
Iriflettori si sono spenti dopo la strage di Cutro ma resta il dolore, muto e lancinante, insieme al timore che una simile tragedia possa ripetersi. Ad oggi sono 87 i corpi rinvenuti, molti bambini; sulla spiaggia continuano ad arrivare reperti: scarpe, oggetti, abiti, tavole di legno, testimoni silenziosi di quanto è accaduto. Sappiamo che poteva essere evitato e che il fenomeno migratorio appartiene alla nostra epoca e non potrà essere fermato nonostante le azioni repressive, i muri e gli sbarramenti.
Tutto ciò impone un’analisi attenta e rispettosa delle persone che sono costrette a mettersi in viaggio e sul bisogno di proteggere la libertà di movimento. Intorno a questi temi, grazie all’iniziativa delle associazioni e degli enti locali di due importanti progetti (SAI) di accoglienza – quello di Gioiosa Ionica e quello di Sant’Alessio d’Aspromonte – nasce una due giornate (23 e 24 marzo) di lavori, scambi e confronti per mettersi in ascolto prima di tutto di chi ha attraversato il Mediterraneo. Sarà però necessario e indispensabile anche capire come evitare tragedie come quella di Cutro e cosa accade a chi arriva. Nella due giorni di lavori si parlerà infatti anche di accoglienza attraverso le testimonianze di amministratori locali e associazioni, per discutere dei problemi e le contraddizioni dell’attuale sistema italiano di accoglienza e proporre delle soluzioni.
Tra il 2015 e il 2022 l’Italia ha visto la disciplina del sistema di accoglienza modificarsi in più occasioni e ogni volta che è stata apportata qualche modifica alla base del sistema, i progetti in essere o sono stati bloccati o comunque messi in attesa di chiarimenti e nuove prospettive. Comuni, associazioni, Cas, hanno dovuto rivedere le regole, tagliare, modificare. Ospiti che si sono persi, competenze professionali messe in stand by o del tutto rimosse. E la capacità di creare comunità tra persone che vivono un territorio e migranti? Un percorso a singhiozzo e spesso senza speranza. Tuttavia, esiste un mondo che si muove per un’accoglienza diffusa, diversa, attenta alle persone, sono realtà solide, fatte di donne e uomini che si confrontano con i problemi quotidiani di regolamenti e normative troppo spesso distanti e astratti. L’esperienza ha mostrato in modo chiaro e forte, sia agli enti di tutela che agli enti locali, l’urgenza di riformare il sistema di accoglienza e integrazione, oggi suddiviso tra il sistema SAI e il sistema CAS non coordinati tra loro e rispondenti in modo irragionevole a standard del tutto diversi. Solo attraverso l’armonizzazione di queste esigenze e istanze sarà possibile attivare un vero piano di accoglienza in Italia.
Per queste ragioni i progetti SAI di Gioiosa Ionica e Sant’Alessio d’Aspromonte, con i rispettivi enti locali ed enti attuatori – Associazione Rete delle Comunità Solidali, Società Cooperativa Sankara e Associazione Coopisa – hanno pensato di realizzare due momenti di riflessione chiamando a raccolta enti locali, Ong, enti attuatori di progetti di accoglienza, relatori con una lunga esperienza nel campo del diritto dell’immigrazione e del tema migrazioni. Si comincia a Gioiosa Ionica con il tema “Salvare. Per una riforma del sistema di ingressi” giovedì 23 marzo alle ore 17,30 presso Palazzo Amaduri. Si prosegue venerdì 24 marzo a Sant’Alessio d’Aspromonte, a partire dalle ore 16, presso l’Antico Frantoio Calabrò per trattare il tema “Accogliere. Per una riforma del sistema di accoglienza”.
All’iniziativa stanno aderendo numerose realtà e associazioni tra cui: rete Europasilo, Rete 26 Febbraio, Associazione Don Vincenzo Matrangolo, ICS Trieste, Refugees Welcome, Mediterranea Saving Humans, CRIC, Associazione Interculturale International House- Corridoi umanitari, RESQ, DEMBE SO- Mediterranean hope.


In Italia manca sia la volontà che la progettualità politica nei confronti di una vera accoglienza. C’è una sostanziale indifferenza delle istituzioni verso le persone dei migranti sia nel momento del salvataggio sia in quello dell’accoglienza. La situazione di Vicofaro in cui lavoro, ne è la conferma.