Benché gravissima e a lungo taciuta dai media, la devastazione ambientale provocata della guerra in Ucraina è ora in primo piano in numerosi articoli e studi internazionali. Del resto il paese, primo produttore di cereali in Europa, ospita un terzo della biodiversità di tutti i paesi dell’Ue. Le sostanze tossiche rilasciate dalla esplosione di missili, dalla distruzione di edifici, veicoli militari, infrastrutture, industrie e depositi di carburanti e sostanze chimiche sono state disperse nell’atmosfera e nelle acque e sono ormai penetrate nei suoli e nei terreni agricoli
La guerra si è abbattuta su un paese, l’Ucraina, che rappresenta solo il 6% del territorio europeo ma ospita il 35% della sua biodiversità – circa 74.000 animali e piante, di cui molte rare – e in cui si trovano le terre nere più fertili del pianeta.
La guerra sarà la morte del “cuore verde dell’Europa”?
Nel “cuore verde dell’Europa”, attraversato da 200.000 chilometri di corsi d’acqua, ci sono steppe, zone umide, antiche faggete, decine di zone marine e costiere protette e decine di parchi nazionali. L’Ucraina, corridoio importante delle migrazioni degli uccelli, ha un ruolo decisivo a livello internazionale per la sopravvivenza di molte specie; 484 specie di uccelli (di cui 18 a rischio di estinzione a livello globale e 19 che rappresentano il 15% della popolazione europea) popolano 141 aree che nel complesso occupano 2,5 milioni di ettari. Tutte queste zone sono sotto l’influenza diretta o indiretta delle azioni militari. Secondo un rapporto sull’impatto ambientale della guerra in Ucraina apparso nell’ottobre scorso a cura del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), quasi un milione di ettari di aree protette ha subito l’impatto del conflitto.
La guerra, inoltre, ha sospeso i programmi di conservazione, come quello della reintroduzione del bisonte europeo, e nel corso dei mesi interessi economici consolidati hanno cinicamente tentato di approfittare dell’invasione per infrangere le barriere erette con fatica dalle organizzazioni ambientaliste contro lo sfruttamento indiscriminato della natura.
La minaccia rappresentata dalla guerra agli ecosistemi ucraini è particolarmente grave, sia per la loro estensione, sia per la conservazione della biodiversità a livello europeo, ma anche per la loro fragilità e l’urgenza di interventi conservativi che richiederebbero. Già negli anni precedenti la guerra, le aree più importanti dal punto di vista ecologico si sono andate progressivamente restringendo, altre sono state costantemente minacciate dall’occupazione dei suoli, dall’inquinamento, dalla pesca eccessiva, dagli abbattimenti illegali, come quelli avvenuti nelle antiche foreste dai Carpazi ucraini di alberi secolari trasformati in mobili a poco prezzo per l’Ikea.
La guerra ha danneggiato il 32% dei boschi ucraini (600.000 ettari) a causa degli incendi, la cui diffusione è stata favorita dalle monoculture di pini in alcune regioni del paese, degli abbattimenti deregolamentati all’inizio della guerra per “necessità militari” che hanno ucciso o allontanato gli animali e che avranno un grave impatto sull’equilibrio ecologico e sul clima. Un rapporto dettagliato di EcoAction, Climate Damage Caused by Russia’s War in Ukraine, ha valutato in oltre 97 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 causate dai primi sette mesi del conflitto, pari a quelle dell’Olanda per lo stesso periodo.
Dal febbraio al dicembre 2022 la piattaforma Ecodozor ha registrato oltre 29.000 casi di distruzioni ambientali potenzialmente catastrofiche dovute ad attività militari, mentre EcoAction e Greenpeace ne hanno mappato e descritto 840.
Benché gravissimo e a lungo taciuto dai media, questo aspetto della guerra è ora in primo piano in numerosi articoli (Belardinelli; Tarabini) e studi (Pereira et al; Rawtani et al) che hanno richiamato l’attenzione sulle conseguenze irreversibili della guerra agli ecosistemi, danni che si estenderanno a livello globale e che sono già stati osservati in Russia e in Moldavia.
Nello stesso tempo alcune associazioni di medici hanno sollevato l’allarme per la salute umana. Come si legge su “The Union”, l’organo dell’Unione internazionale contro la tubercolosi e le malattie polmonari, nelle guerre contemporanee l’inquinamento uccide più delle bombe. E il rischio ricade in misura maggiore sulle donne, in particolare donne in gravidanza, i bambini, gli anziani, i malati, i profughi e le profughe, le persone delle classi sociali più povere.
Tetiana Perga, studiosa di storia ambientale fuggita da Kiev all’inizio del conflitto, prevedendo un’ulteriore ondata di profughi-e ambientali dall’Ucraina, ha scritto in Ecocide in Ukraine:
Esperti, politici, scienziati e la società civile nei paesi europei dovrebbero pensare al fatto che l’inquinamento dell’aria e delle acque non rispetta i confini. L’Europa ne ha già fatto l’esperienza: negli anni Sessanta e Settanta molti paesi europei hanno dovuto affrontare le piogge acide e nel 1986 la contaminazione radioattiva a causa del disastro di Černobyl’. Ma sembra che nel tempo tutto ciò sia stato dimenticato.
Benché frammentarie e raccolte in situazioni estremamente difficili, le informazioni sul degrado ambientale disegnano una situazione drammatica. Le pagine che seguono si soffermano sulle condizioni dei suoli e degli ecosistemi marini e costieri.
I suoli
La degradazione dei terreni agricoli del paese, tra i maggiori esportatori di cereali, semi e olio di girasole, ha sollevato le maggiori preoccupazioni. Uno studio storico recente, che ha avuto una grande risonanza, ha accertato la persistenza nel suolo di agenti inquinanti, in particolare di particelle di rame, nella zona dove nel 1916 si è svolta la battaglia della Somme. Il fatto che, dopo un secolo, nel 2015, gli agricoltori della Francia settentrionale abbiano dovuto distruggere i loro prodotti a causa della contaminazione, è suonato come un allarme per la sorte dell’agricoltura ucraina e la sicurezza alimentare a livello globale.
Le sostanze tossiche rilasciate dalla esplosione di missili, dalla distruzione di edifici, veicoli militari, infrastrutture, industrie e depositi di carburanti e sostanze chimiche sono state disperse nell’atmosfera e nelle acque e sono penetrate nei suoli e nei terreni agricoli, in particolare nella parte meridionale e orientale del paese e nella regione di Kiev.
Le preoccupazioni maggiori riguardano il černozëm, lo strato fertile di 1-2 metri di materia organica scura accumulatosi nel corso di 10.000 anni sulle steppe euroasiatiche che ricopre i 2/3 del territorio agricolo ucraino. L’impatto della guerra sui suoli è profondo, benché non sempre visibile, ha spiegato la giornalista e divulgatrice scientifica Rebecca Dzombak su “Science & Society”. La forza distruttiva delle esplosioni è capace di rimuovere o smuovere una grande mole di sedimenti e di impoverire il terreno con effetti a lungo termine, di alterare la topografia, di modificare la modalità e la forza con cui l’acqua di distribuisce nel suolo.
Il 30% del terreno è minato, e in parte già contaminato dalle mine, ed è sconvolto dai profondi crateri causati dalle bombe che cambiano completamente l’ecosistema del suolo: l’alterazione del flusso delle acque crea ristagni, la vegetazione è sradicata e gli animali, uccisi o allontanati, lasciano il posto a specie invasive.
Le immagini aeree mostrano ampie aree di campagna completamente ricoperte di crateri. Katerina Polyanska, una giovane ecologa del paesaggio della Environmental People Law che sta conducendo una ricerca sui suoli di alcuni parchi nazionali, a proposito dei crateri causati dal bombardamento delle alture calcaree del Parco nazionale Sviati Hory ha affermato: “Quando si vedono questi crateri, si comprende che il recupero è impossibile”. Le alture e i suoi ecosistemi che si sono formati in centinaia di migliaia di anni, in breve tempo sono stati distrutti.
Questi danni fisici non sono i soli a stravolgere l’equilibrio dei suoli; i terreni umidi ucraini, che dopo il disgelo hanno fatto impantanare i carri armati russi divenendo una metafora della resistenza, sono stati compattati dal peso di questi veicoli e la compattazione del terreno è una forma di degradazione che limiterà la produzione intorno al 10-60% e altererà per anni la sua composizione microbica. Ancora più grave la contaminazione da sostanze chimiche che possono rappresentare un pericolo nascosto se assorbite dalle piante e trasmesse nei prodotti destinati all’alimentazione umana.
Lo stesso destino delle terre del Donbass, dove già nel 2021 la condizione del suolo era considerata irreparabile, conclude Rebecca Dzombak, oggi si profila per una parte ben più ampia del paese e probabilmente a breve non sarà possibile per gran parte degli agricoltori ucraini disporre di terreni non inquinati.
La difficoltà di accedere a cibo e acqua incontaminati è drammatica nel Donbass, regione che già nel 2018, a parere di Leila Urekenova, ricercatrice del UN Environment Program, era sull’orlo di una catastrofe ecologica. Nel Donbas, tra i maggiori bacini carboniferi del mondo – definito in periodo sovietico il “cuore della Russia” – ai danni agli ecosistemi causati da due secoli di estrazione mineraria e dalle attività industriali, si sono aggiunti quelli causati dalla guerra sulla superficie e a livello sotterraneo. Dalle 40 miniere allagate si disperdono sostanze inquinanti e radioattive nelle acque e nel terreno.
Gli habitat marini
Altrettanto gravi i danni agli ecosistemi marini e costieri. Un primo tentativo di monitorarli con l’ausilio delle immagini satellitari, è rappresentato dallo studio The Coastal and Marine Environmentcondotto da CEOBS (Conflict and Environment Observatory) e da Zoï Environment Network apparso il primo febbraio che integra il precedente dedicato all’acqua, in particolare ai fiumi e alle infrastrutture idriche, di cui si è detto in un precedente resoconto.
In Ucraina ci sono ben 22 zone umide che occupano oltre 750.000 ettari, definite di importanza internazionale in base alla Convenzione di Ramsar e altre 45 aree marine protette (Marine Protected Areas, MPA), ma solo nell’1,3% dei casi si può parlare di una reale protezione. Undici di queste zone sono andate perdute durante il conflitto, ad altre è ora impossibile l’accesso.
Il territorio ucraino comprende circa 2.700 chilometri di coste intorno al Mar Nero e al Mar d’Azov, ma dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, l’occupazione della regione del Donetsk, di Zaporižžja e di Kerson, il paese ha perso gran parte delle sue coste meridionali e sudorientali.
La guerra, inoltre, ha interrotto i progetti di inclusione nelle MPA di vaste zone delle coste della Crimea e del Mar d’Azov che avrebbero dovuto essere realizzati nel 2023. Resta tuttora impossibile valutare i danni causati dagli incidenti avvenuti nello stabilimento siderurgico Azovstal presso Marjupol.
Il danneggiamento delle strutture industriali e portuali lungo i fiumi, gli estuari e le coste, delle navi per il trasporto di carburanti rappresentano gravi rischi per il fragile ecosistema del Mar Nero e del Mar d’Azov, sui loro estuari e sulle zone umide aggravando il deterioramento causato da decenni di inquinamento, di pesca eccessiva e anche illegale (ad esempio degli storioni), dal cambiamento climatico e dalla proliferazione di specie esotiche.
Questi danni sono andati peggiorando in corrispondenza dell’andamento delle operazioni belliche navali che da maggio a settembre 2022 hanno avuto una progressiva intensificazione. Il posizionamento di mine da parte di entrambe le parti in conflitto e, da parte ucraina, l’uso dei missili antinave e di droni marini, hanno colpito le strutture portuali in Crimea e un terminal petrolifero. Un rilevante sversamento di carburante è avvenuto in seguito all’attacco ucraino di due piattaforme di perforazione sul Mar Nero; l’incendio che ne è conseguito ha oscurato a lungo il cielo.
Sia nel Mar Nero che nel Mare di Azov sono stati frequenti i casi di navi danneggiate. È il caso della petroliera moldava Millennial Spirit colpita a giugno da un missile russo e probabilmente affondata con il suo carico di centinaia di migliaia di tonnellate di gasolio. Nelle acque che circondano l’isola dei Serpenti è stata affondata da un missile ucraino la nave russa Moskva; tutti i suoi componenti e il suo carico giacciono pericolosamente sul fondo del mare.
Gli intensi bombardamenti sull’isola dei Serpenti, zona marina protetta dal 1998, ha compromesso, forse irrimediabilmente, la sua biodiversità mentre le esplosioni sottomarine hanno avuto certamente un grave impatto sulla vita del mare.
La perdita di vita selvatica nel Mar Nero e nel Mar d’Azov ha avuto una vasta risonanza nei media: un numero imprecisato di delfini e focene, ma presumibilmente migliaia, hanno perso l’udito a causa dei sonar dei sottomarini la cui intensità, accresciuta durante il conflitto, è coperta dal segreto militare.
Benché esistano norme a protezione delle zone di importanza ecologica nel corso delle azioni belliche navali, come quelle previste dal manuale di San Remo del 1994, esse non sono vincolanti e pertanto sono state ignorate.
Le coste e gli estuari
Molte zone costiere sono diventate postazioni di tiro che hanno danneggiato i boschi e inquinato i suoli, mentre la costruzione di trincee ha compromesso il patrimonio floristico e accentuato l’erosione dei terreni. La zona umida dell’estuario del Dniepr è stata fortificata dalla Russia dopo la ritirata da Kerson e in Crimea gli habitat costieri sono stati trasformati in campi di esercitazione militare. Ovunque gli uccelli hanno subito gravi danni, in particolare nella parte meridionale della regione di Kerson, il luogo in cui si trova l’area naturalistica più vasta dell’Ucraina che riveste un ruolo importante nella conservazione della consistenza numerica delle specie rare degli uccelli d’Europa. Che ne sarà degli uccelli migratori che probabilmente non potranno sostare e nutrirsi nelle aree che frequentano da secoli? Sappiamo che ogni mutamento delle condizioni ambientali può minacciare la loro sopravvivenza e che molti uccelli che percorrevano le rotte ucraine, per disorientamento o stanchezza, quest’anno non hanno raggiunto loro antiche destinazioni invernali, come è stato rilevato nel Kashmir. Nel Donestk i gabbiani del Pallas, le beccacce di mare e i beccapesci hanno abbandonato la zona marina di Kyria Kosa.
Anche l’estuario di Bug è un’area importante per la sopravvivenza di numerose specie protette – rettili, anfibi, pesci e uccelli migratori – tutte minacciate dall’inquinamento. Vi si sofferma il rapporto CEOBS-Zoï Environment Network. Particolarmente delicato e vulnerabile, l’ecosistema acquatico del delta del Dniepr è una delle numerose aree protette violate dalla guerra. Esso è situato nell’Ucraina meridionale presso Mykolaïv. Tra febbraio e maggio 2022 la città è stata teatro di una grande offensiva in seguito alla quale le truppe russe hanno occupato gran parte della sponda sinistra dell’estuario. La città è stata oggetto di prolungati attacchi missilistici fino alla “liberazione” di Kerson in novembre. Poche altre città sono state colpite tanto intensamente e tanto a lungo come Mykolaïv e le zone limitrofe. Offensive e controffensive hanno prodotto una enorme quantità di detriti contenenti metalli pesanti, amianto, bifenili policlorurati che si sono riversati nell’estuario.
Altri gravi incidenti hanno aggravato l’inquinamento delle acque. A marzo e a ottobre, in seguito al danneggiamento di una raffineria di allumina, una delle tante strutture industriali sulla sponda sinistra che rappresentano un rischio costante di inquinamento, sono state rilasciate nell’ambiente metalli pesanti, soda caustica, petrolio, residui di bauxite ed elementi radioattivi. Le immagini satellitari hanno rivelato anche il caso di un incendio scoppiato in un terminal di cereali che probabilmente conteneva fertilizzanti chimici e munizioni, sostanze che inevitabilmente saranno entrate nelle acque dell’estuario.
Un altro grave incidente si è verificato al porto di Everi il 16 ottobre quando due enormi serbatoi di olio di girasole sono stati colpiti e migliaia di tonnellate di olio sono fuoriuscite riversandosi prima nelle strade, poi nelle fognature e infine nell’estuario. A questi danni si è aggiunta la decisione sconsiderata di rimuovere i dispositivi di contenimento e assorbimento dell’olio nell’errata convinzione che l’olio di girasole non essendo tossico, ma biodegradabile nell’ambiente marino, si sarebbe depositato sul fondo. Si è dimenticato che nel 1991 un caso analogo di fuoriuscita di olio di girasole ha avuto esiti disastrosi nel Galles. Il movimento delle acque, infatti, polimerizzando l’olio, lo porta in superficie formando un agglomerato simile al cemento che intrappola tutte le creature marine.
Come hanno raccontato i residenti di Shiroka Balka a Novostiam-N, in quei giorni le rive erano disseminate di cadaveri di uccelli acquatici, mentre le anatre, ricoperte di bianca schiuma oleosa, che tentavano di alzarsi in volo ricadevano a terra morte.
“Ricostruzione”
Di fronte alla gravità delle distruzioni, in gran parte irreversibili, causate dalla guerra, come parlare di “ricostruzione”?
Il governo ucraino, avvalendosi della collaborazione delle organizzazioni ambientaliste, pubblica settimanalmente i risultati delle verifiche dei danni agli ecosistemi al fine di ottenere a guerra conclusa le riparazioni, ad oggi calcolate in 50 miliardi di dollari. Come ha scritto il 29 febbraio Jonathan Watts su “The Guardian”, queste rilevazioni hanno in parte uno scopo propagandistico. “In un momento in cui le preoccupazioni per il clima aumentano, il governo ucraino sa come conquistare il cuore e le menti delle persone ricordando al mondo che è una democrazia lungimirante, che produce cibo e che ha una coscienza ambientale, ad essere stata violata da una dittatura basata sull’uso dei combustibili fossili e che ha tanto poco rispetto per la natura quanto ne ha per la sovranità dei suoi vicini”.
Ma con il procedere del conflitto lo scempio ambientale è perpetrato da entrambe le parti; posizionamento di mine, esplosioni causate dalle armi, incluse quelle fornite dall’Europa e dagli Stati Uniti, dispersione di sostanze inquinanti quotidianamente si abbattono sullo tesso martoriato territorio.
Di fronte a un tale vandalismo militare che distrugge ecosistemi a cui nessuna ricostruzione potrà porre riparo, le frasi, ripetute come mantra: “riprendere i nostri territori”, “difendere il nostro territorio”, non sono solo frasi astratte e false della propaganda; conquistare, riconquistare o difendere territori, valori, libertà, ecc. con la distruzione appartiene alla logica patriarcale fondata sulla forza che sta minacciando le fonti stesse della vita sulla terra.
E i danni non si esauriscono con le azioni di guerra, ma vengono pianificati da una politica di “ricostruzione” già orientata allo sfruttamento delle nuove condizioni create dalla guerra, ovvero delle legislazioni di emergenza che si sono sbarazzate delle norme a difesa della natura e dell’indebolimento della voce delle associazioni ambientaliste. Lo hanno rivelato, ad esempio, gli interventi previsti del piano di ricostruzione discusso a Lugano il 4-5 luglio alla Ukraine Recovery Conference, un incontro internazionale promosso da Ucraina e Svizzera, che sono stati criticati dalle organizzazioni ecologiste non governative ucraine come peggiorative delle condizioni attuali. Nel commentare i risultati del Congresso il WWF-Ucraina ed EcoAction hanno scritto: “L’importanza cruciale di ripristinare un ambiente naturale sano per il popolo ucraino non è stato neppure menzionato”. In particolare, Natalia Gozak, direttrice di EcoAction, ha dichiarato: “Noi vediamo che il governo ucraino percepisce “il ripristino ambientale” come un modo di promuovere lo sviluppo del settore nucleare e dei progetti basati sui combustibili fossili (come l’esportazione di gas) […] Noi non possiamo permetterci di continuare a dipendere da soluzioni energetiche insostenibili. Dobbiamo invece pensare a soluzioni a lungo termine”.
Le osservazioni più puntuali ai progetti presentati dal ministro all’ambiente è venuta da Ukrainian Nature Conservation Group (UNCG), come si legge nell’articolo del 5 luglio, The Ministry of the Environment plans to destroy nature under the pretense of “recovery”:
“Molti progetti presentati dal ministro dell’ambiente Ruslan Strilets che dovrebbero essere finanziati dall’Europa sono decisamente negativi per la natura, ad esempio:
- Espansione materiale e delle risorse del paese (ovvero più attività mineraria, deforestazione, ecc.);
- Rinnovo delle foreste (ovvero abbattimento delle antiche)
- Costruzione di 7.500 chilometri di strade forestali;
- Transizione verso la meccanizzazione della raccolta degli alberi con l’uso di macchine per l’abbattimento e il trasporto (ovvero aumento delle dimensioni degli abbattimenti attraverso l’uso di macchine);
- Miglioramento delle procedure di valutazione dell’impatto ambientale e riduzione della durata di tali procedure (ovvero allentamento delle verifiche che possono ostacolare gli affari in contrasto con la sostenibilità);
- Deregolamentazione e facilitazione dell’accesso alle risorse del sottosuolo (non c’è bisogno di commenti);
- Costruzione di sistemi di irrigazione per un milione di ettari e miglioramento di tali sistemi (ovvero ulteriore espansione di una delle cause di degradazione dei fiumi ucraini);
- Restituzione di terreni agricoli ad un uso “economico” (ovvero espansione delle terre coltivate a danno dei pascoli e delle terre ricoperte da foreste naturali e abbandonate);
- Costruzione centrali idroelettriche da 3,5 gigawatt;
- Sviluppo delle vie di trasporto acqueo (ovvero realizzazione del canale navigabile E40 volto a collegare il Mar Baltico con il Mar Nero, progetto a cui gli ambientalisti di almeno tre paesi si sono opposti).
E questi progetti sono solo una piccola parte dei progetti anti-ecologici pianificati dal governo. Allo stesso tempo non vi è alcun sistematico approccio alla conservazione della natura nelle proposte del governo. Le attività veramente vitali per la conservazione della natura non sono riconosciute”.
Un mese dopo l’Ukrainian Nature Conservation Group ha criticato il progetto di privatizzazione dei boschi statali che favorirebbe le grandi compagnie di commercio del legname. “Sfortunatamente, la guerra è un affare lucrativo per molte persone, istituzioni e multinazionali. “Il capitalismo dei disastri”, come lo ha chiamato Naomi Klein, tenderà ad approfittare della guerra e della ricostruzione per fare profitti e continuare la sua marcia distruttiva volta a trasformare in capitale tutte le ricchezze della terra”.
Come ha scritto Nela Porobič, responsabile dell’attività della WILPF per la politica economica femminista, coloro che affermano di avere a cuore le vite e il destino della popolazione ucraina dovrebbero cessare di sostenere un orientamento che mercifica la guerra. “Non possiamo costruire una pace sostenibile, in Ucraina o altrove se continuiamo ad affidarci alle strutture che creano il danno, il militarismo e il neoliberismo, ma dobbiamo abolire queste strutture di violenza e costruire sistemi di solidarietà e cura”, mettendo in atto principi di eco-giustizia fino a che sapremo condividere le ricchezze della terra con tutti i viventi.
[Questa pagina fa parte di Voci di pace, spazio web
di studi, documenti e testimonianze a cura di Bruna Bianchi]
stella gaetano dice
PERCHE’ IL PACIFISMO L’ANTIRAZZISMO IL FEMMINISMO ecc. IERI NON ERANO NELLE PIAZZE? …la CRISI AMBIENTALE ECOLOGICA E DI CIVILTA’ NON E’ IN TERRELATA ? E l’ambientalismo di “professione” dov’era ?
…LO SCIOPERO C’E’ STATO MA DAL SISTEMA MEDIALE UNIFICATO NON VIENE MOSTRATO E RACCONTATO –3-3,ore 16
LO SCIOPERO C’E’ STATO. Con manifestazioni in 50 città. Cosa che , allo stato attuale, nessuna forma politica riesce a fare nel paese. Quelli in carriera politica non se ne sono neanche resi conto. E IL REGIME MEDIALE tutto ha mostrato il suo volto disonesto mediocre servile ignorante… Il Tg3 ha fatto un servizio con un tizio con un microfono in mano e 5 o 6 parole per ragazzo fintamente intervistato. Nessuna panoramica del corteo. Durata un minuto e mezzo. Il Tg2 HA COMPLETAMENTE IGNORATO LA “NOTIZIA”. La 7 ha fatto un servizio di 1 minuto facendo vedere degli striscioni. Tutto a Roma. Le altre 49 manifestazioni non sono esistite per nessuno.IL MANIFESTO oggi non riportava neanche la notizia dello sciopero in programma. E il giorno prima l’EXTRATERRESTRE inserto ecologista (?) del giovedi non preannunciava LO SCIOPERO del giorno dopo. Il FATTO non annunciava lo sciopero di oggi e non lo aveva fatto neanche nei giorni precedenti….Eppure bastavano TRE RIGHE…chiunque oggi ascoltava o leggeva giornali non aveva la possibilità di sapere capire essere informato. Quindi, questa è l’informazione. Alcuni di questi si dicono di “sinistra”. E’ per questo che invito a leggere UN LIBRO USCITO DA POCO. Fa il punto, in modo impeccabile su tutti gli aspetti della CRISI ECOLOGICA CLIMATICA E DI CIVILTA’. E dice anche come e perché SOLO UNA RIVOLUZIONE CI PUO’ SALVARE :”THE CLIMATE BOOK – CREATO DA GRETA THUNBERG- Strade Blu Mondadori –g.s.3-3-23- IL FATTO si accorge (?) oggi , con un articolino in seconda pg. che lo sciopero c’è stato. Critica le manifestazioni ….senza dire a se stesso che NON HA MAI MESSO LA CRISI ECOLOGICA AL POSTO DI “COMANDO”…invito pubblicamente MERCALLI a porre il problema …ed eventualmente a smettere di FARE I NECROLOGI DELLA CATASTROFE CHE AVANZA…così anche per gli EXTRATERRESTRI DEL MANIFESTO…4-3-23
2-3-23 -La crisi ecologica e ambientale è la crisi più grave della storia dell’umanità. Ora non si può più nascondere o negare, come i petrolieri responsabili i governi e i media complici hanno fatto per anni . Se IL RISCALDAMENTO GLOBALE è INNEGABILE E “IRREVERSIBILE” la responsabilità è loro. I PIU’ GRANDI CRIMINALI DELLA STORIA. Degni di UNA NORIMBERGA MOLTIPLICATA. Gli ultimi otto anni sono stati i più caldi di sempre, i ghiacciai si sciolgono come mai, LA SICCITA’ e LA DESERTIFICAZIONE avanzano e persistono, piove sempre meno, quest’anno la neve è il 53% in meno, il Po è ancora in secca e non “recupera” come gli altri fiumi e i laghi, l’agricoltura è già in forte crisi, il Mediterraneo è sempre più inquinato-plastificato e caldo e i fenomeni estremi si fanno sempre più continui distruttivi e dirompenti, le città sono irrespirabili inquinate e causa di morte. E la salute è attaccata sotto molteplici aspetti. Insistere, quindi, con i fossili, e IL GAS E’ UN FOSSILE, è PURA FOLLIA. Ma questo governo continua sulla stessa strada di quelli che l’hanno preceduto. Firma contratti con NUOVI DITTATORI , al posto di PUTIN, e sceglie ancora gasdotti e trivellazioni. Sempre con l’ausilio dell’ENI, che è da anni la principale azienda italiana e trentesima nel mondo per emissioni di Co2 e inquinamento. Ma la FOLLIA del governo italiano si associa a quella dei governi del mondo. Insieme danno ai fossili ben 5900 miliardi di dollari di “contributi”. Con le prime 70 banche al mondo che in 6 anni hanno dato 4600 miliardi di dollari dopo il 2015 e l’accordo di Parigi. Comprese le “nostre” UNICREDIT e INTESA SAN PAOLO. Ecco il punto : BISOGNA CAMBIARE RADICALMENTE IL MODO DI PRODURRE CONSUMARE E VIVERE. Questo sistema, ormai mondiale, ci sta portando ad UNA CATASTROFE IRREVERSIBILE E ALL’ESTINZIONE. Siamo TUTTI COINVOLTI, ma non tutti allo stesso modo. I POVERI DELLA TERRA i lavoratori e i “fragili” stanno già pagando . Ma tutto peggiorerà se Co2 e inquinamento continuano a crescere. Ma siccome I GRANDI INQUINATORI siamo noi occidentali è qui in modo particolare che le cose devono cambiare subito. Tenendo conto che l’1% INQUINA COME IL 50%. Quindi LORSIGNORI non dominano e sfruttano solo ma devastano distruggono inquinano IL MONDO. BISOGNA FERMARLI! CREARE LAVORO “VERDE”e imparare a RIABITARE LA TERRA.
-RIDURRE IMMEDIATAMENTE LE EMISSIONI DI Co2 E CLIMALTERANTI. AZZERARE I SUSSIDI AI FOSSILI PER DARLI ALLE RINNOVABILI. NO AI FOSSILI E AL GAS. Devono restare sotto terra. –CAMBIARE ALIMENTAZIONE E STILI DI VITA : Ridurre-azzerare IL CONSUMO DI CARNE- Per fermare la deforestazione e gli allevamenti industriali- E PER VIVERE MEGLIO- DIVENTARE VEGETARIANI – Cereali legumi verdure e frutta di stagione- Dieta mediterranea- Autoproduzione ecologica e con agricoltura contadina e rigenerativa- Per salvare la BIODIVERSITA’- GAS (gruppi di acquisto solidali) orti individuali e collettivi , filiera corta, Km ZERO- Acqua del sindaco- L’acqua non è merce ma BENE COMUNE- NO ALLA PLASTICA- Ha già inquinato terra mari oceani. CAMBIARE LA “MOBILITA’”per respirare nelle città. Trasporti pubblici elettrici gratuiti locali . Treni tranvie traghetti equipaggi multipli elettrici…o a piedi. BASTA CROCIERE SUPER-INQUINANTI, VOLI AEREI ridotti a indispensabili -BASTA JET DEI RICCHI- e BASTA SUV. – RISPARMIO ENERGETICO nelle case, COIBENTARLE- RACCOGLIERE USARE L’ACQUA PIOVANA, senza sprecarla con “doccia continua”- CHIUDERE LE INSEGNE LUMINOSE nelle città sui monumenti nei giardini , di giorno sempre la sera dalle 9. CHIUDERE I LAVAGGI-AUTO …
Gaetano Stella- Lago di Chiusi -02-03-23
Passaparola!- blog.gaetanostella.it
dd dice
putin un colpo di tumore che lo fulmini