Hanno appena cominciato a trivellare anche nello straordinario delta dove, in Uganda, nascono il Nilo e il fiume Congo. Un mega oleodotto di 1.400 chilometri attraverserà tutto il paese fino alla Tanzania e dunque all’Oceano indiano. Si chiama estrattivismo e non fa distinzioni tra Stati e multinazionali
Abbiamo sempre sentito parlare dei cattivissimi occidentali – le sette sorelle di decenni passati, le ditte petrolifere odierne Shell, ENI, Total, che hanno devastato l’ogni dove dell’Africa, i governi stranieri che li hanno appoggiati, e i governi africani che si sono lasciati corrompere e che hanno venduto tutto per pochi denari. Adesso però arriva la Cina.
Da come hanno gestito l’emergenza COVID, e da come gestiscono le loro società non so se sarà meglio. Intanto Xi Jinping, il presidente cinese rieletto per l’eternità, continua con i proclami green. Dice che i cinesi vogliono proteggere la biodiversità e rendere il pianeta sempre più verde. O cosi ha detto durante il COP15, il convegno annuale sull’ambiente promosso dalle Nazioni Unite e nel 2022, svoltosi a Montreal.
Sarà ma ecco qui una serie di progetti non proprio green promossi per l’Uganda.
Intanto c’è il cosiddetto East African Crude Oil Pipeline (EACOP) e lo sviluppo di due campi petroliferi, Kingfisher and Tilenga, che saranno sfruttati da ditte di stato cinesi. L’oleodeotto EACOP collegherà l’Uganda e la Tanzania, cosicché il greggio potrà essere mandato attraverso l’oceano indiano (verso la Cina?) dal porto di Tanga in Tanzania. I campi si trovano nella parte occidentale del paese, nel distretto Kikuube. Si parla di almeno 1,4 miliardi di barili.
Siamo in un angolo verdeggiante e ricco di natura spettacolare dell’Uganda. Ci sono qui il Lago Albert, dove nascono il Nilo e il fiume Congo e non lontano dal Murchison Falls National Park ed il Murchison Falls-Albert Delta zone protette perché dalla biodiversità unica in Africa, con foreste, zone umide e creature che non si possono trovare in alcun altro posto del mondo.
Davvero pensiamo che i cinesi tratteranno tanta bellezza con i guanti bianchi? Considerato come trattano i loro stessi cittadini, i loro stessi cieli anneriti, le loro non-democrazie ancora più malate…
Il progetto Kingfisher sarà realizzaato dal China National Offshore Oil Corporation (CNOOC). Vogliono realizzare centri di trattamento, raffinerie, pozzi di petrolio lungo la riviera del Lago Albert. Assieme alla CNOOC, la China National Petroleum Corporation (CNPC) e la China Petrochemical and Chemical Corporation (Sinopec), tutte ovviamente sponsorizzate dal governo centrale. Ovviamente i finanziamenti verranno da enti cinesi, prima fra tutte la Industrial and Commercial Bank of China (ICBC). L’unico progetto che prevede una partecipazione non cinese è quello delle trivelle in Tilenga che sarà realizzato dalla Francese Total con 140 pozzi di petrolio. Il tutto nel cuore del Murchison Falls National Park. Quelli dell’oleodotto EACOP dicono che creeranno 2.000 posti di lavoro, di cui però solo duecento per i locali. Una miseria, una miseria sporca e inquinata.
La gente d’Uganda è contraria, specie per la presenza di enti cinesi, poco trasparenti e poco interessati al bene del paese. Anzi molte banche e assicuratori occidentali si sono rifiutati di finanziare queste opere non solo perché vanno contro gli standard ambientali ma anche per presunte violazioni di standard internazionali nei progetti decisionali. Anche il parlamento europeo ha messo pressione ai governi di Uganda e Tanzania contro la realizzazione di trivelle e oleodotti in zone cosi sensibili. È forse una sorpresa data la storia recente della Cina?
Intanto, le trivelle vanno avanti. I politici d’Uganda si sono fatti abbagliare dal denaro e dalle promesse cinesi. A Kingsfisher hanno iniziato a trivellare a gennaio 2023, con tanto di foto con sorrisi d’Africa e di Cina. Dicono che non ci saranno danni, dicono che la gente è stata già compensata, che sarà tutto bello e rosa. Ma lo sappiamo che mai è stato cosi e mai sarà.
Fra dieci anni, prevedo, tireremo fuori tutti gli articoli scritti sulla Nigeria devastata da Shell, ENI e compari d’Europa e li riscriveremo per l’Uganda devastata dalla CNOOC e compari di Cina. Una storia già scritta e già pianta.
Maria Rita D’Orsogna è docente all’Università statale della California presso il dipartimento di matematica e fisica, cura diversi blog (come questo). Da sempre accanto alle lotte locali per la difesa dell’ambiente naturale e contro i giganti del petrolio, ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi articoli
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