Secondo l’autrice di uno dei saggi più letti al mondo, Shock economy, è ancora possibile trasformare la crisi e la ricostruzione post uragano Sandy in un’occasione per disperdere il potere e per avviare un riequilibrio olistico del nostro rapporto con il mondo naturale.
[…] La raffica di tentativi di usare il potere distruttivo di Sandy come una licenza di saccheggio è solo l’ultimo capitolo di una storia molto lunga che ho chiamato The Shock Doctrine. E questo è solo un rapido sguardo sui tanti modi che le grandi società private stanno mettendo in atto per procurarsi enormi profitti speculando sul caos climatico. Per molto tempo, il cambiamento climatico è stato trattato dagli ambientalisti come una grande bilancia, come un problema che tocca tutti, ricchi o poveri, allo stesso modo. Ma non sono riusciti a spiegarci tutte le miriadi di modi con cui i super-ricchi si possono proteggere dagli effetti meno gradevoli del modello economico che li ha resi così ricchi.
Negli ultimi sei anni, abbiamo visto la nascita dei vigili del fuoco privati negli Stati uniti, assunti da compagnie di assicurazione per offrire un servizio di «concierge» ai loro clienti più ricchi. Come ad esempio la compagnia HelpJet, in Florida, che opera brevi voli charter con servizio a cinque stelle per evacuare le zone degli uragani. «Nessuna fila, nessun problema con la folla, solo un’esperienza di prima classe che trasforma un problema in una vacanza». E per il dopo-Sandy, gli agenti immobiliari di lusso prevedono che a dimostrazione del nuovo status symbol ci sarà un attico e una serie di servizi di classe. […]
Allora abbiamo capito con quale balsamo stanno preparandosi a curare la crisi climatica, e sappiamo dall’esperienza del passato come andrà a finire tutta questa storia. Ma qui arriva la vera domanda: Questa crisi non può presentare nessun’altra opportunità, non ci sarà qualcosa capace di far tenere il potere nelle mani di molti, piuttosto che lasciarlo ancora nelle mani dei soliti pochi ? Qualcosa capace di far godere a tutti i beni comuni, senza doverli mettere all’asta pezzo per pezzo? In breve, Sandy potrebbe dare una scossa alla gente?
Penso che sia possibile. Come ho sottolineato lo scorso anno, ci sono dei cambiamenti che si possono fare e che riuscirebbero a mantenere il livello delle emissioni entro i limiti previsti dalla scienza. Questi interventi includono il riposizionamento delle nostre economie (che quindi avranno bisogno dei contadini nei posti in cui sono sempre stati), di una grande espansione e re-immaginazione della sfera pubblica, non solo per fronteggiare la prossima tempesta, ma per evitare cataclismi ancora peggiori in futuro. Per fare questo bisognerà controllare e regolarizzare tutto quel caos che permette che le mega-società prosperino, limitando la loro influenza velenosa sulla politica e reinventando l’economia in modo che si affermi e si condivida che l’espansione infinita dei consumi non è sinonimo di successo negli affari. Contemporaneamente dovremo intensificare la lotta contro tutte quelle forze che stanno lavorando attivamente per rendere la crisi climatica ancora peggiore.
Con questo tipo di approccio alla crisi potremmo cominciare a ricostruire l’economia reale in un momento in cui tutti abbiamo perso qualcosa con le bolle speculative. Potremmo creare dei lavori continuativi anche quando sono necessari urgentemente e questi lavori potrebbero servire a rafforzare i legami che esistono tra le persone e tra le persone e le loro comunità. Sono questi gli obiettivi che, anche se ancora in teoria, possono risparmiare le vite umane durante le crisi. […]
La ricostruzione che seguirà all’uragano Sandy è un ottimo punto per cominciare a verificare queste idee. A differenza dei capitalisti sciacalli che con la crisi vogliono mettere fine alla corsa della democrazia, quelli del People’s Recovery (come molti del movimento Occupy stanno già chiedendo) stanno pensando a nuovi processi democratici, tra cui le assemblee di quartiere, per decidere qual è il modo migliore per le comunità duramente colpite per cominciare la ricostruzione. È, anche questo, un modo per ribadire il principio fondamentale che si devono affrontare le due crisi gemelle di disuguaglianza e cambiamento climatico, allo stesso tempo.
Per cominciare, questo significa che la ricostruzione non si deve limitare a creare posti di lavoro, ma i posti di lavoro devono essere pagati con un salario che permetta di vivere. Significa non solo maggior presenza pubblica, ma energia efficiente e alloggi a prezzi accessibili che si devono ottenere grazie a questa ricostruzione. Questo significa non solo un potere gestito da persone differenti ma anche una comunità democratica che ha facoltà di controllare la realizzazione dei suoi progetti. […] Significa mantenere il polso fermo contro la continua espansione del settore dei combustibili fossili anche in nuovi territori ad alto rischio, dove si trovano sabbie bituminose, o si esplora il sottosuolo con il fracking, si esporta carbone verso la Cina o si perfora l’Artico. Significa, in pratica, riconoscere i limiti delle pressioni sulla politica e ignorare completamente le richieste delle imprese di combustibili fossili […].
Stiamo facendo una corsa contro il tempo: o questa crisi diventerà l’occasione per un salto qualitativo, un riequilibrio olistico del nostro rapporto con il mondo naturale, oppure diventerà un’opportunità per il più grande disastro capitalista nella storia dell’umanità, un tutto lecito per tutti che lascerà il mondo ancora più brutalmente spaccato in due: vincitori e vinti.
Quando ho scritto Shock economy, stavo documentando i crimini del passato. La buona notizia è che questo crimine è in corso e abbiamo ancora la possibilità di fermarlo. Facciamo in modo che questa volta siano i buoni vincere.
(Fonte: Thenation.com 5 novemnre 2012, una versione completa e tradotta di questo articolo la trovate su comedonchisciotte.org).
Lascia un commento