
Viviamo ogni 18 dicembre da anni come una sfida e un investimento per il futuro. Presidiare con i nostri corpi di genitori, come comunità educante, nella giornata internazionale per i diritti dei migranti, la scuola dove sta studiando nostra figlia (che per altro fa il suo compleanno proprio il 18), è diventato un appuntamento irrinunciabile. Ogni anno ci sforziamo di crescere, come famiglia nucleare e “allargata” (“Associazione Pisacane 011”) a difesa di questo luogo – la scuola romana Carlo Pisacane, a Tor Pignattara – dove con ostinazione si difende il diritto di fare scuola offrendo a bambini e bambine dalle provenienze più diverse la consapevolezza che hanno il diritto di pretendere una società più aperta, libera e inclusiva, e a un sistema di regole di cittadinanza che promuova fattivamente il riconoscimento di un’italianità e un’europeità plurale.
Nella festa della scuola e del territorio di quest’anno è stata posta una pietra d’inciampo in memoria del ragazzino annegato nel Mediterraneo con la pagella cucita nei vestiti. Una pietra analoga è stata posata davanti all’ingresso di ognuna delle cinque scuole dell’Istituto Simonetta Salacone.

L’appuntamento di quest’anno è stato promosso in risonanza con il flash mob a Piazza Montecitorio per la riforma della cittadinanza. Abbiamo bisogno, tutti e tutte, di più cittadinanza, di un sistema di regole che ci faccia crescere come sistema paese e ridia dignità e concretezza materiale a un legame che vediamo troppo spesso compromesso dalla cattiva politica. Ma non stiamo tutti sulla stessa barca, dobbiamo ricordarcelo, e non il 18 dicembre ma tutti i santi giorni, che tutti i santi giorni un milione e più di minori si svegliano, si alzano, vanno a scuola, se sono fortunati si siedono tra banchi dove gli/le insegnanti si fanno in quattro per incoraggiarli a seguire le proprie inclinazioni e approfittare delle opportunità che la vita offrirà loro, ma tra una fila per il rinnovo del permesso di giorno e l’altro, tra una rinuncia a una gita all’estero, a una borsa di studio, a un Erasmus, tra lo sguardo di un passante o di un passeggero sulla metro…, questi ragazzi e ragazze sanno che la loro partita è truccata, e talenti, sforzi e valore dei singoli non contano quando hai il passaporto (e il viso) di un altro colore.

Osiamo cambiare questa odiosa normativa della cittadinanza, e impegniamoci di più nel lavoro culturale per rovesciare l’immaginario, facciamolo ora, insieme agli Italiani senza cittadinanza.


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