di Donatella Donati*
Comincio col chiarire che cosa intendo per psicosi, o meglio per stato psicotico; infatti all’interno di una stessa malattia mentale tale stato può andare e venire, così come all’interno di ogni persona, anche la più sana, il pensiero psicotico prende ogni notte nei sogni il sopravvento sul pensiero abituale e si ritira, anche se non del tutto, al mattino.
Il pensiero psicotico si contraddistingue per il fatto che non riconosce la realtà, e per realtà intendo qui la realtà quale abitualmente la conosciamo, ordinata secondo le categorie di spazio e di tempo, categorie che l’inconscio può tranquillamente contraddire e ignorare. La realtà psichica però è altrettanto reale e risponde a un intreccio di regole, razionali e irrazionali; a seconda della proporzione fra questi due elementi si usa distinguere il pensiero psicotico dal pensiero cosiddetto normale. Tale proporzione varia in relazione a diversi fattori, prima di tutto il sonno e la veglia, ma anche nello stato di veglia si trovano tante diverse gradazioni tra consapevolezza e follia. Propongo di considerare che il pensiero onirico permanga sempre in ognuno e ognuna di noi, ma se ne stia acquattato nel fondo finché qualche circostanza non lo richiami in superficie.
Tra le circostanze c’è l’alterazione dovuta per esempio all’alcool o alle droghe, o a intense emozioni di varia natura, o al trovarsi in un gruppo più o meno allargato. Quanto più ampio è il gruppo tanto più deboli e incerti diventano i confini individuali, più rapidamente e intensamente si trasmette dall’uno/a all’altro/a l’emotività; gli umori e anche le idee si susseguono in modo repentino, e/o in certi momenti può addirittura sembrarci di essere la sola persona a capire quel che succede mentre le altre ci sembrano a un tratto lontane o pazze o proprio ottuse. Di queste alterazioni in genere si è consapevoli solo parzialmente; spesso trovandosi in gruppo si avverte soltanto un malessere non ben definito, un disagio corporeo come mancanza d’aria o troppo caldo o freddo, o noia e voglia di andarsene, o un intontimento che può anche essere piacevole, fino a un senso di comunione con l’intero gruppo e/o a una beata euforia.
In genere tutto ciò ha poco a che fare col compito che il gruppo si è dato consapevolmente e per cui è convinto di lavorare. Perché il lavoro proceda in modo costruttivo bisogna che il pensiero irrazionale, che pure può contribuire, non sommerga le capacità individuali più evolute, tra le quali appunto la capacità di percepirsi e pensarsi contemporaneamente come individuo e come membro del gruppo, in un contesto spaziotemporale preciso, con dei compiti precisi, evitando deliri di onnipotenza e brusche ricadute nella più nera impotenza, riconoscendo gli errori e i limiti individuali e collettivi, che fanno parte della natura umana e non si possono eliminare con reciproche accuse di opportunismo e di tradimento come avviene purtroppo spessissimo nelle riunioni politiche e non solo politiche di ogni ordine e grado.
Dunque il motivo per cui paragono il gruppo allo stato psicotico e al sogno è il seguente: in tutti e tre è forte il peso dell’inconscio, e poiché nel pensiero inconscio la logica irrazionale prevale sulla logica razionale, ecco che in tutti e tre ci si comporta in modo irrazionale, seppure in diversa misura. Certo nei gruppi, in condizioni favorevoli, si può fare un lavoro costruttivo, sarebbe assurdo negarlo, ma sarà tanto più possibile farlo quanto più si conosceranno le caratteristiche proprie del lavorare in gruppo, caratteristiche che, soprattutto nei loro aspetti inconsci, generalmente e tranquillamente s’ignorano come se occuparsene fosse un lusso o un capriccio da riservare a poche persone ultraspecializzate, come se in gruppo non si svolgesse gran parte della nostra vita, soprattutto la vita politica, che infatti va come va, cioè male, e non solo, ma anche, per questi motivi. Quanto ai sogni e agli stati psicotici, è bene ricordare che anche in essi, come nei gruppi, il pensiero razionale spesso compare, talora combattendo il pensiero irrazionale, talaltra cercando di darne una spiegazione.
In conclusione, io vedo tutta la vita umana come un continuo intreccio, e in gran parte anche combattimento, tra inconscio e coscienza, tra razionalità e irrazionalità, tra (relativa) sanità mentale e (relativa) pazzia, e penso che i gruppi siano più degli individui inclini alla pazzia.
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