Oltre due anni dopo la comparsa di una pandemia che ha causato molteplici disastri, compresi quelli generati dalle semplificazioni tipo no-vax/sì-vax, sarebbe forse arrivato il momento di aprire una discussione non intossicata dal tifo da stadio o dal prevalere di interessi esclusivamente commerciali. Una discussione ampia, anche geograficamente, non isterica e aperta su tutti i suoi aspetti, a cominciare dalle cause che hanno prodotto la pandemia, per arrivare a parlare di quale scienza e quali altri approcci abbiamo bisogno per rafforzare i nostri sistemi immunitari, a livello personale come di comunità e società. Questo articolo di Silvia Ribeiro – ricercatrice uruguayana che dirige la sezione latinomericana dell’ETC, equipe internazionale di ricercatori indipendenti che monitora da oltre 25 anni l’impatto delle tecnologie emergenti e delle strategie delle corporation sulla biodiversità, l’agricoltura e i diritti umani – pone questioni interessanti. Come quelle sulle quote di mercato o quelle sull’utilizzo di vaccini prodotti con metodi convenzionali piuttosto che quelli che utilizzano RNA modificato o DNA inserito in adenovirus modificati che fanno da vettore. Ribeiro ha indubbiamente una prospettiva latinoamericana, la regione del mondo (circa 650 milioni di persone) delle disuguaglianze per antonomasia, dove vengono utilizzati ben 9 vaccini diversi (con un largo uso di quelli cinesi e russi), compreso quello nazionale di Cuba, e dove – a fine agosto – c’erano paesi con il 70% della popolazione vaccinata (Cile e Uruguay) e altri con il 3 o il 6% (Nicaragua e Guatemala), percentuali vicine a quelle della media africana. Si tratta di disuguaglianze che rispettano quelle sistemiche più generali, che però, in caso di pandemia e non di epidemia, hanno un valore e un significato diversi non solo dal punto di vista etico
La vaccinazione contro il SARS-CoV-2, che causa la Covid-19, ha raggiunto una media del 44% della popolazione mondiale nel settembre 2021. In realtà, solo una ventina di paesi hanno vaccinato il 60-80 per cento della loro popolazione, mentre in Africa non si arriva al 3 per cento. Si tratta di un’apartheid dei vaccini, dicono organizzazioni sociali e governi. Rispecchia una situazione di disuguaglianza sistemica, dal momento che le multinazionali farmaceutiche, con il sostegno dei loro governi di riferimento, principalmente in Europa e negli Stati Uniti, hanno causato carenza di vaccini per conservare quote di mercato, prezzi elevati e potere contrattuale (si veda: “Trasnacionales farmacéuticas aseguran escasez de vacunas”, in La Jornada, 13/03/2021).
Ci sono anche altri aspetti molto preoccupanti. La maggior parte dei vaccini somministrati sono transgenici, ottenuti con nuovi processi di produzione, che non erano mai stati utilizzati per gli esseri umani. Ad esempio, quelli che utilizzano RNA modificato (Pfizer-BioNTech e Moderna) oppure DNA inserito in adenovirus modificati che fanno da vettore (AstraZeneca, Janssen, Sputnik V e CanSino). Altri vaccini utilizzati in America Latina sono Sinovac e Sinopharm (cinesi, pubblici). Questi sono prodotti con metodi convenzionali, testati per decenni. Sono nuovi per il Covid e hanno alcuni effetti collaterali, ma non comportano gli alti rischi e le incertezze dei vaccini transgenici. I vaccini prodotti a Cuba (in istituzioni pubbliche) usano metodi biotecnologici, ma non sono transgenici, bensì basati su metodi testati per più di 15 anni.
Fin dall’inizio della pandemia, le multinazionali farmaceutiche hanno affermato che i loro nuovi vaccini genetici sarebbero stati più efficaci e disponibili molto più velocemente di altri. Tuttavia, con il progredire dell’esperimento senza precedenti che consiste nell’inoculare centinaia di milioni di persone con vaccini transgenici messi a punto dalle multinazionali, diverse di queste imprese, con il loro mercato già acquisito, hanno riconosciuto che le percentuali di efficacia sono inferiori a quelle dichiarate. E alcuni vaccini transgenici potrebbero avere un livello di efficacia inferiore a quello dei vaccini convenzionali.
D’altra parte, la grande differenza rispetto alla quantità di tempo necessaria per avere vaccini convenzionali, che a dicembre 2020 è stata dichiarata un fattore essenziale perché bisognava dare inizio alla vaccinazione, promessa alla gente come il biglietto di uscita dalla pandemia, è stata di appena un paio di mesi. In poche parole, non c’era alcuna ragione oggettiva, al di là di vuote affermazioni e interessi commerciali, per esporre milioni di persone ai rischi e alle incertezze dei vaccini transgenici: sarebbe stato possibile sviluppare vaccini con metodi convenzionali, a livello sia pubblico che privato. In questo modo sarebbe stato più facile per molti più paesi e istituzioni nazionali produrre e distribuire vaccini con maggiore tempestività.
Sui rischi dei vaccini transgenici, l’Unione degli Scienziati Impegnati con la Società e la Natura dell’America Latina (Unión de Científicos Comprometidos con la Sociedad y la Naturaleza de América Latina – UCCSNAL) ha appena pubblicato una dichiarazione e un ampio articolo scientifico di revisione bibliografica che mette in luce elementi che devono essere presi in considerazione per la valutazione del rischio dei nuovi vaccini che utilizzano RNA modificato e/o adenovirus ricombinanti contro il SARS-CoV-2. Tra gli altri aspetti, l’articolo solleva i potenziali impatti a breve e lungo termine dei vaccini transgenici. Si basa su un centinaio di articoli scientifici e sull’analisi degli effetti avversi ai vaccini riportati negli Stati Uniti e in altri paesi.
Fra gli effetti gravi dovuti ai vaccini a DNA con vettore virale ci sono coagulopatie e trombosi, a cui si è dovuto aggiungere la sindrome di Guillain-Barré (paralisi) e l’aumento del rischio di contrarre l’HIV. Fra i rischi a cui sono stati associati i vaccini a RNA ci sono effetti infiammatori multisistemici e miocarditi. Nel caso di Pfizer, ci possono anche essere reazioni successive causate dall’uso di nanolipidi come vettori: essendo nanoparticelle, non sono riconosciuti dal sistema immunitario e possono accumularsi in diversi organi. Studi scientifici hanno dimostrato nei topi di laboratorio la presenza di RNA modificato in più organi e non solo nel sito di inoculazione. Le segnalazioni di effetti avversi includono diverse migliaia di decessi che potrebbero essere correlati ai vaccini transgenici; il legame causa-effetto è difficile da stabilire, ma è considerato probabile se si verifica entro 3 giorni dalla vaccinazione e in relazione con gli effetti di cui sopra.
È vero che la percentuale di effetti avversi gravi segnalati è una percentuale minima rispetto a centinaia di milioni di persone vaccinate, ma dal momento che esistono alternative vaccinali e altri possibili trattamenti, nessuno, e tanto meno migliaia di persone avrebbero dovuto essere esposte a tali rischi. Le statistiche indicano che la vaccinazione ha ridotto la mortalità e l’ospedalizzazione, ma lo stesso hanno fatto anche i vaccini prodotti con metodologie convenzionali. Non è nemmeno chiaro quanto duri l’immunità ottenuta con i vaccini, quindi si tratta comunque di un approccio limitato, che è stato imposto senza prendere seriamente in considerazione trattamenti più complessivi e al di fuori del controllo delle imprese. Due anni dopo il molteplice disastro che questa pandemia ha provocato, è tempo di un dibattito molto più ampio su tutti i suoi aspetti, comprese le sue cause, e di quale scienza e quali altri approcci abbiamo bisogno per rafforzare i nostri sistemi immunitari, a livello personale e a livello di comunità e società.
Fonte: “Vacunas transgénicas: experimento masivo en favor de trasnacionales”.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
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