L’8 e il 9 giugno si vota per il referendum sulla cittadinanza. Proviamo a immaginare cosa accadrebbe subito dopo la vittoria

Dopo aver letto l’interessante contributo di Luigi De Filippi, pubblicato la scorsa su Volere la luna, ho sentito l’esigenza di visualizzare uno scenario post-referendario sul riconoscimento (e non sulla concessione) della cittadinanza italiana alle persone di origine non italiana residenti nel paese da lungo tempo o anche di coloro che sono nati qui da genitori non italiani.
Una contundente approvazione del quesito referendario, determinato specialmente dal forte dato del quorum raggiunto, implicherebbe, per il paese, importantissimi e favorevoli cambiamenti negli aspetti psico-socio-culturali, politici ed anche economici. Proviamo a visualizzare perché.
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Nello scenario che il referendum di cui parliamo possa raggiungere un quorum che superi ampiamente le aspettative del cosiddetto minimo necessario, le conseguenze immediate di un simile risultato richiederanno l’immediata attivazione di una forte e trasversale rete di attori organizzati (soggetti impegnati, società civile, associazionismo, realtà migrante attiva e organizzata, sindacati, partiti politici, ecc.), ben coordinata e con finalità chiaramente condivise per fare effettivo, nella prassi quotidiana, il pieno e responsabile godimento del riconoscimento conquistato con la vittoria referendaria. Con questo vorrei sottolineare che un responso altamente partecipato e positivo del referendum sarà il momento di porre alla prova l’esigenza di mettere subito in campo un potente coordinamento trasversale di forze, di idee, di iniziative e di volontà disposte a valorizzare al massimo il positivo risultato raggiunto. Ma non dobbiamo mai dimenticare che il più importante avversario in questa vicenda referendaria non sarà tanto la propaganda retrograda e negativa (che insisterà sui temi del “regalo” e del “merito”) quanto l’astensionismo. Questo è l’avversario peggiore.
Subito dopo la pubblicazione dei risultati del referendum, è verosimile che si verifichi una rumorosa quanto inutile polarizzazione tra coloro che continueranno a ripetere che la cittadinanza italiana non debba essere un regalo bensì una concessione che gli migranti residenti in Italia si debbono “meritare” (denunciando allarmistiche quanto assurde conseguenze per l’”identità nazionale”), e coloro che celebreranno il risultato come un indiscutibile passo avanti verso una società più aperta e inclusiva; veramente educante e demograficamente più arricchita perché altamente consapevole della grave criticità strutturale dell’inverno demografico che soffre l’Italia da alcuni anni e di cui anche papa Francesco ne ha parlato in diverse occasioni, formali e informali.
A livello politico, la forte e trasversale rete di attori organizzati dovrà iniziare un’azione di pressione pubblica perché le autorità governative inizino subito ad attivarsi per rendere istituzionalmente effettiva la nuova situazione emersa dal positivo quesito referendario. In altre parole, governo e parlamento dovranno mettersi subito al lavoro per aggiornare l’attuale Legge sulla cittadinanza, creare nuove procedure amministrative per accorciare la tempistica del riconoscimento della cittadinanza e attivare efficaci campagne di informazione per spiegare alla collettività i nuovi requisiti e i processi necessari per vedersi riconosciuta (e non concessa né regalata) la cittadinanza italiana. Le forze trasversali che hanno promosso e sostenuto il referendum avranno il diritto/dovere di capitalizzare il successo del risultato, proponendo ulteriori e migliorative politiche di accoglienza e inclusione, senza dimenticare che un ruolo propositivo di primo piano dovrà averlo l’associazionismo migrante perché tale ruolo li responsabilizza fortemente nei confronti della società italiana e del multiverso pluriculturale in generale. Quindi non più comunità a parte ma parte responsabile della comunità che li ha accolti. Insisto su quest’ultimo argomento perché non è concepibile che l’associazionismo migrante assuma un ruolo passivo e/o di indifferenza nei confronti di un referendum che sarà nel loro assoluto interesse e non solo nell’interesse dell’Italia.
Sul versante economico, l’impatto del risultato positivo del referendum comporterebbe un elevato numero di nuovi italiani che potrà fornire al paese nuova (e legale!) forza lavoro in settori chiave della produzione e/o distribuzione che i nazionali rifiutano o snobbano perché non conferiscono status di fronte alla collettività. Le relazioni internazionali dell’Italia potrebbero essere influenzate, con possibili tensioni con i paesi di origine dei molti nuovi italiani (probabilmente a causa della perversa logica del brain drain in un mondo globalizzato), ma anche grosse opportunità per rafforzare i legami diplomatici ed economici. Nel lungo termine, se gestita efficacemente e con il coinvolgimento permanente e responsabile dell’associazionismo migrante, la vittoria del referendum potrebbe portare a configurare una società più dinamica perché ha finalmente deciso di riconoscere come italiani un importante numero di giovani, cioè, nuovi italiani che contribuiranno in modo significativo alla coesione sociale e alla ricchezza relazionale, culturale e multiversale del paese. Sarebbe, comunque, cruciale monitorare attentamente gli sviluppi dello scenario che qui immaginiamo ed essere pronti ad adattare/aggiornare le situazioni in base alle sfide che possano emergere nel corso del tempo.
L’esperienza italiana potrebbe, insomma, diventare un caso di studio per altri paesi dell’Unione che affrontano sfide simili legate alla presenza di persone immigrate e alla loro inclusione sociale perché il post-referendum aprirebbe uno scenario altamente significativo nella storia contemporanea del paese, con opportunità e sfide interessanti e significative. Il successo a lungo termine di tutto questo dipenderà, però, dalla capacità delle autorità governative e della società stessa di gestire una simile trasformazione nella convivenza.
Per concludere: questo scenario ipotetico che abbiamo tentato di configurare in queste poche righe mostra come una vittoria contundente del referendum e la conseguente riforma della vigente Legge sulla cittadinanza, avrà effetti a cascata su molti aspetti della vita collettiva italiana. Mentre porterà benefici effettivi in termini di riconoscimento, dignità e coinvolgimento responsabilizzante dei nuovi italiani, solleverà anche nuove sfide e dibattiti da parte di coloro che non si rassegneranno al nuovo paese che emergerà. Il successo di tutto questo dipenderà dalla capacità di tutte forze trasversali promotrici del referendum, nessuna esclusa, di costruire un senso di “identità nazionale” inclusivo e decisamente più moderno perché in linea con i tempi multiversali e di varietà culturali che viviamo in questa seconda metà della terza decade del XXI secolo.
Edgar José Serrano attualmente ha un incarico presso l’Università degli Studi di Padova, Dipartimento Geografia. Si occupa da tempo di politiche migratorie e cooperazione internazionale e collabora con Recosol/Rete delle comunità solidali.


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