Anna Foggia Gallucci*
Doveva essere solo un gioco. Siamo in una seconda elementare che deve essere introdotta allo studio della storia. Un passaggio fondamentale riguarda la comprensione del metodo di lavoro dello storico, che ricerca, legge e interpreta tracce che diventano fonti, allo scopo di ricostruire i fatti accaduti.
Decido di dedicare un po’ di tempo al gioco del detective. Divido la classe in gruppi di quattro o cinque, ogni gruppo è un’agenzia d’investigazioni. A ogni gruppo do un biglietto nel quale ho descritto una situazione di partenza e delle tracce. Loro sono chiamati a fare ipotesi sull’accaduto che, a prima vista, appare misterioso.
Nella prima fase del gioco ogni gruppo-agenzia, a turno, elabora una spiegazione che dia un senso a ogni traccia e risolva l’enigma di partenza che gli è stato assegnato. Nella seconda fase, sempre a turno, ogni gruppo presenta agli altri il proprio caso, illustrando le tracce ma senza dire nulla della soluzione. Allora gli altri detective si lanciano in ipotesi che possono essere contestate dai “colleghi”, qualora si evidenzino contraddizioni o non appaiano sufficientemente credibili. L’obiettivo iniziale del gioco, come dicevo, è far acquisire dimestichezza ai bambini con i concetti di traccia, fonte, ipotesi.
La situazione assume una portata più estesa quando, chiamati a una vera e propria sfida di analisi, critica, logica e creatività, i bambini esprimono se stessi ben oltre le mie aspettative di partenza, incuriosendomi – in effetti non è la prima volta – e facendomi entrare, attraverso una inedita porta, nelle loro strategie cognitive e relazionali. Conclusione: da due settimane va avanti un gioco che doveva durare uno o al massimo due pomeriggi.
Quasi quasi, la detective la faccio io. Facciamo un esempio. La situazione di partenza è la seguente: un uomo rientra a casa da un viaggio di lavoro alle 6 del mattino e trova la porta di casa aperta, dentro non c’è nessuno, né moglie né figli. Tracce: qualche libro della libreria caduto a terra, un po’ di disordine, i telefoni cellulari non sono stati presi. Dove si trova la famiglia? Perché quando sono usciti non hanno chiuso la porta? Perché, uscendo, non hanno preso i telefoni? Perché i libri sono a terra?
I gruppi devono rispettare due regole. La prima: al proprio interno si discute, ci si confronta, si propone una ipotesi sulla quale convergono tutti. Quando si esprimeranno nel confronto con gli altri gruppi si userà NOI e non IO. Regola numero due: gli investigatori delle altre agenzie possono chiedere chiarimenti e fare domande ma, quando contesteranno le ipotesi proposte dagli altri, dovranno spiegare chiaramente il motivo della contestazione.
Cosa ci ha dato questa attività? In prima battuta, ha portato alla luce ulteriori elementi circa l’approccio dei bambini alla relazione e le dinamiche attivate.
Dice L.: “Non mi va di concordare la mia ipotesi con il resto del gruppo, mettersi d’accordo è troppo faticoso”. Mi fanno osservare C. e I.: “Per ragionare bene ci dobbiamo ascoltare bene, se c’è confusione non ce la possiamo fare. A volte serve addirittura silenzio per capire bene”. Anche un compagno un po’ mattacchione ha dato il suo contributo e gli altri se ne sono accorti, come commenta F.: “C. non voleva aiutarci, non aveva voglia di concentrarsi, ci distraeva, si è messo a raccontare barzellette e battute, però le cose che diceva poi ci sono state utili per farci venire in mente un’ipotesi”.
Un capitolo a parte lo meritano le paure dei grandi assorbite dai bambini e diversi stereotipi su cui si dovrà lavorare. In pole position stranieri e donne.
“La moglie è scappata con un altro e si è portata dietro i figli: le donne lo fanno!”. Contestazioni e confronti, soprattutto, com’è ovvio, dalle bambine. “Lui è straniero e vuole tornare al suo Paese, non sa come fare perché la famiglia non vuole, quindi torna a casa, ammazza tutti, li porta via e poi, per non essere sospettato, chiama l’agenzia raccontando la bugia che era appena rientrato”. Contestazioni anche qui: “Se uno vuole ammazzare la famiglia può avere tante ragioni, che c’entra che è straniero? Pensi che gli stranieri ammazzano le persone senza problemi?”. Ipotesi: “Uno dei figli ha avuto un incidente e sono andati in ospedale”. Contestazione dell’ipotesi: “lui l’avrebbe saputo, non si fa nulla di importante senza avvisare il capofamiglia”. “Sono entrati gli zingari”.
“È arrivata l’Isis”. “Gli immigrati li hanno cacciati per mettersi dentro casa. Infatti qualcuno li chiama rifugiati, perché si rifugiano nelle case delle persone”. Contestazioni informate: “I rifugiati si chiamano così perché si rifugiano in Italia, mica vanno a cacciare le persone dalle loro case!”.
Tanti file aperti, tanti stimoli da sviluppare. Brevissimo elenco delle cose che abbiamo imparato. Come esprimere la critica: “Se non capisco lo dico, non me ne vergogno e non mi metto contro”. Quando un bambino ipotizza: “La famiglia è uscita per fare la spesa”, un altro osserva “non è credibile che alle 6 del mattino una famiglia vada a far la spesa!”. Però, dice una bambina, se uno fa il turno di notte e vede uno di quei negozi aperti 24 ore, può anche succedere… Nuovi possibili metodi di lavoro: “Non sapevamo come fare a proporre una sola ipotesi se in cinque ne avevamo cinque diverse. Allora ci siamo scritti le ipotesi che ognuno di noi diceva e poi abbiamo visto se si potevano mettere insieme. Abbiamo cominciato a sottolineare con gli stessi colori le idee che si somigliavano”. L’oggettività è impossibile (rispettiamo i differenti modi di pensare e di essere): “Ogni situazione può essere spiegata in modi diversi eppure ognuno ha una sua ragione”. Allora? “Ne scegliamo uno, però sappiamo che gli altri non sono per forza sbagliati”.
Se, quindi, la storia è maestra di vita, lo è anche il metodo storico.
Ah, dimenticavo! La soluzione che ha messo d’accordo tutti al caso portato come esempio è stata una scossa di terremoto che ha svegliato la famiglia poco prima del rientro del padre, facendoli scappare in un parco non troppo lontano… avevamo parlato il giorno prima delle prove di evacuazione.
Lascia un commento