Il 2023 è stato l’anno dei decreti anti-immigrati. Qui proponiamo un’analisi rigorosa dal punto di vista giuridico ma raccontata in maniera semplice. Abbiamo bisogno di aprire crepe nel razzismo istituzionale
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Premessa
Nel 2023 il Governo ha adottato quattro decreti legge che hanno per oggetto o contengono previsioni in materia di immigrazione. L’articolo ne propone una rassegna critica, fornendo chiavi di lettura dell’azione politica e della politica del diritto in questo ambito.
In estrema sintesi: l’anno è iniziato mettendo subito in chiaro che le navi delle ONG non possono e non devono salvare (troppe) vite in mare, dovendo raggiungere porti di sbarco lontani; è proseguito con la scure sul diritto di asilo, accoglienza e integrazione, insieme a misure civetta sui flussi e sulla caccia agli scafisti sul globo terraqueo; per continuare con l’allungamento dei tempi di trattenimento degli stranieri nei CPR, di cui è prevista la moltiplicazione sul territorio nazionale; per finire con misure contro i minori stranieri non accompagnati, che diventano meno-minori a 14 anni e quasi-maggiorenni a 16 anni. Il tutto condito con diffuse deroghe alle procedure ordinarie degli appalti pubblici per la realizzazione di strutture e la fornitura di servizi, tra cui l’accoglienza.
Alcune costanti uniscono i provvedimenti dell’anno horribilis: l’uso dello strumento del decreto-legge basato su asserite (e mai dimostrate) straordinarie esigenze di necessità e urgenza, suggellate dalla dichiarazione dello stato di emergenza1, anche questa apodittica e non basata su dati concreti, a fronte comunque di un fenomeno strutturale, storicamente fisiologico e destinato ad aumentare2; la finalità e l’effetto di “spianare” i diritti umani e la dignità delle persone, in spregio agli standard costituzionali, UE e internazionali, costringendo i giudici a un crescente ruolo di supplenza; respingere, ostacolare, detenere e rendere la vita delle persone immigrate, bambini/e compresi/e, impossibile, precaria, scomoda, costantemente in bilico.
2 gennaio – Decreto anti-ONG
Il decreto-legge 1/2023, c.d. Codice delle ONG, adottato dal Governo il primo giorno lavorativo dello scorso anno3, ha imposto alle navi umanitarie che effettuano attività di ricerca e soccorso in mare (SAR – search and rescue) il rispetto di una serie di condizioni e regole di comportamento fortemente restrittive, pena il divieto di transito e sosta nelle acque territoriali4 e sanzioni amministrative pecuniarie, nonché il fermo, il sequestro e la confisca della nave.
Le condizioni, da rispettare cumulativamente, mescolano aspetti amministrativo-burocratici (regolarità dei documenti e dei requisiti per la navigazione per la sicurezza, la prevenzione dell’inquinamento, le certificazioni, l’addestramento, le condizioni di vita e di lavoro) e oneri comportamentali, tra cui la segnalazione del soccorso e la richiesta al centro di coordinamento per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera di assegnazione di un porto di sbarco, “nell’immediatezza dell’evento”5, unitamente al suo raggiungimento “senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso”, oltre a stringenti oneri informativi sull’operazione di soccorso alle autorità italiane e l’informativa “immediata” ai naufraghi della possibilità di chiedere la protezione internazionale, con raccolta dei dati in caso di manifestazione di interesse.
Il Codice delle ONG ha un precedente nel Codice di condotta delle ONG del Ministro Minniti nel 2017 (governo Gentiloni)6, mentre il potere di limitare e vietare il transito e la sosta delle navi umanitarie conferma e rilancia la misura già introdotta dal Ministro Salvini nel 20197, all’epoca a capo del dicastero dell’interno. D’altro canto, la novità aggiunta della richiesta immediata di un porto di sbarcosposta il focus dell’ostacolo ai salvataggi in mare dall’originario slogan dei porti chiusi al più sofisticato motto dei porti lontani, con l’ulteriore prescrizione di ivi dirigersi senza ritardo, volta a disincentivare/distogliere le navi dai salvataggi plurimi. Sono state inoltre sostituite le sanzioni penali con sanzioni amministrative, di più facile applicazione e controllo per l’amministrazione e difficile contrasto per le ONG (fuga dalla giurisdizione).
Tante le critiche al Decreto. Dal punto di vista fattuale, le condizioni/azioni richieste sono, all’evidenza, difficilmente compatibili con la realtà concreta di eventi di soccorso e salvataggio di persone in mare, solitamente concitati e pericolosi per gli stessi equipaggi.Dal punto di vista giuridico, le condizioni poste confliggono con gli standard internazionali, tra cui: l’obbligo inderogabile, nazionale, internazionale e consuetudinario, che ricade sul/la comandante di una nave e sullo Stato di bandiera, di salvare la vita a chiunque si trovi in pericolo in qualsiasi parte del mare (il “migrante”, regolare o meno, in quella circostanza è prima di tutto un/a “naufrago/a”)8; l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcare i naufraghi in un luogo sicuro; gli obblighi di tutela e rispetto, in qualunque circostanza, dei diritti umani fondamentali. Inoltre, radicare la competenza per la domanda di asilo allo stato di bandiera della nave, alla base dell’onere di identificare i naufraghi e raccoglierne l’interesse per l’asilo, contrasta con gli obsoleti ma vigenti criteri di determinazione della competenza a trattare una richiesta di asilo del Regolamento UE 604/2013 (Dublino III).
Dal punto di vista politico (e mediatico), sebbene la misura sia stata presentata con l’ormai abusata e mistificatoria formula del contrasto dell’immigrazione irregolare9, l’unica vera finalità, dimostrata da dodici mesi di applicazione, è quella di aggravare i costi e ostacolare le operazioni e l’operatività delle ONG operanti nel Mediterraneo, con conseguente aumento dei morti in mare in assenza di occhi indipendenti a testimoniare10. Altro effetto è quello di continuare a delegittimare e criminalizzare i soggetti che, in assenza di missioni europee di soccorso in mare, salvano vite umane, come prescrive il diritto costituzionale, internazionale, le consuetudini e la morale universale.
Note
1* Avvocata, attivista per i diritti umani, collabora con Re.Co.Sol. – Rete delle Comunità Solidali e altri enti della società civile sui temi delle migrazioni e dell’accoglienza. Email: .
Delibere del Consiglio dei ministri dell’11 aprile 2023, del 5 ottobre 2023, del 9 aprile 2024, tutte e tre per 6 mesi.
2 Secondo stime ONU lo stress idrico da solo potrebbe sfollare 700 milioni di persone entro il 2030 e la Banca Mondiale prevede 216 milioni di migranti climatici interni entro il 2050, a meno di azioni correttive: https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/ATAG/2022/729334/EPRS_ATA(2022)729334_EN.pdf
3 D.L. 2 gennaio 2023, n. 1, Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori (convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2023, n. 15). Le norme hanno modificato il D.L. 130/2020 (art. 1, commi da 2-bis a 2-septies), c.d. Lamorgese.
4 Con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con quelli della difesa e delle infrastrutture e trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri.
5 La prassi dimostra che le navi delle ONG comunicano sempre immediatamente con i Centri di coordinamento marittimo dei Paesi aderenti le aree SAR e in genere sono questi (specie Italia, Malta, Cipro e Grecia) che non rispondono o non lo fanno tempestivamente.
6 Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare, al link https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/codice_condotta_ong.pdf
7 Con il D.L. 53/2019 (conv. con mod. da L. 77/2020), decreto sicurezza-bis, poi ridimensionato con il D.L. 130/2020.
8 La possibilità di vietare il passaggio e la sosta di una nave nelle acque territoriali trova precisi limiti e condizioni nella c.d. legge del mare, che include convenzioni internazionali (UNCLOS, SOLAS e SAR) non soggette a (libere) interpretazioni, come sembra fare questo Decreto, da parte dei Paesi aderenti, compresa l’Italia, ma solo applicazioni, con la conseguente disapplicazione di norme nazionali difformi dagli standard internazionali nei casi concreti da parte dei/lle comandanti delle navi e dei giudici chiamati a valutare la legittimità del loro operato, secondo il sistema della fonti. Vedi ASGI: https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/03/Commento-d.l.-1.2023_def_6marzo.docx.pdf.
9 Non è dimostrato da alcuno studio, nazionale o internazionale, né da alcuna evidenza empirica che la presenza di navi in mare costituisca un fattore di attrazione.
10 In un anno 15 fermi amministrativi di navi, cfr. https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/open-arms-mira. Da ultimo il fermo della Mare Jonio di Mediterranea Humans Saving dopo l’attacco dalla c.d. Guardia costiera libica il 4 aprile 2024.
Il naufragio dei diritti (parte II e III)
Il naufragio dei diritti (parte IV e V)
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