estero russo totale, nello specifico il 67,4%, è ricaduto su titoli di Stato denominati in valuta estera, del valore di quasi 39 miliardi di dollari. Confrontato con il nostro debito pari, nel dicembre scorso, a 2.678,4 miliardi, sembra pochissima cosa. Ma quel che conta è il nostro rapporto del debito con il Pil, che nel 2021 si è attestato attorno al 150%.
Cosa ci dicono queste cifre? Nel confronto europeo, quello italiano è il secondo più alto debito dopo la Grecia (197,9%) ed è uno dei più alti al mondo. Nell’ottica di una eventuale guerra del debito occorre tener presente che la quota di titoli italiani detenuta dall’Eurosistema nel suo complesso è pari al 28,1% del totale, cui va ad aggiungersi il 4,7% in mano alla Banca d’Italia. Le banche e le altre istituzioni finanziarie nazionali detengono il 34%, mentre le famiglie posseggono solo il 6,5% del debito. Quanto agli investitori esteri, siamo attorno al 27,7 per cento. Possiamo ritenere tale considerevole quota al riparo da rischi? Sì, se le condizioni di mercato continueranno a essere favorevoli. Sì, se l’aumento dei tassi avrà effetti limitati sul fronte della spesa per interessi e se lo spread non tornerà a impennarsi. Sì, se il patto di stabilità verrà ancora sospeso. Ma quest’anno, il gravissimo conflitto in Ucraina e le conseguenti tensioni geopolitiche, l’aumento del costo dell’energia e dell’inflazione non consentono di stare tranquilli. Se vi fosse una escalation della guerra sul debito, la Cina potrebbe agevolmente intervenire a favore della Russia, visto il piccolo debito, ma a noi chi ci aiuterebbe?
Quello che intendo dire è che da queste sanzioni sul debito, come anche come su altre, la Russia potrà facilmente difendersi mentre se fossero, per converso, estese come ritorsione sui debiti maggiori al mondo e sul nostro in particolare, bisognerebbe attendersi il peggio. La Russia, con altri alleati e in particolare con la Cina potrebbe sferrare un duro colpo ai paesi con un debito elevato e tra questi ci sono gli Stati Uniti (133%, in gran parte in mano proprio alla Cina), e il nostro Paese, con troppe basi Nato e pochissima autonomia finanziaria ed energetica. Le sanzioni non sono un’arma di ritorsione efficace e soprattutto sono dannose anche per i paesi che le impongono, specialmente se non hanno le finanze al riparo. Di fatto, le armi finanziarie coinvolgono tutte le popolazioni tanto da poter affermare che anche noi siamo in guerra, pagandola a caro prezzo. A cosa giova aver calcolato questa orrenda guerra che poteva essere evitata?
È arrivato il momento di non dividersi e di considerare che il riarmo globale, il ritorno delle fonti fossili e la perdita di un orizzonte vitale, anche per il pianeta, hanno sconvolto le famiglie non solo ucraine, creando le basi forse anche per un coinvolgimento e allargamento globale del conflitto militare oltreché finanziario. Dire che “Non è il momento del dialogo” significa non poter svolgere nessun ruolo di mediazione e nessuna azione nonviolenta. Rispondiamo a Draghi: “Tacciano le armi, anche quelle finanziarie” e si mettano al centro politiche nonviolente basate su un disarmo integrale anche per il nostro paese, disseminato di basi Nato, in due delle quali – Aviano e Ghedi – sono addirittura depositate 90 testate nucleari.
EUGENIO dice
Concordo pienamente. Purtroppo i fatti mi hanno convinto che il VERO OBIETTIVO di questa guerra non sia un “semplice” riposizionamento strategico di una superpotenza militare (la Russia) rispetto ad un’altra (la NATO, USA in testa), ma sia la stessa UNIONE EUROPEA, il vero competitor economico degli USA (e anche della Russia, essendo territorialmente molto più vicina) in termini di capitali, tecnologia e capacità produttiva. Lo stesso allargamento della NATO verso est nell’ultimo ventennio, privo di senso militare considerando gli armamenti attuali, non è stato altro che una gratuita provocazione atta a destabilizzare la regione “europa” e a preparare il terreno agli avvenimenti attuali.
Anche la BREXIT inglese, attuata da un primo ministro inglese con cittadinanza USA, è sospetta in tal senso.
Lo storico imperialismo americano, ora in difficoltà, coadiuvato dalla “portaerei” inglese, quest’ultima forte dei suoi rapporti privilegiati col continente americano e con gli Stati del Commonwealth, non può permettersi di perdere il suo miglior campo d’influenza e d’affari, anche in termini di vendita di sistemi d’arma ultramoderni e ultracostosi.
Infatti, quest’opera di destabilizzazione progressiva della regione europa, ben descritta nel report preparato dal think tank della RAND CORPORATION “Overextending and
Unbalancing Russia
ASSESSING THE IMPACT OF COST-IMPOSING OPTIONS”, reperibile in
https://www.rand.org/pubs/research_briefs/RB10014.html
curiosamente non fa alcuna considerazione sui gravi rischi e conseguenze che tali “opzioni” (vedi anche quella relativa all’Ucraina) potrebbero avere sui fedeli “alleati” europei, occupandosi apparentemente solo della Russia.
Forse il documento doveva essere intitolato più correttamente “Overextending and
Unbalancing European Union”. Forse gli statisti italiani ed europei non sono così lungimiranti, capaci e preoccupati delle conseguenze di questa destabilizzazione per la popolazione europea. Forse sono solo delle pedine (alcune palesemente “vendute”) agli interessi di una guerra tutta interna al vero potere che governa, quasi in anonimato, il mondo: il neoliberismo (o neoliberalismo) che ci ha insegnato cos’è la “vera” libertà: quella del luccio nei confronti dei pesciolini.
A quando una vera rinascita civile e democratica in Italia ed Europa?
Roberto Renzoni dice
Articolo anch’esso di notevole livello. Chissà perché non ha riscosso
degna attenzione di commenti.