Cinquecento anni dopo il viaggio delle caravelle di Colombo, la Montagna zapatista partita dal “Nuovo” Mondo ha attraversato tutto l’Atlantico ed è arrivata sulle coste della Galizia per far nascere un incontro di ribellioni che vuole dar vita a un mondo nuovo. Un mondo che contenga molti mondi diversi. È un mondo che esiste ma ancora non si vede. È il mondo che restituisce un significato ai semi della speranza e non poteva che presentarsi con un battesimo: “A nome delle donne, dei bambini, degli anziani e delle otroas zapatiste, dichiaro che il nome di questa terra, che adesso chiamano Europa, da qui in avanti sarà: SLUMIL K´AJXEMK´OP, che vuol dire: Terra indomita”, ha detto Marijose. L’ha accolta un abbraccio enorme, quello di chi, in ogni angolo del vecchio continente, sta re-imparando ad ascoltare il suono nuovo e profondo di parole che vengono dal cuore per condividere la vita e le ribellioni

Una gonna tzotzil, due tzeltal, una cho’ol. Tre paia di jeans, però uno infilato in lunghi stivali col tacco alto. Dentro a questi abiti – visiere anticovid e mascherine al posto del passamontagna – el Escuadrón da sbarco 4-2-1, testa di ponte del prossimo contingente aviotrasportato, poggia finalmente i piedi sul vecchio continente. Non conoscono nessuno, ma tutt@ conoscono loro e fanno ala al passaggio dei sette: Marijose, Lupita, Carolina, Ximena, Yuli, Bernal, Felipe.

Cembali, cornamuse e tamburi della fanfara popolare galiziana aprono loro la strada verso la spiaggia dei saluti, poi verso il prato delle celebrazioni. Le delegazioni del vecchio continente abbracciano, con inni e battimani, i volti maya partiti sette settimane fa dalle coste di Abya Yala.

Il capitano della Montagna dice che “è finito un viaggio, ma da qui ne inizia un altro”. Inizia, infatti, col battesimo di questa vecchia terra, affinché possa destarsi e rinnovarsi. Così come i popoli indigeni riscoprono il nome ancestrale della loro geografia, simmetricamente ci portano dall’oltremare un nuovo nome che non recrimina le disgrazie disseminate dalla sua storia, ma si appella a quella sua parte che ancora guarda, cammina, sogna.

E Marijose, che non è né uomo né donna, dichiara: “A nome delle donne, dei bambini, degli uomini, degli anziani e, naturalmente, degli otroas zapatisti, che il nome di questa terra che i suoi nativi ora chiamano ‘Europa’, d’ora in poi si chiamerà: Slumil K’ajxemk’op, che significa ‘Terra Indomita’, o ‘Terra che non si rassegna, che non cede’. E così sarà conosciuta dalla gente del posto e dagli estranei finché qui ci sarà qualcuno che non si arrende, non si vende e non cede”.

Parole tzotzil degli Altos, tojolabal della Selva di confine, tzeltal della selva Lacandona e cho’ol del nord venute “per aprire i cuori e condividere lotte per la vita, esperienze, modi… e per dimostrare al mondo capitalista patriarcale che un altro mondo è possibile”, che in qualche posto di Abya Yala è già realtà. Un cesto di erbe di San Juan, poesie e canti in dono agli ospiti. E poi cumbia fino all’alba.
22 | 06 | 21 da un’insenatura della Terra Indomita, pianeta Terra.

Per guardare la diretta completa dello sbarco della delegazione zapatista, trasmessa da Desinformémonos, e per tutte le notizie sulla gira zapatista per la vita in Europa e in Italia: Lapaz, la pagina facebook dell’Assemblea nazionale italiana di coordinamento per il viaggio europeo di Zapatisti e Zapatiste.
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Anch’io sono convinto che un altro mondo sia possibile, un altro mondo di fragilità, un altro mondo non competitivo, un altro mondo di tenerezza e di affetti, di rispetti e di parità di pari identità di genere.