Negli Stati uniti gli shopping malls cominciano a diventare scatoloni vuoti, superfici ideali da ricoprire di graffiti oppure spazi da convertire per usi pubblici di vario tipo. Nel Natick, complesso di fascia superiore a Boston, ad esempio, si sono realizzati appartamenti in condominio. Un pezzo di centro commerciale a Cleveland, Ohio, fa sapere un articolo pubblicato dall’Economist (qui trovate una traduzione pubblicata dal prezioso sito di Eddyburg) è stato destinato a verde coperto a orti. Scuole a università sono altri possibili inquilini. La University of the Incarnate Word ha affittato alcuni spazi di un altro mall a San Antonio. Vanderbilt, in Tennessee, ha invece ceduto superfici a una struttura sanitaria; ai pazienti vengono anche dati dei buoni da spendere per uno spuntino nell’area ristorazione mentre aspettano il turno. Centinaia di studenti delle superiori a Joplin, Missouri, seguono le lezioni in un centro commerciale convertito, dopo che l’istituto è stato distrutto da un tornado l’estate scorsa.
Insomma, le idee non mancano. Di certo, il problema dagli Stati uniti potrebbe molto presto presentarsi anche nelle città europee. Dalle nostre parti, a proposito dei non-luoghi dell’iperconsumo, i media hanno segnalato in modo distratto l’assoluazione dei trentanove imputati accusati di aver preso parte alla “spesa proletaria” avvenuta il 6 novembre del 2004 nel supermercato Panorama di via Tiburtina (e alla libreria Feltrinelli di largo Argentina). I giudici della X sezione del tribunale hanno emesso una sentenza distante dalle accuse sostenute dalla Procura. Quel giorno, hanno detto i giudici, non c’è stata nessuna rapina pluriaggravata, nessuna lesione, nessuna minaccia e nessuna violenza privata. Eppure erano state chieste per tutti condanne a tre anni e sei mesi di reclusione. Cade inoltre anche l’accusa di aver sottratto beni al supermercato Panorama, per un valore di 36mila euro. Secondo il tribunale l’azione di disobbedienza civile ha visto persone entrare nei due locali solo per manifestare contro il carovita e non con l’intenzione di portare via qualcosa. Gli “espropri” dunque non sarebbero stati compiuti da loro ma da altre persone che non sarebbero state identificate, come confermato da numerose testimonianze.
Nonostante fallimenti, riusi ed «espopri» a Roma c’è chi vuole moltiplicare i centri commerciali: Pescaccio, a due passi da via della Pisana, sarà il più grande centro commerciale d’Italia con 244 mila metri quadrati (tre volte Porta di Roma, sulla Bufalotta, che al momento è il più grande nel commercio romano). Il «Pescaccio center» per ora è solo sulla carta come del resto tutte le altre medie e grandi strutture previste dal nuovo piano del Commercio: un milione e 150 mila metri quadrati di megastore, ipermercati e centri commerciali che si andranno ad aggiungersi al milione e mezzo di superfici già esistenti, negozi del centro e botteghe artigianali, comprese.
Città invisibile è un piccolo collettivo, attento ai temi della decrescita, dell’omonima libreria di Roma (parte della Città dell’altra economia)
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