Quale democrazia è stata sbaragliata con l’elezione di uomo che rappresenta insieme il razzismo del Ku Klux Klan, l’affarismo criminale della mafia, la violenza machista e l’assolutismo finanziario? Qualcuno parla del bisogno di una rivolta sociale: saremo capaci di creare le condizioni per cominciare a disertare collettivamente il regime schiavistico-liberale in cui siamo immersi? Come possiamo vivere in modo diverso, come possiamo creare spazi di autonomia di pensiero e di azione, come possiamo difenderci, qui e ora, dal ritorno della guerra e dal dilagare del fascismo? La capacità di porre domande importanti di Bifo resta fondamentale anche quando esprime un punto di vista che non sembra lasciare molto spazio alla speranza. Ma qui una domanda – insieme, tra gli altri, a Joahn Holloway, Gustavo Esteva e Rebecca Solnit – la aggiungiamo noi: di quale speranza parliamo?
Il punto di osservazione dal quale guardare retrospettivamente al secolo ventesimo, e dal quale immaginare le linee di evoluzione del ventunesimo è il 6 novembre 2024, quando un uomo che rappresenta insieme il razzismo del Ku Klux Klan, l’affarismo criminale della mafia, la violenza machista e l’assolutismo finanziario ha sbaragliato tutte le difese della democrazia. Ma quale democrazia?
La vittoria di quell’individuo è la prova finale dell’errore colossale che il movimento operaio ha compiuto fin dalla fine del secolo diciannovesimo: accettare il terreno della politica come terreno per l’emancipazione. Nella declinazione rivoluzionaria come nella declinazione socialdemocratica il movimento operaio ha accettato il terreno che la borghesia aveva predisposto, e su quel terreno ha perduto tutte le battaglie fino ad essere definitivamente cancellato dal panorama dell’evoluzione.
C’era un altro terreno per l’autonomia della società dal capitale, che non fosse il potere politico? Certo che c’era: era la vita quotidiana, l’esistenza collettiva, l’intelligenza tecnico-scientifica, che tendono spontaneamente a disertare il totalitarismo economico e politico.
Rivolta sociale?
Oggi tutto è perduto sul terreno della politica, e non ci sarà alcuna riscossa democratica nel nostro futuro. Ma la nostra vita è ancora qui, l’esistenza collettiva chiede ancora oggi come sempre un po’ di respiro, un po’ di gioia, un po’ di dignità. Ora il sindacato chiama i lavoratori italiani alla rivolta sociale. È giusto, è urgente. Ma cosa significa? Oggi rivolta significa rompere i ponti con l’obbedienza e il lavoro precario, significa moltiplicare gli strumenti di solidarietà con coloro che i razzisti vogliono eliminare, significa creare strutture autonome di solidarietà sociale mentre tutto precipita, mentre la sanità e la scuola vengono abbandonate alla deriva. Oggi rivolta sociale significa creare le strutture per disertare collettivamente il regime schiavistico-liberale. Ne saremo capaci? Non lo so, forse no. Al momento direi che non ne saremo capaci. Ma non c’è altra possibilità di sopravvivenza umana che questa: diserzione, autonomia, rivolta.
I lavoratori sono oggi isolati, psichicamente fragili, incapaci di organizzazione e perfino di solidarietà, perché per un secolo intero il movimento operaio ha venduto l’autonomia in cambio della democrazia, ma la democrazia non è mai esistita, o piuttosto: la parola democrazia non ha mai avuto nessun rapporto con la realtà.
Il governo del popolo fondato sulle elezioni potrebbe essere una buona idea se si verificassero due condizioni: la prima è la formazione libera dell’opinione e della volontà. La seconda è l’efficacia della volontà politica nella determinazione delle linee di sviluppo dell’economia e quindi della società. L’una e l’altra condizione non sono mai esistite nella storia del Novecento. La formazione dell’opinione è prodotto della macchina mediatica sempre più dipendente dalle grandi agenzie del capitale finanziario. La sinistra ha diffuso l’illusione secondo cui masse di popolo sprovviste di ogni comprensione delle dinamiche profonde della società, sprovviste di conoscenza dei meccanismi dell’inconscio individuale e collettivo potrebbero decidere liberamente del loro destino. Fin quando la classe operaia disponeva di strutture di comunicazione indipendente dal potere economico, fin quando i partiti politici avevano la forza per agire efficacemente sulla formazione dell’opinione, la parola democrazia aveva un’apparenza di verità. Ma non era che un’apparenza, anche allora, perché la seconda condizione – l’efficacia della volontà politica sulle dinamiche dell’economia, e quindi della vita sociale – non si è mai data.
Il potere economico ha sempre avuto la forza per imporre i suoi interessi, usando la matematica finanziaria o, quando questa non bastava, usando la forza armata. Ciò fu chiaro quando il popolo cileno elesse a maggioranza un governo socialista – e subito dopo la potenza economicamente egemonica degli Stati Uniti usò le forze armate cilene per imporre con la violenza il ristabilimento del suo dominio imperialistico, e la proprietà delle miniere di rame. Era già stato chiaro in precedenza, quando l’imperialismo occidentale aveva stroncato con la forza il governo di Mossadeq in Iran nel 1953, il governo di Sukarno in Indonesia nel 1964, e in molte altre occasioni. Ma l’assassinio del socialista Salvador Allende da parte di un generale nazista di nome Augusto Pinochet fu la prova definitiva dell’illusorietà della democrazia politica. Quella prova fu confermata successivamente dalla sottomissione della volontà del popolo greco nell’estate del 2015, quando non fu necessario l’uso della forza armata perché Alexis Trispras, ragionevolmente, accettò il ricatto finanziario e mostrò che la democrazia è quello che è sempre stata: un inganno.
Perciò la vittoria dell’individuo che ha costruito le sue fortune sul razzismo e il sostegno della mafia non è la fine della democrazia, perché la democrazia non c’è mai stata. Per la stessa ragione non ci sarà alcun ritorno della democrazia, perché la vittoria di un mafioso stupratore è la democrazia. Il mafioso stupratore ha creato le condizioni del suo trionfo evitando di confrontarsi sul piano della politica e scegliendo il podcast come strumento di comunicazione e la bro-culture come ambiente nel quale crescere.
Come in Italia, i fratelli sono la forza reazionaria emergente: i fragili maschi che per alcuni decenni hanno perduto terreno di fronte all’emergente femminismo, ora si riconoscono nella fraternità della palestra (gym-bro), nell’ossessione per il denaro (crypto-bro) e nell’onnipotenza della tecnica (tech-bro).
La democrazia come anticamera del fascismo
Fin dagli anni successivi alla prima guerra mondiale la democrazia ha dimostrato di essere l’anticamera del fascismo. Mussolini come Hitler hanno conquistato il potere per via democratica. E oggi, nel paese guida del mondo libero la democrazia ha consegnato il potere a un uomo che si riconosce nei valori del razzismo hitleriano, anche se i neri, i latini e i migranti hanno preso il posto degli ebrei. È bene saperlo fin da subito:, non ci sarà nessun processo democratico capace di fermarlo né di rovesciare il suo dominio. La partita volge al termine, e inizia la soluzione finale a livello planetario: senescente e psicotica, ma super-armata, la razza bianca, ha avviato un genocidio che oggi colpisce in modo particolare la popolazione palestinese, ma ha come obiettivo tutti coloro che dal sud inabitabile cercano di spostarsi verso il nord.
Non esiste come sappiamo nessuna razza bianca (l’espressione non ha alcun fondamento scientifico), ma la mitologia della supremazia bianca è abbastanza potente per giustificare il genocidio e la guerra che si prepara, che non è quella iniziata per idiozia strategica della presidenza Biden. La guerra che si é scatenata all’interno della razza bianca e che ha distrutto la vita di milioni di ucraini potrebbe risolversi presto, con la capitolazione dei nazionalisti ucraini e una smentita plateale dell’eroismo russofobo del ceto politico liberal-democratico d’Europa.
Di questa guerra, che è stata provocata dagli statunitensi e scatenata dai russi, gli ucraini sono la vittima sacrificale, mentre gli europei sono gli utili idioti, complici di entrambi gli aggressori: hanno subito supinamente la mobilitazione bellica imposta da Biden, e al tempo stesso hanno votato in maggioranza per i partiti ispirati da Putin. La conseguenza è il collasso dell’’economia tedesca (mentre l’economia russa è cresciuta del 3.6% nell’anno di guerra 2023), la conseguenza è la spaccatura tra liberal-isterici, nemici giurati dell’autoritarismo sovranista putiniano, e fascio-sovranisti autoritari che crescono elettoralmente in ogni paese europeo. Adesso l’Europa è allo sbando, travolta dalle conseguenze della recessione tedesca e del crollo del governo bellicista di Scholz, e dovrà scegliere se accettare la liquidazione di Zelenskyy o provocare una guerra atomica senza l’appoggio del presidente americano.
Nessuna riscossa è in vista contro la guerra il razzismo e il genocidio. Al contrario le popolazioni bianche, divise come mai prima sui fantasmi della democrazia, su due cose soltanto sono uniti: la difesa della frontiera, il respingimento dei migranti che cercano rifugio, e l’imposizione (con le buone o con le cattive) del ruolo riproduttivo che le donne hanno cominciato a disertare.
Sterminio e natalità obbligatoria. Questo è il programma
Pur essendo, paese per paese, sull’orlo della guerra civile, i popoli occidentali guidati dall’istinto suprematista, sono uniti nella comune impresa del genocidio e nella comune impresa della natalità obbligatoria.
Ora che i negazionismi climatici sono al governo della potenza inquinatrice numero uno, nulla potrà far regredire il collasso climatico: l’aumento di tre gradi della temperatura è una tendenza irreversibile, e le conseguenze si stanno puntualmente dispiegando. Gran parte del pianeta tende a divenire inabitabile, le grandi migrazioni che ne seguono alimentano paure, violenza e genocidio.
Per molto tempo abbiamo finto di non saperlo, ci siamo rimbecilliti raccontandoci le favole di una fantasiosa moltitudine pronta a combattere contro un fantasioso Impero, perché non avevamo il coraggio intellettuale di riconoscere l’impotenza, e l’esaurirsi dell’energia psichica senza la quale i movimenti sociali sono fuochi di paglia.
Per ragioni che non sono tanto politiche quanto psichiche, la società non possiede più capacità di autonomia strategica, e non c’è alcuna possibilità di sfuggire al precipizio suicida in cui assolutismo capitalista e auto-inganno democratico l’hanno trascinata.
La sola domanda che resta da farci è: come vivremo?
Sapremo creare uno spazio simbolico ed esistenziale di autonomia, per tutto il tempo (breve) in cui si svolgerà questo finale di partita? Non c’è un dopo. Perciò non ha senso chiedersi se un nuovo ordine sia immaginabile oltre il caos della guerra che serpeggia dovunque. C’è solamente questo durante. Come vivremo durante il diffondersi della pulsione genocidaria, durante il dispiegarsi del collasso climatico che distrugge una dopo l’altra le aree abitate del pianeta, durante questa guerra civile strisciante che invade ogni frammento della vita collettiva? Perderemo il nostro tempo a inseguire il fantasma di una democrazia che non è mai esistita, oppure diserteremo guerre, lavoro e procreazione, per vivere quanto possibile felicemente il poco tempo che ci resta?
Sapremo creare le strutture collettive di vita in diserzione? Se durante sapremo fare questo, forse allora sapremo aprire la strada a un dopo.
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