L’Argentina è il primo grande paese dell’America Latina ad approvare una legge sull’aborto. È il risultato di decenni di lotta antipatriarcale, che però dal 2015 , con NiUnaMenos, movimento femminista nato per contrastare l’altissimo numero di femminicidi, è riuscito a sviluppare uno straordinario sapere collettivo sulla violenza maschile, capitalista e coloniale che lega in un quadro strutturale violenza domestica, estrattivismo, indebitamento e finanziarizzazione dell’economia. Quel movimento non si fermerà certo al riconoscimento legale di una delle sue tante vertenze

L’approvazione della legge, che prevede la possibilità di abortire in maniera libera e gratuita fino a 14 settimane (oltre questo termine sono previste eccezioni in caso di stupro e pericolo per la donna) rappresenta un evento storico non solo perché è il risultato di 30 anni di lotta, ma per due motivi molto importanti.
Innanzitutto, l’Argentina è il primo grande paese dell’America Latina ad approvare una simile legge – ad oggi in America Latina è possibile abortire liberamente solo in Uruguay, Cuba e Guyana, oltre che nello stato messicano di Oaxaca.
Quella per la liberalizzazione dell’aborto rappresenta una delle battaglie più importanti in molti paesi della regione, alcuni dei quali, come ad esempio El Salvador, hanno leggi talmente draconiane da prevedere il carcere perfino per donne che hanno avuto aborti spontanei.
La legge argentina avrà inevitabilmente ripercussioni in tutta la regione, rafforzando i vari movimenti femministi e portando a forti mobilitazioni e probabilmente a positivi cambiamenti legislativi.
Già dalla sua formazione, NiUnaMenos aveva svolto un incredibile ruolo propulsivo nella regione nella creazione di movimenti femministi simili, seppur adattati alla realtà concreta di ogni singolo paese.
La seconda conseguenza riguarda proprio il movimento argentino NiUnaMenos, per il quale la lotta per la liberalizzazione dell’aborto rappresenta solo un tassello in un’analisi della società che ha raggiunto un livello di teorizzazione e di sistematizzazione senza uguali al mondo.
Nato nel 2015 come reazione all’altissimo numero di femminicidi nel paese, il movimento femminista argentino è riuscito a sviluppare un sapere collettivo sulla violenza patriarcale, capitalista e coloniale che lega in un quadro strutturale violenza domestica, estrattivismo, indebitamento e finanziarizzazione dell’economia.
Un movimento con un tale livello di coscienza della società in cui si muove, e con una tale potenza e desiderio di cambiare tutto, per usare il titolo del libro della militante e accademica Veronica Gago, non si fermerà certo al riconoscimento legale di una delle sue tante vertenze.

Avendo vissuto in prima persona la vittoria referendaria per l’aborto in Irlanda, ho anche assistito ad un forte indebolimento del movimento femminista in seguito al voto, proprio perché quel movimento si era formato unicamente intorno ad una rivendicazione normativa.
In Argentina la profondità del movimento NiUnaMenos, il suo radicamento territoriale in gran parte del paese, la sua capillarità, la sua forte presenza nelle zone popolari, la sua intersezionalità, il suo essere espressione di una storia nazionale specifica fatta di dittatura, crisi del 2001 e movimento piquetero, ne fanno un attore politico fondamentale nel paese, forse l’attore politico per eccellenza.
La vittoria di ieri rappresenta anche una vittoria sulle chiese – cattolica e evangelica – che hanno fatto di tutto, a partire da Papa Francesco, per bloccare questo voto. Come la stessa Veronica Gago racconta nel suo libro, i curas villeros (preti dei quartieri popolari) hanno svolto un ruolo fortissimo di istigazione all’obbedienza, cercando di costringere le donne delle classi popolari nel ruolo tradizionale della maternità, aiutati in questo dai sussidi sociali, promossi dai governi progressisti, dove l’ottenimento di un aiuto economico è condizionato a compiti legati all’essere madri di famiglia, quali la scolarizzazione e la vaccinazione dei figli.
È proprio in queste zone però che, grazie all’eredità del movimento piquetero, si è sviluppata un’economia popolare, in cui il lavoro riproduttivo è portato fuori dalle mura domestiche dove vorrebbe essere confinato, e diventa economia femminista, ponendo la cura della collettività al centro.
Ed è proprio con il concetto di cura che chiudo questa breve riflessione. Sulle bacheche delle attiviste argentine ho trovato messaggi che, mentre esprimevano giubilo per l’evento storico a cui avevano assistito, invitavano chi aveva partecipato alla vigilia massiva di fronte al parlamento, a isolarsi e a non avere contatti stretti per i prossimi giorni, per evitare il diffondersi del Covid.
Un attivismo che non è spontaneismo, ma strumento posto ai fini di una visione altra della società.
Articolo pubblicato sul blog femministerie.wordpress.com
Un argomento talmente controverso merita un approfondimento dovuto alla scarsa chiarezza di chi, volendo evitare problemi alla famiglia risolve i propri con aborto ed altri mezzi che non sono risolutivi .
Avere figli non è sempre una scelta spontanea ma, è collegata allo scarso potere d’autonomia che la donna, anche se singol, raggiunge durante la sua esistenza e il suo lavoro. Autonomia costituita dalla possibilità di occuparsi della prole, senza dover elemosinare attenzione dai parenti più prossimi o dalle carenti istituzioni .