Stralci da «La via» (Raffaello Cortina Editore, 2012.)
Il presente è percepibile solo in superficie. È lavorato in profondità da solchi sotterranei, da invisibili correnti sotto un terreno apparentemente fermo e solido. (…)
Lo sviluppo instaura un modo di organizzazione della società e delle menti nel quale la specializzazione compartimenta gli individui (…) A causa di questa chiusura, perdiamo di vista l’insieme (…). Questa cecità risulta anche dalla concezione tecnoeconomica dello sviluppo, che conosce solo il calcolo come strumento di conoscenza (indici di crescita, di prosperità, di reddito, statistiche che pretendono di misurare tutto). Il calcolo non ignora solo le attività non monetizzabili (come le produzioni domestiche e/o di sostentamento), gli aiuti reciproci, l’uso dei beni comuni, la parte gratuita dell’esistenza, ma ignora anche, e soprattutto, quello che non può essere calcolato né misurato: la gioia, l’amore, la sofferenza, la dignità, cioè il tessuto stesso delle vite. Infine, lo sviluppo è stato a lungo cieco rispetto ai degradi ecologici che esso stesso continua a provocare (…).
Come il Rinascimento, e ancora più di quello, la nostra epoca dovrebbe essere l’occasione di una riproblematizzazione generalizzata. Tutto è da ripensare. Tutto è da cominciare. Tutto, in effetti, è già cominciato, ma senza che lo si sappia. Siamo allo stadio dei preliminari modesti, invisibili, marginali, dispersi. Su tutti i continenti, in tutte le nazioni, esistono già fermenti creativi, una moltitudine di iniziative locali propizie a una rigenerazione economica o sociale o politica o cognitiva o educativa o etica o esistenziale. Ma tutto ciò che dovrebbe essere legato è disperso, separato, compartitmentato. Queste iniziative non si conoscono fra di loro, nessuna amministrazione ne fa l’inventario, nessun partito vi fa riferimento. Ma esse sono vivaio del futuro. Si tratta di riconoscerle, censirle, confrontarle, elencarle per aprire una pluralità di strade riformatrici. Sono queste le molteplici vie che sviluppandosi congiuntamente potranno congiungersi per formare la Via nuova, la quale decomporrà la via che noi seguiamo e ci dirigerà verso l’ancora invisibile e inconcepibile Metamorfosi. La salvezza è cominciata dalla base.
Esistono in ogni essere umano e in ogni società umana virtù rigeneratrici o generatrici allo stato dormiente o inibito. Nelle società normalizzate, stabilizzate, irrigidite, le forze generatrici/creative si manifestano nei devianti: artisti, musicisti, poeti, pittori, scrittori, filosofi, appassionati fai-da-te e inventori. Orbene, la coscienza che ogni grande movimento di trasformazione comincia sempre, anche nelle società congelate o sclerotizzate, in maniera marginale, deviante, modesta, ci indica che le innovazioni creative sono sempre e ovunque possibili.
La speranza non è sinonimo di illusione. La speranza vera sa di non avere certezze, ma sa anche che il cammino si fa con l’andare. La speranza sa che che la salvezza attraverso la metamorfosi, sebbene sia improbaile, non è impossibile. Ma la speranza non è che un’illusione se ignora che tutto ciò che non si rigenera, degenera. Come tutto ciò che vive, come tutto ciò che è umano, le nuove vie sono soggette a degradazioni, deterioramenti, sclerosi. Anche questa consapevolezza è indispensabile, in modo permanente.
Commoon.it dice
Per questo abbiamo dato vita a http://www.commoon.it, per creare uno strumento per risolvere problemi di progettazione (ed economici) alle realtà che lavorano per l’emancipazione sociale e la sostenibilità ambientale!
Laura dice
Grazie per i profondi spunti di riflessione che i vostri articoli mi offrono.
Siete un ristoro nel mare di banalità.
Edgar Morin è stato un regalo ulteriore.
Ps sono iscritta alla vs news letter