Mentre si concludono le tappe italiane della Gira Zapatista e il presidente Andrés Manuel López Obrador visita la raffineria petrolifera di Tula, nello Stato dell’Hidalgo, annunciando un investimento di 60 miliardi di pesos per “riammodernare gli impianti”, opera lasciata inconclusa dal suo predecessore, il Chiapas affonda in un abisso difficile perfino da guardare. Decenni di campagna anti-zapatista del governo federale hanno lasciato profonde scie di corruzione e violenza e il peggio è arrivato negli ultimi tre anni, con il governo di Andres Manuel Lòpez Obrador (Amlo), storico esponente della sinistra populista messicana. Il Chiapas è una chiara prova della scomparsa dello Stato di diritto, che travolge il mondo intero. La legge è usata come garanzia dell’impunità. Le norme sono applicate in modo casuale e appellarsi ad esse è inutile. Crimini efferati vengono continuamente commessi di fronte all’indifferenza o alla complicità delle autorità, della polizia e della Guardia Nazionale, mentre il sistema giudiziario è al servizio del miglior offerente, scrive Gustavo Esteva. Non si può più distinguere il mondo della criminalità da quello delle istituzioni. I cartelli del narcotraffico occupano territori e sfere dei governi e questi usano i gruppi criminali come strumento di controllo sociale. Entrambi lacerano il tessuto sociale che permetteva la convivenza o almeno la sopravvivenza
Il Chiapas non è sull’orlo dell’abisso. È già caduto in un abisso che sembra imperscrutabile. Una tale caduta provoca immense sofferenze a coloro che vivono lì. Il loro dolore e la loro rabbia spesso esprimono disperazione. Non trovano via d’uscita da una situazione che ci sta cadendo addosso dappertutto. È cinico asserire che dobbiamo imparare a spese degli altri. Ma la solidarietà con coloro che sono lì può servire da autoprotezione.
Lì c’è una storia antica, fatta di secoli di scandalosa oppressione. Nel 1994 alcuni chiapanechi dissero che lo spirito rivoluzionario era finalmente apparso in Chiapas: con 200 anni di ritardo rispetto alla rivoluzione francese e quasi un secolo dopo quella messicana. Affinché lo zapatismo non si diffondesse, il governo, ad esempio, distribuì terra a vanvera, riempiendo i proprietari delle fincas di denaro e rancore. [Il governo pagò prezzi esorbitanti per le terre espropriate, spesso lasciate incolte – ndt]. La riforma agraria cominciò finalmente ad essere attuata nello Stato.
Decenni di campagna anti-zapatista del governo federale hanno lasciato profonde scie di corruzione e violenza, consolidando nel potere politico ed economico dello Stato un gruppo irresponsabile e criminale, tanto razzista quanto illegittimo. Il peggio è arrivato negli ultimi tre anni, quando sono cadute sul Chiapas tutte le espressioni delle fobie e delle manie che caratterizzano l’attuale amministrazione, con una grave disgregazione delle basi di convivenza per l’arrivo di forze esterne: la Guardia Nazionale e i cartelli [della droga, ndt]. Sono strumenti per gestire l’oscena e permeabile barriera alla migrazione di massa dall’America Centrale e per altri scopi.
Il Chiapas è una chiara prova della scomparsa dello Stato di diritto, che travolge il mondo intero. La legge è usata come garanzia dell’impunità. Le norme sono applicate in modo casuale e appellarsi ad esse è inutile. Crimini efferati vengono continuamente commessi di fronte all’indifferenza o alla complicità delle autorità, della polizia e della Guardia Nazionale, mentre il sistema giudiziario è al servizio del miglior offerente.
In Chiapas, abbondano le prove dell’associazione di gruppi criminali con funzionari di tutti e tre i livelli di governo [federale, statale, municipale – ndt], con società private e con cacique locali. Non è possibile distinguere il mondo della criminalità da quello delle istituzioni. Il narco-stato ha un altro significato. I cartelli occupano territori e sfere dei governi e questi, da parte loro, usano i gruppi criminali come strumento di controllo sociale. Entrambi lacerano il tessuto sociale che permetteva la convivenza o almeno la sopravvivenza.
Per organizzare il pensiero e l’azione non è più possibile fare generalizzazioni. I giudizi morali e le conclusioni analitiche diventano confusi se espressi in categorie o classi. Il caso dei Motonetos, gruppi di giovani in scooter che attraversano San Cristóbal commettendo abusi, è un buon esempio. Alcuni sono nati per proteggere i loro quartieri dal crimine: arrestavano i ladri e li consegnavano alla polizia. Una volta motorizzati, hanno iniziato ad essere assunti da autorità e organizzazioni per altri scopi. Sono costituiti da indigeni urbani, il che implica che sono stati sottoposti a umiliazioni e disprezzo da quando sono nati.
Di fronte alla violenza scatenata, suona bene predicare la nonviolenza, ricordare che l’“occhio per occhio” ci lascia tutti ciechi. I gruppi di autodifesa, armati per affrontare i criminali, dovrebbero essere condannati? O al contrario, dovrebbero essere osannati tutti quanti, come un’opzione autonoma di quartieri e comunità, anche se non è ben noto chi c’è dietro ogni gruppo, chi li arma, al servizio di chi agiscono?
In tutto il mondo si sta approfondendo la trasformazione di un modo di produzione in un modo di espropriazione, che ha bisogno di usare il controllo e la paura. Piuttosto che organizzare la produzione e il consumo per il profitto di alcuni, si cerca un saccheggio continuo e generale, che richiede inevitabilmente l’uso della forza. In mezzo alla confusione, al disordine e allo smarrimento, diventa chiaro che non ci si può aspettare nulla dall’alto. Il colore ideologico di coloro che presiedono i governi e le grandi imprese è irrilevante. E in basso? Cosa fare qui in basso, quando i quartieri e le comunità sono già contaminati da ogni tipo di forze e intimidazioni?
Non ci sono risposte chiare. Una di esse consiste nella costruzione di catene di fiducia, quelle che si creano da persona a persona, che si basano sull’esperienza e sull’impegno reciproco, quelle che si intessono a partire dall’amicizia e dall’interazione diretta e personale. Riparano il tessuto sociale lacerato giorno dopo giorno. Contano anche, e in modo decisivo, i legami e gli spazi di comunità e di quartiere che sono riusciti a mantenersi e prosperare, nonostante l’orrore, e oggi costituiscono solide organizzazioni per intraprendere la ricostruzione dal basso. Spesso riflettono anni di impegno da parte di organizzazioni ecclesiali di base o gruppi di altra natura.
Il Viaggio in Europa degli zapatisti, La Travesía, assume un nuovo significato in queste circostanze. Le notizie che ci arrivano da lì cominciano ad essere fonte di speranza. Le zapatiste e gli zapatisti hanno ascoltato con attenzione l’Europa ribelle, quella che sta in basso, e imparano da essa cosa si può fare anche nelle condizioni più difficili. Inoltre, tessono con gruppi agguerriti ed esperti legami di solidarietà e mutuo aiuto che saranno decisivi se le cose, per quanto già terribili, peggioreranno ancora.
Fonte: “Ante el abismo”, in La Jornada
Traduzione a cura di Camminardomandando.
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Tremila persone del municipio di Aldama costrette a rifugiarsi sulle montagne dalla violenza armata dei paramilitari di Santa Martha. La denuncia del Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba)
Il Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) manifesta su preocupazione per l’incessante violenza armata contro 10 comunità del municipio di Aldama, Chiapas, dove si vive ogni giorno in un contesto di tortura.
Le informazioni fornite dalle perone costrette a fuggire dal municipio di Aldama parlano di 47 attacchi con armi di grosso calibro avvenute a partire dalle 5 del mattino del primo novembre. Le aggressioni hanno costretto alla fuga tremila persone, compresi donne, bambini e anziani.
Ne sono protagonisti i gruppi armati provenienti da Santa Martha, Chenalhó, che ancora tengono sotto assedio la gente fuggita dalle comunità di Chayomte, Juxton, Stzelejpotobtik, Chivit, Yeton, San Pedro Cotzilnam, Tabac, Coco e una parte di Xuxchen, tutte costrette ad abbandonare le proprie case e a rifugiarsi sulle montagne.
Il Frayba esprime tutta la sua preoccupazione per l’escalation della violenza verso le comunità di Aldama che continua, grazie all’impunità dei suoi protagonisti coperti dalla tolleranza e dalle complicità del governo messicano, da ormai 5 anni in questo territorio de Los Altos de Chiapas. Per questo esigiamo che si ponga fine immediatamente a questa situazione e che il governo dello Stato e quello federale cessino di far finta di non vedere l’orrore che vive ogni giorno il popolo maya tsotsil di Aldama e Santa Martha.
Chiediamo alla solidarietà nazionale e internazionale di esprimere il suo ripudio a questa violenza in Chiapas rivolgendosi
– Lic. Andrés Manuel López Obrador. Presidente Constitucional de México.
Palacio Nacional-Plaza de la Constitución s/n. – 2° Piso. Col. Centro. Delegación Cuauhtémoc. Cd. de México CP: 06066.
Fax. (+52) 55 5093-4800, 55 5093-5300 Exts. 4103/4882.800-080-1127 Atención Ciudadana. Correo: y
Twitter: @lopezobrador_
– Lic. Adan Augusto López Hernández. Secretario de Gobernación de México.
Bucareli 99, Edificio Cobian. 1er. piso. Col. Juárez. Delegación Cuauhtémoc. Ciudad de México. C.P.06600. Fax: (+52) 55 5093 34 14. Correo:
– Lic. Alejandro de Jesús Encinas Rodríguez. Subsecretaría de Derechos Humanos, Población y Migración.
Bucareli 99, Edificio Cobian. 1er. piso. Col. Juárez. Delegación Cuauhtémoc. C.P. 06600. Ciudad de México. Fax: (+52) 55 5128-0000 Ext. 33077Correo: y
Twiter: @A_Encinas_R
– Lic. Rosario Piedra Ibarra. Presidente de la Comisión Nacional de Derechos Humanos. Edificio “Héctor Fix Zamudio”, Blvd. Adolfo López Mateos 1922, 6°piso. Col. Tlacopac San Ángel.Delegación Álvaro Obregón. Ciudad de México. C.P. 01040. Fax: (+52) 0155 36 68 07 67. Correo:
Twitter: @CNDH.
– Lic. Rutilio Escandón Cadenas. Gobernador Constitucional del Estado de Chiapas. Palacio de Gobierno del Estado de Chiapas, 1er Piso Av. Central y Primera Oriente, Colonia Centro, C.P.29009. Tuxtla Gutiérrez, Chiapas, México. Fax: +52 961 61 88088, + 52 961 6188056; Extensión 21120. 21122.Correo:
Twitter: @RutilioEscandon
– Lic. Victoria Cecilia Flores Pérez. Secretaria General de Gobierno en Chiapas. Palacio De Gobierno, 2o. Piso, Centro C.P. 29000 Tuxtla Gutiérrez, Chiapas. Conmutador: (961) 61 8 7460 Ext. 20003.Correo:
– Lic. Juan José Zepeda Bermúdez. Presidente de la Comisión Estatal de Derechos Humanos.Avenida 1 Sur Oriente S/N, Edificio Plaza, 3er y 4to piso, Barrio San Roque C.P. 29000 TuxtlaGutiérrez,Chiapas. Conmutador: (961) 602 89 80; 961-60289-81 Ext. 206; Lada sin costo 01800-55-282-42Fax:(961) 60 2 57 84.Correo:
Puoi firmare la petizione per l’azione urgente qui, in fondo all’articolo
Un appello assai simile è stato rivolto da: Mujeres y la Sexta México, la Red de Solidaridad con Chiapas de Rosario y Alerta Feminista di Parigi (Francia)
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