Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, sette uomini, sette operai, bruciarono vivi. Su Wikipedia c’è scritto proprio così: “Incidente della Thyssekrupp di Torino”…
Nel marzo scorso sono stato a fare alcuni laboratori in un liceo di Torino. La scuola sta in quartiere che si chiama Barriera di Milano e che ha una storia operaia. I ragazzi che avevo davanti erano nella stragrande maggioranza figli di operai. Quando ho detto “Thyssenkrupp” non uno di loro – neppure uno su un’ottantina di questi ragazzi di età compresa tra i quindici e i vent’anni – sapeva di che cosa stessi parlando.
Parlavo di quanto accaduto nello stabilimento di viale Regina Margherita, qui nella loro città, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, quando sette uomini, sette operai come i loro genitori, bruciarono vivi. Sono passati quindici anni e loro non sanno, e Torino non ricorda.
Nel frattempo da allora sono morte sul lavoro altre 17mila persone circa. Non una di queste morti – fidatevi perché so di cosa sto parlando – era necessaria né inevitabile.
Ho spiegato a quei ragazzi quello che era accaduto, ma quello che non ho saputo o voluto spiegare loro è perché nulla è cambiato. Ho delle mie teorie a riguardo, ma me le tengo perché sono classiste e di questi tempi il classismo non va di moda: meglio frignare per un paio di bollette un po’ più alte del solito, meglio pensare ai regali e alle vacanze di natale.
Ma ora per quello che conta voglio almeno ricordare i nomi di quei sette operai, bruciati vivi nel nome del profitto e dell’avidità. Li so a memoria perché ero qui, ero un sindacalista e gli operai sono stati una parte importantissima della mia vita. Li cerco su Wikipedia, per fare copia incolla e perché non ricordo le loro età. E scopro che sul sito quanto accaduto va sotto il nome di “Incidente della Thyssekrupp di Torino”. C’è scritto proprio così: incidente.
Antonio Schiavone, 36 anni, deceduto il 6 dicembre 2007
Roberto Scola, 32 anni, deceduto il 7 dicembre 2007
Angelo Laurino, 43 anni, deceduto il 7 dicembre 2007
Bruno Santino, 26 anni, deceduto il 7 dicembre 2007
Rocco Marzo, 54 anni, deceduto il 16 dicembre 2007
Rosario Rodinò, 26 anni, deceduto il 19 dicembre 2007
Giuseppe Demasi, 26 anni, deceduto il 30 dicembre 2007
Di seguito alcuni stralci di una testimonianza raccolti da Ezio Mauro, per chi ha il coraggio di leggerli. Perché è così che muore un operaio. Anche se poi facciamo finta di no, e riusciamo a dimenticare.
“Il primo è Rocco Marzo, il capoturno, che aveva addosso la radio e il telefono interno, bruciati nel primo secondo. Appare all’improvviso, al passaggio tra la linea 4 e la 5. Non avevo mai visto un uomo così. Anzi sì: dal medico, quei tabelloni dov’è disegnato il corpo umano senza pelle, per mostrarti gli organi interni… Non mi vede, non può vedere, ma sente la mia voce che lo chiama, si gira, barcolla, cerca la voce, mi riconosce. “Avvisa tu mia moglie, Giovanni, digli che mi hai visto, che sto in piedi, non li far preoccupare”. Lo tocco, poi mi fermo, non devo. Ha la pelle, ma non è più pelle… Mando via tutti quelli che piangono, che urlano, che sono sotto choc e non servono, non aiutano. Dico di non toccare Rocco, di scortarlo con la voce fuori: gli chiedo se se la sente di seguire i compagni, di seguire la voce. Va via, lo guardo mentre dondola e sembra cadere a ogni passo, mi sembra di impazzire”… Mi volto, e mi sento chiamare: ‘Giovanni, Giovanni’. Non ci credo, guardo meglio, non si vede niente. Sono Bruno Santino e Giuseppe Demasi, due fantasmi bruciati… Non mi sentono più parlare, non sanno dove andare, in che direzione cercare, sono ciechi. Poi Demasi si muove, barcolla verso la linea 4 tenendosi le mani davanti, come se fosse preoccupato di essere nudo… ‘Giovanni, sei qui vicino? Guardaci, guardaci la faccia: com’è? Cosa ci siamo fatti, Giovanni?’ …Nessuno sa cosa fare davanti a una cosa così. Due compagni di lavoro carbonizzati, e ancora vivi. Uno ha preso due giacconi, glieli ha buttati addosso. “Giovanni aiutaci – dicevano – portaci via”. Ragazzi, ho provato a rassicurarli, l’importante è che siate in piedi, io non so se posso toccarvi, non posso prendervi per mano, ma vi portiamo fuori, vi facciamo da battistrada. Due passi, e trovo per terra Rosario Rodinò, Angelo Laurino e Roberto Scola. Statue di cera che si sciolgono… solo la voce. Mi accoccolo vicino a Laurino, gli parlo. Si volta: ‘Dimmi che starai vicino ai miei’. Scola ripete che ha due figli piccoli… Rodinò sembra più calmo: ‘Non pensare a me, io sto meglio, occupati di loro’. Poi, quando ritorno da lui mi chiede: ‘Come sono in faccia? Cosa vedi?’. Arrivano i pompieri, poco per volta li portano via. Un vigile mi dice che stanno morendo, ma il fuoco gli ha mangiato le terminazioni nervose, per questo resistono al dolore. Non so se è vero, non capisco più niente, ho quei manichini davanti agli occhi. Prendo un pompiere per il bavero, e gli urlo che Schiavone è ancora a terra da qualche parte, devono salvarlo. Mi dice che lo hanno portato via e che devo andarmene, perché il fumo sta divorando anche me. Stacchiamo la tensione a tutta la linea… Tutto si ferma alla ThyssenKrupp, probabilmente per sempre. Non ho più niente da fare…”. (fonte)
Maria Grazia Campari dice
La disumanità e l’ingiustizia che permane nella classe dirigente di questo Paese, nelle sue varie articolazioni sono, per me, incommentabili
Roberto Renzoni dice
Caro Marco, anch’io mi sono trovato ad assistere ad una tragedia in un cantiere edile nella Firenze della ricostruzione post bellica intorno al 1962-63 quando lavoravo come geometra a contabilizzare i lavori per conto di una impresa costruttrice. Non avevo alcun potere in cantiere e nessuna esperienza (la scuola non mi aveva insegnato nulla in tal senso) c’era un capo cantiere, geometra anch’egli, al quale l’esperienza non mancava ma non era tale da preoccuparlo se non per fare l’interesse della impresa costruttrice. Ed egli operaio cadde dall’alto delle scale non protette perché nulla era protetto e cadde dopo che io ero passato vari piani sotto di lui. Ed egli morì e la ditta continuò come se nulla fosse.
Daniela Dal Lago dice
Tutto l’orrore che traspare da questo racconto non potrà farci capire cosa è stata veramente la tragedia di quel giorno maledetto!!