Con l’approvazione dell’ultima legge, quella di bilancio, varata dal governo dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi, si riconosce e definisce la cosiddetta “finanza etica“. Vengono stabilite anche delle agevolazioni per chi la promuove. Tra i soggetti italiani, il più noto è certo la Banca Popolare Etica, che in 15 anni ha erogato il 70 per cento dei suoi finanziamenti ad enti non profit contro la media dell’1 per cento degli altri istituti bancari italiani
di Giulio Marcon
Nei giorni scorsi è stato approvato in Commissione Bilancio il testo della nuova Legge di Bilancio. In un emendamento promosso dal sottoscritto, firmato da 53 deputati di Sinistra Italiana, Pd, Movimento Cinque Stelle e altri e riformulato dal relatore alla legge è stata introdotta una misura che riconosce e definisce la cosiddetta “finanza etica” e stabilisce delle agevolazioni per chi la promuove.
Ci sono in Italia diverse istituzioni di finanza etica e la più conosciuta è la Banca Popolare Etica, che ha oltre 30mila soci. Non finanzia le industrie militari, ma sostiene (oltre che le persone e le famiglie) le organizzazioni di volontariato e di terzo settore. Il 70% dei 23.804 finanziamenti erogati in 15 anni di attività è andato ad enti non profit (contro l’1% della media del sistema bancario italiano). Banca Etica (unica banca a farlo) mette on line tutti i finanziamenti erogati (completa trasparenza) e ha una governance pienamente democratica. Si decide in base al principio “una testa, un voto“.
Quando Banca Etica deve finanziare un progetto avvia una istruttoria di valutazione improntata a principi di sostenibilità ambientale e sociale. I suoi dirigenti sono pagati non più di 3-4 volte lo stipendio medio di un lavoratore (contro i mega stipendi dei manager del sistema bancario tradizionale, compensi che superano di 100 volte e più lo stipendio medio di un proprio dipendente).
I risultati si vedono, perché Banca ha un tasso di sofferenza (persone e imprese che non riescono a restituire i crediti o pagare le rate dei mutui) pari al 2,02% contro un tasso di sofferenza del sistema bancario tradizionale del 7,7%. Di Banca Etica ci si fida.
Ecco perché la decisione del Parlamento di sostenere il mondo della finanza etica attraverso l’approvazione della legge di bilancio è un fatto sicuramente positivo. È un impulso a quella economia solidale di cui il paese avrebbe maggiormente bisogno in questa situazione di crisi.
Abbiamo conosciuto in questi anni gli effetti devastanti della finanza speculativa, dell’economia predatoria, della supremazia del mercato contro l’interesse collettivo e del bene comune. È ora di cambiare pagina e di rivolgerci alla finanza etica e all’economia solidale per costruire un nuovo modello di sviluppo in cui prevalgano la giustizia e la solidarietà. Per dirla con il motto della finanza etica: “l’interesse più alto è quello di tutti“.
Non sono d’accordo con articoli come questo, che usano un solo dato per dire quanto è buona una banca rispetto alle altre. Dire che Banca Etica ha erogato il 70% dei finanziamenti a enti no-profit è una ovvietà, dato che la stragrande maggioranza dei suoi correntisti sono proprio enti no-profit, o persone legate a quel mondo, giustamente attratti dall’idea di avere una banca che si comporti eticamente verso fuori e verso dentro.
Personalmente ho vissuto, da ex-presidente di una associazione di promozione sociale di Roma, il processo reale sul finanziamento agli enti no-profit di Banca Etica.
Abbiamo chiesto una fideiussione sulla base di un progetto approvato per il Programma LLP dell’Unione Europea attraverso la sua agenzia nazionale in Italia, per un valore complessivo di circa 120.000 euro. La fideiussione è una copertura che serve nel caso in cui l’ente che la chiede faccia un disastro con il progetto, si rubi letteralmente i soldi, ecc. Questa copertura non è gratuita, ovvero che una volta che la Banca acconsente, si paga (circa il 2-3% del valore del progetto, se non erro). Noi avevamo un conto in Banca Etica. Facciamo la richiesta, mandano presso la nostra sede un socio della Banca a valutarci dal punto di vista ambientale e sociale, e il signore in questione, terminata la visita con la quale aveva intervistato ben 4 soci attivi, ci fa i complimenti per ciò che stavamo facendo e la nostra forma di sostentamento ed eticità di trattamento dei lavoratori.
Bene, la banca ci avvisa dopo alcuni giorni che era stata respinta la richiesta di fideiussione perché non avevamo un patrimonio o un capitale sociale in liquidità che potesse garantire la Banca affinché lei ci garantisse a sua volta. Vado a parlare con il Direttore, il quale cercò di scusarsi in vari modi, dicendo che aveva le mani legate: “Banca Etica”, mi disse, “non si può muovere diversamente dalle altre banche”. Quindi gli chiedo: “Dunque Banca Etica, salvo non investire nelle armi o in fondi spazzatura, è uguale alle altre”. Mi risponde: “Sì”. Me ne vado da lì con almeno la sensazione di aver capito come funzionava il giochetto. Quella sensazione però mi lasciò con il sapore amaro in bocca, tanto che cambiammo immediatamente di banca (alla ricerca dell’etica perduta); e la fideiussione la chiedemmo a un’assicurazione, che ce la fece pagare molto meno e ce la dette in 2 giorni.