Stralci da «Disperdere il potere» (Carta/Intra Moenia 2007).
La rivoluzione aiuta la nascita del mondo nuovo ma non lo crea. Quel nuovo mondo, a un certo grado di sviluppo, già esiste (…). La nuova società non è un luogo al quale si arriva, non è qualcosa che si conquista e che quindi sta fuori, né è, tanto meno, qualcosa che si instaura. Le immagini che Marx ci offre del cambiamento rivoluzionario mostrano come la potenza-latenza che si annida nel mondo degli oppressi cresce, sboccia come un fiore. Da qui l’espressione che usa: «liberare» (…). L’idea di «liberare» e i concetti di «auto-attività» e «auto-organizzazione» appartengono alla stessa concezione del mondo e del cambiamento sociale. Una concezione che si fonda sull’idea che i processi si producono naturalmente – parola che invece Marx utilizza – cioè attraverso sé stessi, attraverso le loro stesse dinamiche interne. La dinamica interna delle lotte sociali va tessendo relazioni sociali tra gli oppressi. Relazioni che, in primo luogo, permettono loro di assicurarsi la sopravvivenza, tanto materiale tanto spirituale. Con il tempo e il declino del sistema dominante, sulla base di quelle relazioni, cresce un mondo nuovo, cioè diverso da quello egemone.
Per i movimenti sembrano esistere solo due modi di fare politica: partendo dai limiti o partendo dalla politica. Agire dai limiti presuppone il fatto di mettere al centro ciò che non possiamo fare, implica la decisione di insediarci nell’incapacità (…). Come l’emancipazione, la potenza non è utile, non può trasformarsi in valore di scambio sull’altare del mercato politico (…). Ciò che chiamiamo «potenza» si mette in rapporto con le vicende umane, con le relazioni sociali che gli uomini e le donne in movimento stabiliscono tra loro e con gli altri.
Assolutamente fantastico! Proprio quello che mi ci voleva per la mia tesina! :))