Nel programma del nuovo governo c’è l’impegno a “inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale”. Il rischio di cavarsela con lo “sviluppo sostenibile” per non mettere il discussione il dogma della crescita è alto. Hanno ragione i ragazzi di Friday for Future, non ci sono più margini di manovra per tenere assieme “Profit, People e Planet”. Ci sono momenti in cui bisogna scegliere

In Costituzione. Sì, ma cosa? Nel programma del nuovo governo c’è l’impegno ad “inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale”(§7). Un proposito giusto, considerando che i beni naturali sono entrati nell’ordinamento giuridico primario italiano solo attraverso l’interpretazione estensiva che la giurisprudenza ha fornito della nozione di paesaggio contenuta nell’articolo 9 della Carta: “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Il paesaggio è l’immagine complessiva di tutte le componenti antropiche e naturali dell’ambiente circostante, ma rimane pur sempre legato alla percezione visiva e alla sensibilità estetica soggettiva degli abitanti di un determinato territorio, di una comunità politica. Tanto che Salvatore Settis ha avuto modo di scrivere che “il paesaggio è lo specchio fedele della società che lo produce”. La Convenzione europea per il paesaggio e il Codice dei beni culturali lasciano adito ad interpretazioni “ornamentali”, superficiali dell’ambiente. Ben venga allora qualsiasi iniziativa che rafforzi i livelli di tutela della natura in quanto tale, nella sua dimensione più specifica, profonda e completa di ecosistema unitario, interconnesso, che sostiene ogni forma di vita.
Le emergenze ambientali – a partire dal surriscaldamento del clima e dall’estinzione delle specie viventi – hanno raggiunto un livello di drammaticità tale da imporre interventi urgenti anche in campo del diritto. Molte sono le strade intraprese in diversi paesi per costituzionalizzare i diritti della natura, per “sacralizzare” e sottrarre dal regime giuridico ordinario mercantile (nullius res in bonis vs res in commercio) i servizi ecosistemici che la natura ci dona gratuitamente. Beni comuni inestimabili perché insostituibili, appartenenti a tutti perché necessari alla vita di ciascun essere vivente.

Pacha Mama, madre natura, è entrata nelle nuove costituzioni di Ecuador e Bolivia. In Nuova Zelanda, India e nello Stato del Denver (Usa) è stata attribuita una personalità giuridica (con relative funzioni custodiali alle comunità degli abitanti afferenti) ai fiumi Whanganui, Gange, Colorado. In Francia è stata approvata una Charte de l’environmental. Anche in Italia, in una passata legislatura (la XV), si erano cominciate a raccogliere delle idee per aggiornare la Costituzione in materia di tutela dei beni naturali. Un bella proposta recitava così: “La Repubblica riconosce la biosfera come bene comune dell’umanità, tutela la biodiversità e la dignità di ogni organismo vivente”. In linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale, la cui più nota sentenza affermava: “L’ambiente è un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende la tutela e la salvaguardia della qualità e degli equilibri delle sue singole componenti” (n.378 del 2007).
Ben altra cosa è pensare di “mettere in Costituzione” – come richiesto insistentemente da una Alleanza tra imprese e associazioni, ASviS, guidate dall’ex ministro Giovannini – un concetto molto scivoloso come quello dello “sviluppo sostenibile”. Una furbizia semantica che mette sullo stesso piano e tenta di conciliare le ragioni della crescita economica con quelle della salvaguardia della biosfera. Un’ambiguità che attraversa tutto il programma giallo-rosa del governo Conte II e che confina l’idea del Green New Deal nella consueta retorica di “una solida prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile” (§1). Come dicono i giovani del Friday for Future, non ci sono più margini di manovra per tenere assieme “Profit, People e Planet”. Ci sono gerarchie da rispettare tra i valori in campo. Ci sono momenti in cui bisogna scegliere.
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Pubblicato anche su ilfattoquotidiano.it
Io confesso che già mi accontenterei dello sviluppo sostenibile, sarebbe comunque un primo passo… Introduce l’idea di un limite allo sviluppo, un cambio di paradigma culturale indispensabile.
Io che sto nella scuola vedo quanti ragazzi, ahimè, sono lontanissimi dall’idea di limitare i propri consumi. Se i consumatori vogliono consumare, i produttori continuano a produrre.
Sono speranzosa. Forse perché è un sentimento di cui ho bisogno… E perché penso che non possa esserci sviluppo sostenibile senza una messa in discussione della crescita.
Attenzione, non facciamo il solito errore “massimalista” che ci ha portato dove siamo. Introdurre il concetto di crimine generazionale nella costituzione (precisa richiesta dell’ASIA) ha una funzione precisa: permettere l’introduzione, ai vari livelli dell’ordinamento giuridico, di norme e regolamenti che vadano verso la sostenibilità e, soprattutto, avere un deterrente giuridicamente estremamente efficace per vincere cause e indirizzare l’attività della pubblica amministrazione. Individuare nella crescita e nel sistema di produzione capitalista, rispettivamente, il principale ostacolo e la causa principale della distruzione dell’ambiente è un’altra dimensione dell’analisi, che occorre capire e condividere, possibilmente con conoscenza di causa.
Correggo: dell’ASVIS
Cara Paola, grazie per l’attenzione e per la interlocuzione.
L’associazione denominata Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) ha avviato dallo scorso marzo una raccolta di firme (ne servono 50.000) per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica di due articoli della Costituzione (il 2 e il 9) aggiungendo le frasi che trascrivo in neretto:
“ART 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale anche nei confronti delle generazioni future. Promuove le condizioni per uno sviluppo sostenibile.
ART 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Riconosce e garantisce la tutela dell’ambiente come diritto fondamentale.”
Concordo pienamente con te che l’inserimento dei diritti delle generazioni future in Costituzione aprirebbe nuove possibilità (giuridiche e, prima ancora, culturali) alle lotte per i diritti. Così come mi pare giustissimo allargare le tutele costituzionali, oltre al paesaggio e al patrimonio storico-artistico, anche all’ambiente (naturale). Anche se preferirei una formula che garantisca la tutela della biosfera in quanto tale, per sé stessa. Ciò che contesto è ’inserimento in Costituzione del lemma “sviluppo sostenibile”, coniato nelle conferenze Onu sull’ambiente che si susseguono senza alcun successo dagli anni ’70 del secolo scorso e codificato nel rapporto dell’87 della commissione della Gro Harlem Brundtland. La formula “sviluppo sostenibile” fu preferita ad altre proposte dagli scienziati (futuro sostenibile o duraturo) che apparivano troppo ecologiste. Il guaio è che nel linguaggio e nel senso comune della politica, degli economisti, della stessa opinione pubblica il temine sviluppo è un sinonimo di crescita economica. Così “sviluppo sostenibile” è diventato una furbizia semanatica, un inganno per “angelizzare il Pil” (Herman Daly), un ossimoro. Le ragioni dell’ambiente (le condizioni della riproduzione della vita nel pianeta) sono la precondizione (il vincolo e i limiti) di qualsiasi modalità di uso delle risorse naturali da parte della specie umana.
Un caro saluto, Paolo Cacciari
Perdonami, cara Paola, ma non conosco “ASIA” e la campagna sui “crimini generazionali”. Potresti darmi degli elementi in più? Grazie, paolo