Facciamo finta che la finanza sia qualcosa da non delegare agli specialisti. Facciamo anche finta che il denaro non sia uno scopo ma uno strumento al servizio delle persone, che i rischi che contano sono solo quelli di perdere buone relazioni o di non riuscire a sostenere un’iniziativa con un impatto sociale o ambientale positivo sul territorio. Infine, facciamo finta che per ottenere un prestito non occorra accedere a uno sportello finanziario ma incontrare persone comuni disponibili ad accompagnare chi ha un’idea e chiede il prestito. Intorno queste bizzarre ipotesi, MAG Firenze, Mutua Autogestione, è nata nel 2012 sull’esperienza del Fondo Etico e Sociale delle Piagge (sostenuta da Mag 6 di Reggio Emilia) ed è stata la prima a mettere in piedi un sistema di prestiti sociali mutualistici a tasso zero. Le decisioni sui prestiti, fanno sapere da Mag Firenze, non si prendono per voto o maggioranza. ma con il metodo del consenso
Questo articolo fa parte del dossier Raccontare la Toscana che cambia
Nella comunità delle Piagge di Firenze, da diversi anni è attivo il Fondo Etico e Sociale: una straordinaria esperienza di autogestione del denaro che vede protagoniste persone comuni
Quando si parla di banche, mercato dei capitali e finanza in genere l’immaginario collettivo si ritrova intrappolato in un banco grigio di nebbia, un po’ come se si trattasse di una questione che non abbiamo mai capito fino in fondo e che, evocando soprattutto frustrazioni, è meglio lasciare lì dov’è per averci a che fare il meno possibile.
È da quando eravamo piccoli che ci ripetono che il debito pubblico è troppo alto, che in tutti questi anni abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità (bada bene, dal primo all’ultimo!) e che prima o poi ci toccherà pagarne il conto, per chi ancora non l’ha fatto… E poi si sa che l’economia “è in crisi” da anni e quindi se c’è “la crisi” i soldi scarseggiano per definizione… in qualche modo sappiamo che quello della finanza è un problema ma meglio starne alla larga per vivere più sereni… tanto non c’è soluzione (ci hanno provato i “comunisti” a cambiare il sistema ma il muro di Berlino è crollato da un pezzo!).
Quello del denaro purtroppo è un argomento delicato che evoca la paura della precarietà e sensi di colpa collettivi. Per questo ci affidiamo agli specialisti che conoscono le regole inesorabili della finanza e che decidono per noi come far fruttare al massimo i nostri risparmi, per metterci al riparo dagli imprevisti della vita garantendoci la best execution e la best performance. Quello che non ci hanno mai spiegato è che il debito pubblico, che giustifica sensi di colpa e la negazione dei principi di libertà e uguaglianza, non è il vero debito come siamo abituati a pensarlo in famiglia ma è una normale contropartita contabile di un’istituzione che emette la moneta e che potrebbe chiamarsi in un altro modo, ad esempio “fondo per il benessere collettivo” o qualcosa di simile. Un po’ come quando giocando a Monopoli si distribuiscono le banconote prima di mettere le pedine sul tabellone. I limiti ovviamente esistono ma sono di altra natura e si possono mettere al servizio degli obiettivi di benessere ed equità che vogliamo raggiungere, non viceversa… (creare precarietà e svendere i beni comuni per ridurre una partita contabile, speriamo che i nostri nipoti rideranno di noi…).
La finanza critica parte dal presupposto che il denaro non è lo scopo ma è solo uno strumento al servizio delle persone e delle loro intenzionalità più vere, e quindi anche della cura dell’interesse comune da perseguire mettendo in gioco le inclinazioni, la creatività e la ricchezza personale di ciascuno. Innanzitutto perché mai chiedere un interesse se l’attività da finanziare ci interessa davvero? E poi, se mi chiedi una bicicletta cosa mi aspetto che mi renderai? Una bicicletta e una ruota? E la nostra relazione nel frattempo cambierà in meglio o in peggio? Cosa succede se invece ti presto del denaro?
Di solito nella finanza si considera il cosiddetto “rischio-rendimento”, cioè chi presta denaro nell’economia che conosciamo esige un tasso di interesse adeguato e proporzionato al rischio dell’investimento che si assume. Ma nella finanza critica gli unici rischi che contano davvero sono quelli di perdere una buona relazione, o di non riuscire ad aiutare a realizzare un progetto di cambiamento con un impatto sociale o ambientale positivo sul territorio. Insomma, il rendimento che interessa davvero poggia su logiche completamente diverse: la creazione di tessuti comunitari e territoriali, il rafforzamento delle relazioni sociali, la partecipazione attiva dei soci. In altre parole la cura del territorio e delle relazioni.
Alla base di tutto ci sono due principi fondamentali: dal denaro non si può fare altro denaro e se hai qualcosa in più rispetto alle tue reali necessità hai il dovere di restituirlo in qualche modo per l’interesse comune o per progetti di sostegno e inclusione.
Chi ricorre alla finanza critica per ottenere un prestito poi non si trova davanti a uno sportello finanziario, ma a soci locali attivi che riconoscono i benefici socio-ambientali del progetto, a un gruppo di persone che lo accompagna e che può fornire degli stimoli per migliorarne la capacità di inclusione e di impatto positivo. La partecipazione inoltre può garantire l’attivazione di competenze diversificate all’interno della rete, l’uso dell’intelligenza collettiva e alla fine anche la preclusione dei conflitti di interesse, coinvolgendo i soci nel processo deliberativo.

Tutto questo non è il frutto di un sogno irrealizzabile ma proviene dall’esperienza concreta di realtà esistenti che operano sul territorio da diverso tempo. MAG Firenze (Mutua Autogestione) ad esempio è nata nel 2012 sull’esperienza del Fondo Etico e Sociale delle Piagge, sostenuta da MAG 6 di Reggio Emilia fin dalla fine degli anni Novanta, ed è stata la prima a mettere in piedi un sistema di prestiti sociali mutualistici a tasso zero.
Come altre MAG e realtà esistenti utilizza metodi decisionali fondati sulla massima condivisione, ai quali partecipano in modo paritario soci sovventori e soci finanziati. In queste esperienze le decisioni non si prendono per maggioranza ma si prova a discutere finché non viene trovato un punto di incontro comune, con il metodo del consenso. Per i finanziamenti spesso viene richiesta la disponibilità di uno o più soci che si rendano disponibili a mantenere la relazione con il richiedente. Insieme ai garanti relazionali e ai referenti territoriali si forma così una rete di relazioni che costituisce la vera garanzia.
Si realizza così un rovesciamento di priorità rispetto alla finanza tradizionale: quella della mutualità, dello sviluppo della solidarietà, della crescita delle relazioni e del ribaltamento dei ruoli fra chi per le circostanze della vita si trova a chiedere un prestito e chi ha una ricchezza in eccesso da restituire.
Articolo di Alessandro Tassi di MAG Firenze
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