Secondo i dati dell’Onu, 48 Paesi spendono più per gli interessi sul debito che per l’istruzione e la sanità. Spiega Marco Bersani: “Il dato finale è che sono 3,3 miliardi le persone che vivono in Paesi nei quali la spesa per il servizio del debito supera quella per i servizi essenziali. Si tratta di quattro persone ogni dieci che abitano questo pianeta e che vivono nella disperazione non perché minacciati da truci soldati in armi ma da sorridenti manager che ogni mattina siedono nel board della propria banca o fondo finanziario…”
Siamo tutti giustamente sconvolti dalle immagini che, da ormai due anni e mezzo, arrivano ogni giorno dalla guerra in Ucraina e da quelle che giungono, altrettanto quotidianamente, dalla Palestina e dal Medio Oriente, dove Israele sta mettendo in atto un genocidio verso il popolo palestinese (almeno 11mila bambini morti nei bombardamenti di Gaza) e aprendo una guerra almeno regionale con l’attacco in Libano. C’è tuttavia un altro genocidio in corso. Non è fatto con missili, droni, bombardamenti e invasioni di truppe. E non prevede nessuna immagine che possa turbare la nostra quotidianità. Non prende di mira un territorio specifico, né un popolo definito. Colpisce i poveri dovunque essi si trovino. E lo fa attraverso il debito. Come cantava con profondità Daniele Silvestri “(…) il mio nemico non ha divisa / ama le armi ma non le usa / nella fondina tiene le carte Visa / e il potere non lo logora (…)”.
Nell’ultimo rapporto dell’Onu, pubblicato il 4 giugno e intitolato “Un mondo in debito: un fardello crescente per la prosperità globale” si lancia l’allarme sull’aumento senza precedenti del debito pubblico, che ha raggiunto nel 2023 il massimo storico di 97mila miliardi di dollari. Per avere un’idea dell’incremento, basti ricordare che nel 2010, il debito pubblico non raggiungeva i 51mila miliardi di dollari. Un terzo di questo debito (29mila miliardi) è stato contratto dai cosiddetti paesi in via di sviluppo, il cui debito sta crescendo a velocità doppia rispetto a quello delle economie più forti. Inoltre, su questo debito gravano tassi di interesse stratosferici, dell’ordine del 6,8% in media per un paese latinoamericano e del 9,8% per un paese africano (da due a quattro volte superiori a quelli degli Usa, da sei a dodici volte superiori a quelli della Germania). Risultato: questi paesi nel 2023 hanno speso qualcosa come 847 miliardi di dollari solo per pagare gli interessi sul debito, con un aumento del 26% rispetto a due anni prima.
L’Onu calcola che siano 54 i Paesi costretti dalla trappola del debito a destinare oltre il 10% delle proprie entrate al pagamento degli interessi e che 48 Paesi spendano più per gli interessi sul debito che per l’istruzione e la sanità.
Il dato finale è che sono 3,3 miliardi le persone che vivono in Paesi nei quali la spesa per il servizio del debito supera quella per i servizi essenziali. Si tratta di quattro persone ogni dieci che abitano questo pianeta e che vivono nella disperazione non perché minacciati da truci soldati in armi ma da sorridenti manager che ogni mattina siedono nel board della propria banca o fondo finanziario.
Per chi pensasse che il problema non lo riguarda, è bene ricordare che anche il nostro Paese, ottava economia mondiale, spende ogni anno oltre 80 miliardi per gli interessi sul debito, destinati quest’anno a raggiungere il record di 100 miliardi (pari a quello che si investe sull’istruzione e poco meno di quanto si destina alla sanità).
Il 2025 sarà l’anno del Giubileo: forse è giunto il momento di rivendicarne il significato originario, chiedendo con forza la cancellazione incondizionata di tutti i debiti insostenibili e illegittimi da parte di tutti i creditori per tutti i paesi del mondo, a partire da quelli più poveri.
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