Si può cominciare anche da un furgoncino colorato che contiene una piccola biblioteca, una videoteca, un paio di casse, un videoproiettore e magari anche una postazione radio. Si tratta di raggiungere scuole, centri sociali, gruppi informali, musei, teatri, cinema, biblioteche… per ricucire relazioni, imparare ad ascoltare, dare significato a parole come territorio, comunità, arte, cultura, sperimentare un’educazione diffusa. “Cultura in movimento” è nato intorno a Cuneo da un gruppo di educatori e operatori sociali precari. In questo documento raccontano il loro straordinario percorso, sperando di scoprire risonanze con esperienze affini di altri territori. Tra l’altro, scrivono: “Le nostre città, i nostri paesi e quartieri devono ridiventare agorà per educare le giovani generazioni alla gestione delle questioni comunitarie e civiche e non semplici spazi organizzativi…”
di C.M.
Cultura in movimento è un progetto, un movimento, uno stile di educazione sociale, popolare e comunitaria iniziato nel 2017.
Con questo intendiamo ribadire la necessità e l’opportunità di un lavoro educativo integrale e non settoriale, aperto e in dialettica costante con i temi che riguardano la città – polis (o i paesi o i quartieri), vera figura e vero luogo pedagogico in cui si esplicitano i rapporti sociali e di produzione esistenti. Significa mettersi in dialogo con pari dignità pedagogica con tutte quelle esperienze formali (scuola, parrocchie, centri educativi) e informali (famiglia, gruppi amicali tra pari e non) per far fronte all’avventura pedagogica di una comunità senza ricadere in sterili e deboli dinamiche di animazione socio-culturale, e in vaghe e fuorvianti offerte di svago e intrattenimento frutto della “cultura” del tempo libero.
PRINCIPI (PRE)POLITICI e PEDAGOGICI/EDUCATIVI
– Educazione è Politica, è Cultura perché le tre pratiche pur essendo distinte, si fondono e si uniscono per chiederci che tipo di uomini e donne vogliamo diventare e allo stesso tempo che tipo di società vogliamo costruire.
– Essere e diventare Soggetti Comunitari e quindi responsabili di noi stessi (imparando a conoscerci), degli Altri (praticando solidarietà e cooperazione) e di un’idea di mondo (e quindi capaci di incidere nelle dinamiche pubbliche). Uomini e donne (piccoli/e e grandi) che si pongono criticamente rispetto all’attuale corso delle cose, che provando ad instillare domande e dubbi tendono quanto meno a resistere se non ad emanciparsi da un sistema capitalistico che è la vera ideologia dominante del nostro tempo, che rende tutto e tutti merci da consumare sul mercato.
Il nostro vuole essere un umile, ma netto tentativo di contrastare la tendenza che ci vede tutti in qualche maniera omologati, in competizione, tutti alla ricerca di un qualche tipo di successo, di un like su Facebook, tutti “imprenditori di noi stessi”. A questo noi anteponiamo, come già scritto altrove, l’azione comunitaria e collettiva, “l’unica cosa di sostanza che c’è al mondo” come disse in un discorso a dei futuri laureandi nel 2001 Kurt Vonnegut, intendendo con ciò l’assoluta importanza delle nostre vite in comune e interdipendenti, e dello spendersi nel tirare fuori da sé quanto di meglio possediamo in quanto a capacità, conoscenze e passioni per metterlo a disposizione degli Altri e della polis.
Azione nella polis, significa lavoro educativo, culturale e politico che tenta di farsi carico di luoghi, situazioni, problemi che riguardano le vite di ognuno di noi, sia negli aspetti personali che pubblici.
Domandarsi che tipo di società vogliamo creare, vuol dire operare tenendo ben presente la logica e il rapporto con il Potere, che sia politico e/o economico, per educarci (anche qui) a una propedeutica al conflitto, quale fonte di generatività sociale creativa e alternativa all’attuale, proponendo pratiche di solidarietà, mutualismo e cooperazione come visione ed esempio del mondo in costruzione.
– Re-imparare a sentire l’Altro, conoscere e praticare l’empatia reciproca: ci sembra sia questa la pre-condizione umana per sviluppare una consapevolezza dei destini sempre più intrecciati della nostra presenza sulla Terra. Il “metterci nei panni degli altri” ci fa capire che se salvezza ci sarà dall’attuale situazione sociale, economica ed ecologica, sarà collettiva e ugualitaria e non si otterrà con le attuali dinamiche, velate e non, di darwinismo sociale.
– Formarci ad esercitare forme di Democrazia diretta e partecipata, per riappropriarci dei temi e del controllo delle decisioni che determinano le nostre esistenze e le nostre comunità. Creare le condizioni per esperire forme di paideia che consentano la nascita di persone e cittadini attivi e non semplici consumatori nell’arena civica. È chiara la predisposizione di queste forme democratiche “dal basso” a politiche liberatrici, emancipatrici e di uguaglianza sociale.
– Necessità di alfabetizzazione sociale e culturale di noi tutti. Le nostre città, i nostri paesi e quartieri devono ridiventare agorà per educare le giovani generazioni alla gestione delle questioni comunitarie e civiche e non semplici spazi organizzativi.
Crediamo fortemente che sia necessaria una pratica formativa che crei coinvolgimento comunitario e sviluppi coscienza sociale per combattere disillusione, indifferenza e soprattutto un analfabetismo socio-culturale (funzionale) che crea profonde disparità e disuguaglianze tra chi può permettersi studi, esperienze formative e consumi culturali esclusivi (ma anche escludenti). È di vitale importanza riacquisire la capacità di presa di parola per divenire protagonisti dignitosi delle nostre esistenze.
UNA RIFLESSIONE DI CONTESTO
Definire il contesto culturale ed educativo in cui volenti o nolenti ci si muove è una necessaria opera di chiarezza e onestà, ed è per noi necessario posizionarci rispetto a tutto ciò, pur essendo consci delle nostre limitate forze e capacità.
Ed è proprio per questo che non possiamo esimerci da un ragionamento, seppur abbozzato, più di sistema rispetto alla definizione, alla programmazione ed alla realizzazione di quelle che vengono definite politiche educative e culturali di livello pubblico (comunali, consorziali e statali).
Cultura in movimento è stato sperimentato e continua la sua azione sostanzialmente grazie all’ottenimento di finanziamenti ricevuti da bandi nazionali e locali da parte di fondazioni bancarie private, ma è diventato un progetto in sé e per sé come evoluzione di un percorso di lotta (di tre anni fa) di alcuni educatori e operatori sociali contro forme di lavoro precario e/o al limite della legalità. Il nodo di allora, ma che rimane attualissimo nel presente, era la richiesta (inoltrata a Comuni e Consorzio Socio-Assitenziale) di coinvolgere direttamente bambini, genitori, lavoratori e cittadini interessati in un percorso di ridefinizione e riappropriazione delle attività educative extrascolastiche, partendo proprio dalle condizioni di lavoro degli operatori, dal pieno riconoscimento di partecipazione e decisione democratica di tutti i soggetti coinvolti e da un finanziamento stabile, dignitoso e pubblico delle iniziative. Il suddetto percorso, come noto oramai a molti, ci venne negato.
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È palese la contraddizione in cui ci muoviamo: da un lato siamo costretti ad assecondare la strutturazione concorrenziale e competitiva dei bandi privati (ottica che proprio nei principi educativi tentiamo di combattere), dall’altro rischiamo di consolidare il progressivo disfacimento del welfare educativo e culturale pubblico supplendo alle sue carenze e di svilire il nostro orizzonte culturale a mero esercizio retorico.
Riteniamo decisivo esprimere chiaramente questa contraddizione. Siamo convinti che emancipazione e coscientizzazione sociale possano ri-nascere solo da un’opera pedagogica in cui è il metodo o ancor meglio lo stile di Cultura in movimento – di partecipazione attiva, di coinvolgimento dal basso, di discussione allargata, di ingaggio comunitario, di conflitto generativo – ad essere decisivo e focale e non tanto la proposta progettuale in sé. Abbiamo partecipato a questi bandi provando a fare emergere questa impostazione, sapendo che è il nodo da sciogliere per operare meglio nelle e con le comunità e per non cadere in ottiche di eccellenza e innovazione frutto di una cultura commerciale del sociale.
Sarebbe ipocrita non sottolineare che è proprio grazie ai finanziamenti privati che riusciamo e riusciremo a condividere e a praticare le nostre ipotesi di lavoro con molte più persone e molti più territori di quelli che abitualmente incontriamo con i soli fondi ordinari.
Uno degli elementi che nei bandi delle fondazioni vengono maggiormente sottolineati come premiabili per un finanziamento è la sostenibilità autonoma del progetto nel futuro. In molte occasioni abbiamo provato, durante incontri, convegni, monitoraggi organizzati dagli enti finanziatori, a porre una riflessione su questo tema, in quanto per Cultura in movimento rendersi sostenibile significa principalmente rimettere al centro del dibattito pubblico la necessità di una modifica radicale nelle politiche educative e culturali: i nostri progetti non devono diventare brand, oggetti e merce nel mercato del sociale, ma stimoli operativi per promuovere dialettica e pratiche democratiche sul senso e sul fine delle politiche pubbliche educative e culturali.
Quindi, essendo il fine ultimo di Cultura in movimento quello di sperimentare una cultura educativa rinnovata, potenzialmente promotrice di un cambiamento politico e sociale, crediamo sia onesto vivere quotidianamente la contraddizione, utilizzando questa possibilità (economica e non) sapendo che per un compito così arduo e difficile le sole forze culturali ed educative che mettiamo in campo non possono bastare. Siamo convinti che provare a dialogare apertamente con tutti (bambini, adulti, istituzioni pubbliche e private, enti, associazioni…), con azioni e iniziative che tentano di formarci ad una radicale democratizzazione delle scelte che riguardano le nostre comunità, è un piano in netta controtendenza alla logica dell’”offerta” culturale ed educativa dominante nel quadro sociale attuale.
Pensiamo quindi sia decisivo, per il futuro del progetto e delle sue intenzioni di fondo, tenere sempre unita la sua anima pratica, laboratoriale e ludica a quella vocata al cambiamento organizzativo, strutturale ed economico nei territori e nelle comunità che incontreremo.
Vogliamo tenere aperta la discussione sulle fonti di finanziamento, provando a declinarla operativamente: fondi pubblici, azionariato popolare, crowfounding di comunità, creazione di una fondazione sull’esempio del Teatro Valle di Roma sono solo alcune ipotesi che potrebbero rivelarsi interessanti per la continuità della nostra iniziativa, ma sarebbero fini a se stesse se non divenissero un difficile, ma fondante e costitutivo tentativo di allargare il dibattito e la proprietà di Cultura in movimento oltre la nostra organizzazione interna, insieme a bambini/e, ragazzi/e, genitori, adulti in genere, associazioni, parrocchie, Comuni ed enti/istituzioni vari/e.
CULTURA IN MOVIMENTO
“giovani in azione”: IL PROGETTO
Riprendendo in gran parte i contenuti già espressi e condivisi lo scorso anno, Cultura in movimento si delinea come un progetto educativo, culturale e di azione comunitaria potenzialmente rivolto a gruppi di ogni età, ma con una particolare predisposizione pedagogico sociale nei confronti di bambini/e, adolescenti e giovani. (vedi il Progetto generale 2017)
Si può pensare a Cultura in movimento come ad un dispositivo – laboratorio di mappe sociali, raccolta di storie, inchiesta attraverso le arti, furgoncino itinerante, festa/evento comunitario, intervento sociale sul tema scelto dalla comunità – che diventa ambiente/contesto educante attraverso le Arti, la Cultura e l’azione comunitaria. Degli educatori/mediatori culturali “si muovono verso” “vanno incontro” a gruppi di persone di un territorio e, cercando di instaurare una relazione calda, li coinvolgono direttamente a riflettere su se stessi, su temi, storie e problemi della comunità per poi imparare ad agire in essa in maniera democratica.
La natura pedagogica di Cultura in movimento emerge soprattutto dal fatto che il processo di formazione sociale avviene sottolineando che i bambini e i giovani in genere “sanno già” delle cose, conoscono già alcuni elementi dello stare insieme; sono già, insomma, dei cittadini che per una necessità di dare maggior senso alla vita in comune si imbattono in una ricerca più allargata, in un’inchiesta ludica di tipo collegiale. In seconda e terza battuta l’apprendimento comunitario si esercita sperimentando una forma artistica, creando un oggetto culturale (canzone rap, videodocumentario, fumetto, flash mob teatrale) sul tema emerso dalla ricerca e restituendolo pubblicamente nella festa finale di comunità.
C.i.MOV.: IL FURGONCINO ROSSO
È l’educatore di strada a quattro ruote, è lo strumento pedagogico che ci permette di raggiungere i territori, e contiene al suo interno tutto il necessario (piccola biblioteca, piccola videoteca, casse audio, telone e proiettore, postazione radio) per creare insieme alle persone della comunità le attività culturali decise. Oltre ad essere strumento fondamentale della metodologia di coinvolgimento comunitario, può essere facilmente utilizzato come centro culturale ed educativo itinerante: da marciapiede, di strada e di piazza.
C.i.MOV.: FESTA/EVENTO FINALE E RUOLO DELL’ARTE.
Uno degli scopi del progetto è quello di co-organizzare con le persone interessate e contattate un evento che è allo stesso tempo proposta culturale (le questioni vive della comunità sotto forma artistica), festa comunitaria (sentirsi parte della comunità, ritrovando il piacere di stare insieme in luoghi pubblici), conclusione del progetto (emersione e condivisione pubblica della ricerca realizzata). È chiara l’impostazione che vede le Arti e la Cultura come rivelatrici, specchio e stimolo della comunità. L’idea è di uscire dalla logica della fruizione di uno spettacolo o anche della sola rappresentazione, per far sì che il momento finale (visione di un film, performance teatrale, lettura e presentazione di un libro, piccolo concerto) permetta in maniera popolare e non paternalistica l’elaborazione dei contenuti e dei nodi emersi.
C.i.MOV.: LO STILE E IL RUOLO EDUCATIVO
Come di certo si sarà capito, il nodo centrale di Cultura in movimento è il suo metodo, che vorrebbe essere propedeutico ad una vera e consapevole partecipazione alla vita e alle decisioni comunitarie. Essere educatori, secondo il nostro stile, significa farsi sollecitatori di cambiamento per domandarci e promuovere processi di (auto)liberazione.
Il ruolo educativo qui delineato prevede un continuo relazionarsi con i singoli in quanto tali, ma anche e soprattutto in quanto parte di una comunità allargata, insomma è decisivo tenere aperti i legami personali alle dinamiche di contesto sociale.
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Come operatori di Cultura in movimento pensiamo che tutto parta dall’ascolto attivo dei bambini/e, ragazzi/e che incontriamo, un ascolto vero che permetta di sentirsi accolti. Questo approccio è centrato sull’essere adulti credibili. Persone che fanno capire da subito che “la posta in gioco” è l’importanza di spendersi e di incidere per un cambiamento comunitario, ma che consce delle proprie e altrui fatiche, contraddizioni e dubbi quotidiani nell’avventura della vita, vogliono risultare serie ma non seriose e distanti. L’idea è quella di comunicare o ancor meglio di far toccare con mano che l’ingaggio nel percorso educativo e culturale è strettamente legato alla vita di ognuno di noi, e che almeno in via preliminare e embrionale incide su di essa, e ha quindi un che di pratico e utile nel modificarla positivamente
Ascolto attivo e credibilità fanno emergere chiaramente che il tratto distintivo delle relazioni educative che vorremmo sperimentare è nello “sguardo” che rivolgiamo ai nostri giovani interlocutori: sguardo che li identifica già come portatori di istanze e di conoscenze e che li responsabilizza da subito nel provare a delineare un futuro diverso da quello che molte volte sembra fatalmente e inesorabilmente scritto. Un’alternativa, delle alternative di comunità e di vita esistono e possono esistere.
C.i.MOV.: IL METODO EDUCATIVO E CULTURALE
Come già spiegato e sperimentato nella scorsa stagione il lavoro può essere condiviso con classi scolastiche, gruppi formali ed informali, progetti di educativa di strada, centri sociali, musei, teatri, cinema, biblioteche, centri sportivi e ogni tipo di gruppo o organizzazione che voglia aprirsi al tema dell’azione nel proprio contesto comunitario.
Ecco delineato nei passaggi fondamentali il metodo ed il percorso educativo e culturale di comunità di Cultura in movimento.
Presentazione del progetto e lettera di intenti
Nel primo incontro definiamo nella maniera più chiara possibile le finalità, il Senso e gli strumenti di Cultura in movimento. Ci aiuta in questo una brevissima lettera che spiega e invita i partecipanti ad ingaggiarsi nel percorso.
Mappa sociale
Non esistono mappe “ufficiali” realizzate da bambini, o giovani in genere. Attraverso questo laboratorio arriviamo a costruire un disegno di città, paese o quartiere dal punto di vista sociale e relazionale. I luoghi ci vengono presentati dai partecipanti per la loro funzione aggregativa e di comunità. La mappa è collettiva e quindi permette già un dibattito sul fatto che si tratta dei luoghi dove avviene e si esercita la vita in comune. Si arriva così ad avere una visione della comunità da parte dei giovani cittadini.
Racconto e raccolta di storie
Grazie ad una serie di racconti di storie vere che sottolineano la capacità di azione e riflessione critica di bambini, ragazzi e giovani nel loro contesto di vita, invitiamo i gruppi a ragionare su storie che li riguardano direttamente o che li hanno toccati nel vivo. Dopo la raccolta e la condivisione delle storie si avvia un dibattito che permette di arrivare ad uno o più temi o nodi che riguardano la comunità in cui si sta operando. Tutto questo lavoro può essere inteso come un’inchiesta ludica. Con essa emerge la dinamica sociale su cui provare ad incidere con il progetto.
Laboratorio Artistico e creazione oggetto culturale
Musica, Cinema, Letteratura e Teatro sono le quattro arti che dopo una breve e iniziale formazione tecnica ci permettono di sviscerare ed elaborare il tema emerso dalle storie e dall’inchiesta. La scrittura di un testo rap, un piccolo videodocumentario, la realizzazione di un fumetto e un flash mob teatrale sono le forme pratiche di restituzione pubblica alla comunità delle questioni emerse che avverranno durante l’evento finale. In questa fase l’Arte e la Cultura hanno quella funzione di prima emancipazione “dal basso” dai nodi e dagli eventuali problemi emersi in fase di ricerca.
Evento Finale
Come già evidenziato nell’evento finale si presentano e si affrontano pubblicamente i temi dell’inchiesta non tanto come frutto di un lavoro sociologico, ma come prassi pedagogico-politica in cui si gettano le basi per un lavoro nel futuro sui contenuti emersi. Grazie ad un piccolo concerto, una proiezione di un film o documentario, la presentazione o reading di un libro o fumetto o una performance teatrale, artisti e intellettuali, che promuovono nei loro mondi e con le loro arti pratiche e stili simili al nostro progetto, ci aiutano nell’affrontare le questioni emerse, allargando lo sguardo oltre il nostro quotidiano e il nostro territorio. È fondamentale creare una relazione e una comune linea di intenti tra noi operatori e gli artisti/intellettuali che vengono coinvolti.
Il giorno dopo…
E dopo l’evento finale come ci muoviamo? Il nodo del progetto sta proprio nel ripartire dalle domande emerse, dalle questioni poste e dalle possibili linee di lavoro in comune da realizzare, che ovviamente saranno diverse da contesto a contesto. Insomma è da una piccola presa in carico delle situazioni e da una prima responsabilizzazione sulle tematiche pubbliche emerse che il progetto riparte e può rendersi sensato, azzeccato e sostenibile.
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NUOVI CITTADINI/MEDIATORI CRESCONO
Nel primo anno di attività di Cultura in movimento abbiamo lavorato in cinque diversi contesti (paesi, città o quartieri). Strada facendo abbiamo conosciuto molti ragazzi/e che si sono appassionati e hanno condiviso con noi l’avventura sociale del progetto. Una quarantina di loro, di età compresa tra i 15 e i 25 anni, hanno deciso di andare oltre l’esperienza fatta, “salire a bordo” del furgoncino rosso e continuare insieme a noi operatori il viaggio verso nuovi territori, per incontrare nuove persone.
Suddivisi in gruppi di circa dieci persone, si sono formati/e con artisti professionisti sulle quattro arti protagoniste di Cultura in movimento, apprendendo non soltanto tecniche e strumenti propri di quell’arte specifica, ma anche e soprattutto il ruolo e la potenzialità dello strumento culturale nell’incontro con l’altro. Una volta formati questi giovani si sono uniti a noi operatori nella scoperta dei nuovi contesti e ad oggi promuovono e realizzano con noi il progetto; si potrebbe dire che si stanno formando e allenando ad essere dei nuovi operatori di comunità, che incontrano bambini o ragazzi della loro stessa età o poco più piccoli di altri territori e instaurano legami portatori di possibili interazioni e collaborazioni nel futuro.
ester seneca dice
Fantastici!!!!Grazie! La vera scuola outdoor!!!
Ester S.