di Lorenzo Guadagnucci*
Qualche anno fa, quando si affacciò sulla scena politica europea, l’ungherese Viktor Orbán fu indicato come un reietto, un uomo politico estremista e “populista” che spingeva il suo paese verso i lidi di un anacronistico nazionalismo, ai margini dell’Unione europea civile e democratica. Orbán tuonava contro le burocrazie europee, cavalcava le campagne contro la minoranza rom dell’estrema destra ungherese (forte – anche – di formazioni paramilitari) e annunciava l’innalzamento di muri contro l’”invasione” in corso dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa bianca e cristiana.
Sono passati anni e Orbán, per quanto sia tuttora osservato con formale diffidenza dalle élite politiche, ha finito per fare scuola, diventando un forte ispiratore delle politiche europee quanto meno in materia di immigrazione.
https://comune-info.net/2018/06/il-naufragio-delleuropa-aquarius/
I muri contro i migranti non sono più un eccesso massimalista agitato da politici populisti – come si diceva all’inizio guardando all’Ungheria – bensì la regola: i fili spinati corrono lungo i confini orientali dell’Unione europea, verso la Grecia e fra Ungheria e Serbia, fra Slovenia e Croazia, a Ceuta e Melilla e così via; muri immateriali cercano di separare l’Unione europea dal resto del mondo nel mar Mediterraneo: sono muri che assumono la forma di accordi con la Turchia e la Libia per la detenzione delocalizzata dei migranti, di pattugliamenti navali congiunti fra Italia e Libia, di provvedimenti che cancellano missioni di recupero e soccorso come Mare Nostrum o che criminalizzano le navi di soccorso delle Ong.
Altri muri sono sorti fra Italia e Francia, prima a Ventimiglia poi lungo le rotte alpine, le vie in passato percorse da fuggiaschi ebrei e antifascisti e ora calpestate dai sandali e dalle inadatte scarpe di persone giunte via mare in Italia e dirette Oltralpe, persone cercate, inseguite nei boschi e respinte dai gendarmi.
La vicenda della nave Aquarius è sconvolgente per il cinismo e la disinvoltura con la quale si usano i corpi di qualche centinaio di persone per condurre una campagna mediatica e politica xenofoba da un lato e di lotta di potere fra Italia e Bruxelles, ma va anche detto che ai tecnocrati dell’Unione – con buona pace di Matteo Salvini – non dispiace affatto l’attivismo del governo Conte nel Mediterraneo: il respingimento, l’ostilità verso i migranti, l’idea dell’Europa Fortezza stanno diventando la linea politica dell’intera Unione.
È possibile che su questa linea vi sia un largo consenso popolare nei vari paesi europei: la paura, l’avversione per l’immigrazione, la chiusura sostanziale dei confini sembrano il presente e il futuro di un continente i cui cittadini sembrano credere sempre meno ai princìpi scritti nelle carte fondative dell’Unione.
Nel Manifesto di Ventotene e nelle intenzioni dei padri fondatori si immaginava una democrazia transnazionale fondata sulla tutela dei diritti umani: pensieri e progetti germinati in un’Europa trasformata nella prima metà del ’900 in terreno di battaglia e luogo di un’immane carneficina, figlia diretta e legittima dell’ideologia nazionalista.
Questi pensieri non sembrano più attuali e l’Europa di sta orbanizzando: si preferiscono i muri e il sovranismo (vocabolo pudicamente utilizzato al posto di nazionalismo) ai rischi e ai cambiamenti impliciti nei movimenti demografici e nei percorsi di democratizzazione transnazionale delle istituzioni.
L’Europa che oggi si guarda allo specchio, a più di settant’anni dallo slancio che ne determinò la nascita, non riconosce più se stessa. Gli Altiero Spinelli e gli Eugenio Colorni, ma anche i De Gasperi e gli Schumann, hanno lasciato il posto a Viktor Orbán e ai suoi seguaci e non dichiarati sostenitori.
Questo è il punto in cui siamo e tocca domandarsi come possa sopravvivere l’Europa unita a simili tendenze; dovremmo chiederci, noi cittadini europei, se la democrazia transnazionale e la dottrina dei diritti umani siano un lusso che non possiamo più permetterci, come sembrano credere gli Orbán, i Salvini e sotto sotto anche le oligarchie europee, oppure un progetto tuttora irrinunciabile e per il quale vale la pena battersi, qui e ora.
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