Amazzonia, Siberia, Groenlandia, Artico e Antartico, India…Gli effetti devastanti dei cambiamenti del clima si scatenano ovunque. Perfino da queste parti, a scala certo minore, non mancano, è soprattutto l’agricoltura che comincia a risentirne: 14 miliardi di danni, secondo la Coldiretti, negli ultimi dieci anni. Certo, in queste “drammatiche” settimane d’agosto, media e parlamento italiano avevano ben altro a cui pensare. Eppure, piuttosto lontano dai riflettori, c’è un gran numero di persone che ha compreso bene la gravità della minaccia e si muove di conseguenza. Sono quelli della rete Extinction Rebellion, ad esempio, e poi i ragazzi di Fridays for future, i movimenti contadini e, naturalmente, i popoli indigeni dell’Amazzonia e di quasi ogni altra zona del pianeta. Dovranno rafforzare i legami con chi è già impegnato, da diverse prospettive, a cambiare in profondità la rotta autodistruttiva del sistema dominante: chi si batte contro il patriarcato, per la libertà di migrare, la difesa dei beni comuni e dei territori, l’affermazione della dignità di ogni persona ed essere vivente. Dalla capacità di affrontare qui e ora la questione della crisi climatica dipende, in fondo, anche la possibilità di ricondurre la politica al suo significato originario, che è quello di autogoverno. Cosa che non potrà mai realizzare una manovra chiusa nel quadro dell’attuale sistema politico, tutto legato al mito fasullo e ormai palesemente devastante della “crescita”, magari con qualche ipocrita postilla sullo sviluppo “sostenibile”. Il tempo per agire è ora, quello delle promesse è scaduto

L’Amazzonia brucia, liberando milioni di tonnellate di CO2. La Siberia brucia, emettendo altro CO2 e immense quantità di metano. I ghiacci della Groenlandia si sciolgono a ritmo vertiginoso e così anche la banchisa polare, le calotte glaciali dell’Artico e dell’Antartico e tutti i ghiacciai del mondo. In India, in preda alla siccità, muoiono di sete migliaia di persone e in tutto il mondo, Mediterraneo e Italia compresi, si moltiplicano i fenomeni metereologici estremi: ondate di calore, tempeste tropicali, gelate fuori stagione. Sono tutti effetti della crisi climatica in corso e al tempo stesso cause del suo rapido aggravamento.
Di tutto questo non c’é alcun riflesso nel Parlamento italiano né nelle manovre per formare un nuovo governo. Le istituzioni del nostro paese non si sono solo allontanate dai cittadini (e viceversa). Sono ormai lontane mille miglia dalla realtà (come lo sono i media che si occupano delle loro vicende). Ma è così anche in quasi tutto il resto del mondo.
C’è però in Italia e in tutto il mondo un “popolo” che quei fatti li ha messi al centro dell’attenzione, delle sue preoccupazioni e della sua iniziativa: i giovani di Fridays for future, che è un movimento mondiale la cui crescita non si fermerà più; la rete di Extinction Rebellion; i tanti movimenti contadini che difendono un’agricoltura sostenibile come Via campesina che riunisce 400 milioni di agricoltori; i popoli indigeni in lotta contro la devastazione dei loro habitat, in particolare l’Amazzonia, oggi sotto attacco, ma che sarà al centro di un sinodo voluto da Papa Francesco.
È statisticamente quasi impossibile che tra i mille parlamentari italiani non ce ne sia nemmeno uno che non si renda conto di quanto sia criminale ignorare la crisi climatica. Se anche in pochi, approfittando della visibilità che avrebbero in questo momento, formassero un raggruppamento interpartitico, non per “mettersi alla testa” dei movimenti già attivi in questo campo, magari con mire egemoniche (non ne avrebbero alcun titolo), ma per porre la crisi climatica e ambientale al centro delle loro preoccupazioni, potrebbero gettare un pesante masso nello stagno delle trattative per la formazione del nuovo governo e tutto il quadro politico potrebbe venirne scompaginato anche nel caso di eventuali elezioni.

Si tratterebbe di mettere all’ordine del giorno, non solo del Parlamento, che su questo tema per ora è sordo, ma del pubblico più vasto possibile, non l’inserzione dell’ambiente come una postilla in programmi inconcludenti e di facciata, ma la necessità inderogabile di una svolta radicale: abbandonare al più presto i progetti, le attività e i consumi responsabili delle maggiori emissioni climalteranti per promuovere ovunque impianti, sistemi e consumi a emissioni basse o nulle. Molte misure da assumere sono impopolari e per molti inaccettabili. Ma, di fronte all’evidenza dei fatti, questi atteggiamenti non dureranno a lungo anche perché i movimenti in campo per esigere un cambiamento radicale delle politiche cresceranno mano a mano che la crisi climatica farà sentire i suoi effetti.
Inoltre quei movimenti sono già fortemente intersecati dalle altre correnti di pensiero e di azione impegnate sulla prospettiva di un mondo diverso: il movimento delle donne contro il patriarcato e le sue tante manifestazioni, la solidarietà contro l’abbandono e respingimento dei migranti, le mobilitazioni contro la devastazione di territori e comunità in nome di progetti senza avvenire come NoTav o NoTap, i movimenti contro la guerra e le armi.
Certamente più difficile, nell’immediato, sarà raccogliere adesione e rivendicazioni di chi oggi lotta o vorrebbe lottare per difendere reddito o posto di lavoro, contro disoccupazione e precariato, per la casa, la salute, l’istruzione. C’è ancora da battere una cultura – negata a parole, ma confermata dalle scelte di tutte le forze politiche – che continua a contrapporre tutte queste cose alla difesa dell’ambiente; ma è e sarà sempre più chiaro che quelle rivendicazioni non avranno più alcuna possibilità di realizzarsi nella prospettiva di una generale catastrofe climatica.

Dalla capacità di affrontare qui e ora la questione della crisi climatica, senza aspettare che a muoversi siano altri paesi e altri Governi, ma con la convinzione che l’esempio ha un effetto trascinante e che chi la affronta prima si troverà in vantaggio mano a mano che gli effetti della crisi si faranno più pesanti, dipende alla fine anche la possibilità di ricondurre la politica al suo significato originario, che è quello di autogoverno. Cosa che non potrà mai realizzare una manovra chiusa nel quadro dell’attuale sistema politico, tutto legato al mito fasullo e ormai palesemente devastante della “crescita”. Il tempo per agire è ora. E se non ora, quando?
Mi sento così impotente nonostante la rabbia che c’è in me.
Cosa posso fere?
In questo contesto, lei ha i sintomi di una persona sana di mente. Suggerisco di leggere “La societa’ industriale e il suo futuro”, per capire le origini del suo malessere e le prospettive possibili.
Ciao Maria, ti consiglierei di partecipare alle riunioni del gruppo Extinction Rebellion più vicino a te.
C’è sempre un bel clima, e molta attenzione ai curiosi; si tiene molto al well-being di partecipanti e attivisti.
Sono sicuro che fin dalla prima contatti sentirai soddisfatta e piena di voglia di agire.
Bello. Guido!! Complimenti..
Ancora che si crede alle favole… Cosa c’entrino, mi chiedo io, questi incendi, con il riscaldamento globale??? Sparate merda senza cognizione di causa. Il riscaldamento globale è una palla, e lo hanno AFFERMATO tutti i massimi scienziati di rilievo internazionale, come il premio Nobel Rubia. Gli incendi sono causati da giochi di denaro, e di abusivismo sociale, se non ancora peggio sono causa di spaventosi giochi politici…
Siamo governati da mostri.
E le religioni nascono per tenervi lontani da DIO…
Ciao Fabio!
Ti prego di sentire anche l’altra campana, e di guardare la conferenza dello scienziato nella forma integrale.
Capirai come il nostro mitico Rubbia sia stato preso e strumentalizzato, in maniera ridicola, dai negazionisti finanziati dalle oil companies.
Forse ti verrà qualche dubbio.
L’obbligo di abbattere le differenze standartizzato nel’organizazzione di un potere che sta tentando di utilizzare la scienza nei risultati che stanno lottando contro le uguaglianze che sono i termini in cui l’huomo deve riconoscere la potenza della vita del mondo che scomponiamo come imperatori delle apocalissi ,è fissato.
Lo vediamo nel crollo degli equilibri planetari,il clima del pianeta.
Per il governo in formazione di Con-te chiediamo un ministro dell’ambiente che con il lavoro del programma E=E promuova azioni tempestive per i risultati che deve avere per tutti “quanti”.
I “quanti! sono le forme del mondo migliore che in ognuno riportano il lavoro nel rispetto di quanto la vera scianza offre a ciascuno perchè viva il “Mondo Migliore”.
Rispetto, dell’altro più vicino compagno di viaggio, con amore per quanto dobbiamo
i giovani debbono lavorare con la coscienza della scienza coniugata al rispetto del “campo” in cui debbono svolgere il loro destino.