Le fiamme alte e tossiche di sabato 9 luglio hanno paradossalmente reso più visibile il fumo di molta politica proposta dall’alto a Roma da molti anni. Tra i cittadini, le associazioni, i comitati, gli spazi sociali che ogni giorno, malgrado tutto, si prendono cura di questo pezzo di periferia e immaginano una città diversa, crescono stanchezza e rabbia. Sono già stati promossi alcuni appuntamenti (il 10 luglio quello della Libera Assemblea Centocelle, l’11 quello di Cinecittà bene comune, il 12 a Casetta Rossa): qui raccogliamo un intervento di Ambra Pastore e Antonio Citti, da anni impegnati per proteggere lo straordinario Pratone di Torre Spaccata, raggiunto dalle fiamme sabato. “Adesso una ragione in più si è infiammata, per salvaguardare quell’area naturalistica, archeologica, storica, bene comune per la periferia est…”

Non è stato un film sulla serie dei disastri apocalittici o fantascientifici. E neanche un sogno angoscioso in una notte tempestosa. L’incendio di sabato 9 luglio di Centocelle non è stato neanche Nerone ma un ritorno al passato, questo sì, quando nel 64 d. C. un grande incendio scoppiò a Roma. E fu solo un inizio. Fiamme alte, nubi nere ovunque, visibili persino dalla zona del reatino, nubi tossiche, irrespirabili per un adulto, pensiamo cosa possa essere per un bambino o per un anziano fragile.
Insieme alle fiamme si alzavano anche la paura, i timori, le ansie per un disastro umano, civile, ambientale che è al contempo rivelatore di altro, di un disastro politico che ci viene dal passato e che continua a restare radicato nel presente.
Paradossalmente il fuoco ha reso visibili funamboli nel circo della politica, a cominciare dallo stato di abbandono cronico di molti pezzi della città. Le alte fiamme e le nubi tossiche lasciano i segni dentro Roma che brucia ormai da molti anni e che dimostra quanto ogni disastro sia sempre un’orrenda verità annunciata, ripetuta e perciò prevedibile ma lasciata inevasa e disattesa.
La presenza poi di attività incompatibili nelle nostre periferie già sfruttate, come quelle degli autodemolitori, con materiali altamente infiammabili e inquinanti (questione ben nota e sottoposta alle decisioni delle istituzioni da trent’anni) e il vento forte di sabato, hanno fatto sì che l’incendio doloso si propagasse fino al Pratone di Torre Spaccata, per il quale in tanti e tante lottano da diversi anni per difenderlo e renderlo parte integrante di un futuro Parco delle Ville Romane, un grande patrimonio naturalistico, archeologico, lontano dalle lunghe e molteplici mani speculative.
Questo è il modello di città ecologica e inclusiva che i cittadini vogliano, una città “sostenibile” come espressamente dichiarato dall’obiettivo 11 della ormai nota Agenda 2030, nominata ad ogni livello istituzionale ma imprigionata nelle ambiguità politiche e nei bluff quotidiani.
Chi è coinvolto in queste lotte dal basso non ha armi offensive perché le rifiuta, ma i rappresentanti politici sì: un’arma è l’incuria, cioè l’abbandono civile; un’altra è l’approvazione di megaopere metropolitane, cioè colate di cemento; un’altra ancora è la mancanza dei servizi primari. E ancora: l’incapacità e la mancanza di coraggio per una gestione dei rifiuti diversa, i continui accordi e le strette di mano con i più forti, l’immobilismo politico, la mancanza di responsabilità, l’indifferenza verso le fragilità e la salute dei bambini e bambine e degli anziani… Per questo in basso i cittadini non vogliano più avanzare nuove richieste ma ottenere finalmente risposte che siano nell’immediato operative ed espressione di una nuova volontà politica.
I territori hanno bisogno di progettualità realistiche che mettano al centro una città fruibile, verde, davvero ecologista, che restituisca specialmente alle bambine e ai bambini quello spazio di vita che gli è stato tolto: a loro non servono cose inanimate da comprare o mega centri commerciali dove alienarsi come robot, ma prima di tutto aria sana da poter respirare e un prato dove poter correre, camminare, giocare, scoprire.
Il 6 luglio 2022, le Commissioni ambiente e urbanistica del Comune di Roma, si erano incontrate con il Comitato per il Pratone di Torre Spaccata che ha esposto ai consiglieri comunali le ragioni della petizione (2754 firme) con la quale si chiedeva all’assemblea capitolina di operare nel senso di una variante di PRG che destinasse l’area del Pratone a verde pubblico, salvaguardandola per sempre dal rischio di colate di cemento che incombono su di essa fin dal PRG del 1965. Adesso una ragione in più si è infiammata, per salvaguardare quell’area naturalistica, archeologica, storica, bene comune per la periferia est.
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