Mentre gli Stati Uniti rafforzano (e fanno soprattutto rafforzare al Messico) il muro della frontera sud che deve impedire l’accesso alle carovane dei migranti in fuga dal Centroamerica, per una di quelle bizzarre e paradossali coincidenze “storiche” della cronaca politica, potrebbe simbolicamente aprirsi un flusso in senso contrario dal forte significato in tema di culture e diritti. Si tratterebbe di quello verso il Messico delle donne texane che, proprio in questi giorni, hanno subito un attacco senza precedenti al loro diritto di autodeterminazione e alla salute riproduttiva. Dal primo settembre, per le donne texane, scegliere di interrompere la propria gravidanza è diventato praticamente impossibile, perfino nei casi più estremi. Meno di una settimana più tardi, martedì 7, nei tribunali di tutto il Messico è diventato impossibile processare le donne che ricorrono all’aborto volontario, punito fino ad oggi con il carcere fino a tre anni in gran parte del paese. Una vittoria davvero epocale della tenace e coraggiosa lotta delle donne messicane che ora si spera possa segnare uno spartiacque e magari un effetto domino per l’affermazione della libertà e della dignità delle donne di tutta l’America Latina
La Corte Suprema di Giustizia del Messico afferma all’unanimità, per la prima volta nella storia nazionale, che è incostituzionale la penalizzazione dell’aborto volontario e che essa viola il diritto a decidere da parte delle donne e delle persone in gestazione. A partire da questa risoluzione si invalida l’articolo 196 del CP di Coahuila, che imponeva fino a tre anni di carcerazione per chi abortiva volontariamente. Il criterio si considera valido in tutto il Messico.
“A partire da oggi non si potrà più processare alcuna donna che abortisca nelle modalità prese in considerazione da questo tribunale”, ha detto il presidente della Corte, Arturo Zaldívar. Si tratta, ha aggiunto, di una “nuova rotta di libertà, chiarezza, dignità e rispetto e di un gran passo nella storica lotta per l’uguaglianza e l’esercizio dei diritti delle donne”.
La giustizia messicana apre così un cammino molto rapido per l’interruzione volontaria della gravidanza, una pratica molto diseguale in tutto il paese. Fino a oggi solo in 4 Stati su 32 (Città del Messico, Veracruz, Hidalgo e Oaxaca) l’aborto non veniva considerato un reato. Negli altri Stati le cause ammesse perché non fosse punito erano pochissime (violenza, malformazione e gravissimi rischi sanitari) e spesso del tutto disattese nei tribunali
PIERA dice
L’aborto è decisione estrema valida quando non esiste una efficace regolamentazione delle nascite .
Per ogni donna è un trauma da cui non ci si riprende e scuote ogni nostra convinzione di madri e mogli egregie !
E’ diritto-dovere di ogni cittadino opporsi a questa infame pratica che, dovrebbe chiamarsi
” omicida ” augurandoci che nelle scuole come nelle famiglie si argomenti una sana educazione sessuale volta, ad eliminare il problema alle radici, invece di provvedere in modo tardivo e limitante a tali imprudenze di percorso !