Non basta più la politica contro, individuare i colpevoli e gridare contro chi è causa di un mondo che non ci piace. Una nuova cultura politica nasce quando cominciamo a pensare prima di tutto a ciò che siamo in grado di fare, qui e ora, insieme alle persone con le quali costruiamo relazioni di fiducia, a creare e non a distruggere. Si tratta di costruire il mondo come se fossimo crepe nel cemento

Noi facciamo “politica” in senso lato ogni volta che interagiamo con la società umana che abbiamo attorno. In genere facciamo politica contro. Impedire i licenziamenti, il bullismo, la gentrificazione, il cambiamento climatico, la transfobia, l’immigrazione indiscriminata, le troppe tasse, l’imperialismo yankee, il fascismo, il comunismo, la discriminazione… Tutte cose che hanno un colpevole. Putin Meloni Soros Schlein Renzi Nardella Casapound Biden Conti Salvini Trump il Papa Marx Adolf Hitler il sindaco di Montegruffoli Vittorio Feltri. E c’è la fantasia che se solo riuscissimo a togliere di mezzo quel colpevole, scomparirebbero tutte le suddette schifezze…
Il colpevole lo identifichiamo notandone ogni singolo difetto, che sia una strage o un errore di sintassi non importa; e censurando rigorosamente ogni cosa positiva che il colpevole possa aver fatto. Automaticamente, se il colpevole è lui, noi siamo innocenti. Ma dall’innocenza, passiamo alla potenza: siamo automaticamente eletti a giudici e a boia, tutto insieme. Ed ecco che la politica, da destra o da sinistra o da dove volete voi, esiste solo in funzione del nemico da sterminare: ci sturiamo il naso, mentre il politico che abbiamo votato spara lo ZyklonB sui nostri nemici.
In tutto questo, riusciamo a prendere di mira un umano, un esserino alto manco du’ metri e destinato a crepare presto, che passa almeno un terzo della sua vita a fare sogni e incubi, e gran parte del resto suddiviso tra fame, paura e lussuria.
Ora, anch’io sono un esserino alto manco du’ metri, e tutto il tempo che risparmio a pensar male di altra gentaglia come me, è tempo risparmiato. Anch’io ho pensato tanto male di altri, e quindi di riflesso bene di me stesso. Ma adesso, mi sarei anche stufato. Voglio pensare soprattutto a ciò che riesco a fare, a cogliere, assieme alle persone cui voglio bene e di cui mi fido, tutte le occasioni positive, a costruire e non a distruggere. Guardare la vita, il Mondo, la Toscana (l’Italia, saltiamola che non ci interessa), il Comune, il Quartiere, il Gonfalone, come un bicchiere mezzo pieno.
Costruiamo il mondo come se fossimo crepe nel cemento.
* Miguel Martínez è nato a Città del Messico, è cresciuto in giro per l’Europa e soprattutto in Italia, ed è laureato in lingue orientali (arabo e persiano). Di mestiere fa il traduttore e trascorre molto tempo in un giardino comunitario di Firenze. Questo il suo mai banale blog.
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Non si può non condividere quanto scritto da Miguel, ma solo come premessa. Manca a mio avviso il resto del racconto, manca la visione di una strategia di cambiamento (se non vogliamo chiamarla lotta). È vero che passiamo più tempo a crearci un nemico che a contrastarlo, ma “ritirarci” nella crepa del quartiere/della parete della nostra stanza non ci farà mai comprendere se il danno è strutturale o basta una stuccatura per eliminarla. Le crepe nel cemento avvengono di solito perché nel muro si infiltra acqua, i ferri all’interno si arrugginiscono e si gonfiano e il cemento esplode. Ma soprattutto perché la tecnica del cemento armato è la prima tecnica di obsolescenza programmata, e già sappiamo che avrà una vita breve rispetto ad altre più consolidate nel tempo. Insomma, a mio avviso, non è sufficiente creare “crepe” senza andare a fondo nelle cause. Se pensiamo che la somma delle crepe faccia crollare la “casa”, pensiamo bene, ma dobbiamo anche sapere che nelle case di cemento ammalorate ci abitano i poveri; i ricchi costruiscono ancora in muratura.
Grazie Paolo. Diciamo che si tratta di trovare la capacità di legare insieme il fare e il pensare (senza per questo abbandonare del tutto il gridare…).
Grazie di aver ripreso il post, scritto di getto la sera!
Paolo ha totalmente ragione: è importante capire la causa delle cose che avvengono.
Ma le cause non sono i singoli individui rispetto ai quali ci sentiamo migliori.
E la risposta (non esistono certo soluzioni) non può essere più grande delle nostre forze reali: al bar Sport il pensionato dice la sua su come avrebbe parato il gol della squadra avversaria, ma il pensionato è al bar Sport, mica lo fanno scendere in campo 🙂
Possiamo agire dove possiamo agire.
Io sono piccolo, ed è un miracolo se riesco a fare qualcosa nella parte occidentale dell’Oltrarno fiorentino.