di Filippo Taglieri
Mondeggi non è solo una località a sud di Firenze, una tenuta di circa duecento ettari destinata a speculazione e abbandono, e non è “solo” un Comitato di cittadini, contadini e tecnici del settore agricolo. Mondeggi è prima di tutto un presente e un futuro fatto di relazioni, di sogni e di pratiche quotidiane.
Il 27, 28 e 29 giugno un campeggio nella fantastica quanto imponente tenuta agricola fiorentina ha sancito l’inizio, o meglio la continuazione, di un progetto affascinante: far rivivere quello che le istituzioni avevano abbandonato, regalato, svenduto a speculatori di turno. Il campeggio è stata un’altra occasione nella quale il Comitato si è incontrato e ha discusso con le comunità locali e con altre realtà intervenute per la tre giorni. La campagna Terra bene comune vede così sbocciare la sua prima pratica di custodia e messa a disposizione delle comunità locali di un patrimonio che include la tenuta ma in un futuro prossimo, soprattutto, i prodotti della sua terra. Una custodia, dunque, per “restituire” un bene comune e decidere di volta in volta come gestirne le minacce e le opportunità.
Vivere e per molti rivivere quel posto significa costruire, come ha fatto il Comitato in quasi meno di un anno di duro lavoro, ricomporre relazioni con la gente che abita quei terreni, mettere su una rete di saperi indispensabili per riprogettare, dal punto di vista agricolo, la fattoria. Ma significa anche riprogettare “senza padroni”, per capire quali devono essere i benefici per le comunità e per la terra, senza privare i primi delle potenzialità inespresse di quei luoghi e senza privare la terra della sua ricchezza, per anni umiliata e maltrattata per rincorrere questo o quel finanziamento.
Questi e altri significati sono emersi in un work in progress durante la tre giorni toscana con tavoli di lavoro sul concetto di bene comune e la sua esplicitazione concreta e sui metodi di relazione con le comunità del luogo. Tutto questo per arricchire il dato più significativo espresso dal Comitato: accedere alla terra, abitarla e farla rivivere come sta avvenendo già grazie al coraggio di molti. Che, non a caso, dall’inizio di questa avventura hanno adottato come mascotte una capra bianca, simbolo della volontà di andare avanti con la faccia tenera e determinata, ma anche con le corna pronte all’uso.
Adesso a Mondeggi circa trenta persone rivivono quegli spazi e li riprogettano con esperti e cittadini delle comunità circostanti. Il recupero delle acque, la rotazione dei terreni, la manutenzione della vigna, l’allevamento sono contorni sostanziosi e sostanziali che s’innestano in un meccanismo virtuoso e sognatore che sembra finora avere basi concrete: le relazioni e la ricreazione di una comunità che parte dalla terra, dal cibo ma che sa pensare gli spazi sulle esigenze che le comunità hanno, spazi di socialità, laboratori, cibo sano, educazione alimentare.
I “mondeggini” dovranno continuare nello splendido e faticoso lavoro intrapreso, nel confronto quotidiano e nella crescita fatta di competenze e di intergenerazionalità. puntando forte sulla ricchezze inespresse e diffuse ovunque. Mondeggi non può e non deve essere un caso isolato e da copertina: questa nuova modalità di relazione e di progetto, che nasce dall’idea della campagna terra bene comun,e deve continuare e moltiplicarsi in molte forme diverse nel resto dello stivale. Tanti sono i poderi abbandonati o destinati alla speculazione e in questo momento delegarne la tutela equivale a mettere la testa sotto la sabbia.
L’alfabeto di chi vuole tutelare terra e territorio deve cominciare dalla “A” di ascoltare, perché è sano quanto inevitabile creare delle relazioni con le comunità, in alcuni casi ripensare le comunità che hanno la terra al centro e con essa l’abitare, il lavoro, la socialità, un nuovo modo di vivere. Insomma, occorre oggi più che mai progettare un futuro che sia rispettoso dei singoli e delle comunità, senza scadenze dettate da altri e con il coraggio di mettere in comune le proprie competenze per costruire, qui e ora, una società diversa.
DA SEGUIRE
Il 4 luglio a Roma Terra Bene Comune e TerraRivolta stanno pensando d’iniziare insieme un percorso di scoperta in uno dei parchi più grandi e belli della capitale per capire come le comunità territoriali circostanti vedo quei luoghi e cosa ne vorrebbero fare (se ne parla qui), un altro passo per ribellarsi (alla speculazione) facendo, cioè prendendosi cura insieme della terra bene comune.
DA LEGGERE
Gianluca Carmosino e Riccardo Troisi | 19 maggio 2014 | 2 Commenti
Si ostinano a pensare che la terra debba produrre cibo e non profitto e che la sua gestione possa avvenire in forme comunitarie. La tre giorni romana dei contadini ha mostrato un movimento decisamente genuino e ora un po’ meno clandestino
Mondeggi: la terra non si vende, si coltiva con l’autorganizzazione
Caicocci Terra Sociale (provincia di Perugia)
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