La Cina è una bomba a orologeria, ha detto ai giornalisti al suo seguito nello Utah, poco più d’un mese fa, il presidente degli Stati Uniti. Dal punto di vista mediatico, era un grande assist per un titolo forte, ma i titoli, si sa, poi vanno spiegati. Biden lo ha fatto più o meno così: quando le persone cattive hanno problemi, fanno cose cattive. Supponendo che l’inquilino della Casa Bianca, a differenza del predecessore, non esterni mai del tutto a vanvera, c’è di che preoccuparsi e, nel caso dei giornali, cercare di saperne di più. D’altra parte, la minaccia di una resa dei conti nucleare, “lo scontro finale” tra gente che ama la suspense e lo show, non è forse mai stata così pressante. Va da sè che oggi non sia dunque solo papa Francesco, almeno formalmente, a invitare al dialogo. Ma il dialogo si fa almeno in due, è il problema di sempre. Non fosse che per questo, risulta davvero surreale la levata di scudi che certe meste voci mediatiche, le solite, per la verità – nonché l’ex segretario del Fronte della Gioventù della Garbatella, oggi senatore del primo partito del governo e autorevole quantomai essendosi forgiato nella stessa pugna romana della prima stella – hanno sollevato contro un rilevante seminario sino-europeo sui diritti umani. Possiamo certo capire che a testate d’assalto e ad altre teste d’incerta materia vedere una bandiera rossa faccia ancora l’effetto corrida del Jack LaMotta di Scorsese, ma chi non troverebbe interessante sapere cosa pensano i cinesi davvero (e non certo solo dei diritti umani)? Fabio Marcelli, giurista internazionale di larga esperienza, coinvolto suo malgrado dal velenoso impeto neo-maccartista, ci racconta il come e il perché di un confronto e di un dialogo che con la Cina non s’ha da fare. Il fronte occidentale ha già dato ai tempi del ping pong, il paddle oggi non si addice alla diplomazia

Mentre nei cinema va per la maggiore un bel film come “Oppenheimer”, che propone in modo chiaro il tema dell’angoscia atomica e parla del connesso fenomeno del maccartismo, in Italia si produce stranamente una sorta di maccartismo ritardato dei poveracci. Autori degli attacchi all’insegna della nuova guerra fredda e della denuncia delle quinte colonne interne taluni giornali tutto sommato marginali, come il Foglio e il Giornale, e un sito di chiara impronta calendiana come formiche.net, per non parlare di un caporale locale di Fratelli d’Italia, il non troppo famoso De Priamo, sodale di Giorgia Meloni fin dai tempi della Garbatella, per loro per nulla gloriosi, ma che forniscono purtroppo a tutta la stampa il destro per definire la premier come proveniente da tale quartiere, con grande scorno dello stesso e dei suoi abitanti, nella loro grande maggioranza tuttora rigorosamente antifascisti.
Occasione degli attacchi un convegno, peraltro molto partecipato e interessato, che si è tenuto all’Hotel Sheraton Parco de’ Medici mercoledì 20 settembre. Vittima illustre di questi sconsiderati e tutto sommato abbastanza ridicoli attacchi Oliviero Diliberto, oggi preside della Facoltà di Giurisprudenza, vittime meno illustri il sottoscritto e qualcun altro.
La nostra colpa? Aver organizzato il suddetto convegno che si proponeva (e vi è riuscito brillantemente) a costruire e sviluppare il necessario dialogo sui diritti umani fra Cina e Italia. Si è trattato in effetti dell’ultimo di una serie abbastanza lunga di incontri fra studiosi cinesi ed europei dedicati al tema. Il penultimo, cui ho partecipato, si era svolto a Vienna nel giugno 2019 e non mi pare abbia destato troppo scalpore.
Dialogare sui diritti umani coi Cinesi è infatti non solo lecito ma doveroso. Ed è utile anche per ottenere di prima mano notizie sulla Cina che difficilmente troveremo sui giornaloni e nelle tv governate e controllate dai gate-keeper sensibili ai comandi del padrone statunitense e che da sempre pubblicano sempre e solo “informazioni” riconducibili alla solita insulsa litania secondo la quale la Cina è un Paese autoritario e liberticida che fa soffrire tanti poveri dissidenti, uyguri, tibetani, abitanti di Hong Kong e altri a scelta.
L’intento di questi sedicenti giornalisti è evidentemente quello di screditare un Paese che è il più popoloso del mondo e sta guadagnando ogni giorno più spazio sulla scena internazionale, anche perché si tratta del promotore più convinto e instancabile del nuovo ordine multipolare che veda finalmente realizzato il principio della sovrana eguaglianza tra gli Stati e che non a caso è stato accolto con entusiasmo da una serie di Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. In tale veste, sia detto per inciso, la Cina sta contribuendo in modo si spera efficace al raggiungimento, in situazioni difficili e pericolosissime come quella ucraina, ma anche quella palestinese, della pace, che occorre ovviamente considerare il presupposto ineludibile per il godimento di qualsiasi diritto umano.

La fragorosa balla e sciocchezza scientifica che i detrattori del convegno in questione e del dialogo tra Cina, Europa e Italia in genere, ripetono a pappagallo, dando prova di ben scarsa capacità di analisi e sconfortante mancanza di fantasia, è quella secondo la quale la Cina in realtà vorrebbe depotenziare l’impatto dei diritti umani reclamando il proprio diritto di fare come meglio ritiene, infischiandone degli stessi. Una descrizione davvero indegnamente caricaturale della posizione di un protagonista di primo ordine delle relazioni internazionali odierne.
Se così fosse non si spiegherebbe il senso e l’utilità di convegni come quello che abbiamo tenuto allo Sheraton il 20 settembre, che infatti ha avuto grande valore proprio come momento di informazione e scambio reciproco su temi tanto importanti. E che ha registrato un forte interesse degli studiosi cinesi per i problemi e le soluzioni tentati in Europa, come pure un forte interesse nostro per i loro problemi e le loro soluzioni. Da questo secondo punto di vista molte sono le esperienze da raccontare. Basti pensare al fatto che se sono stati raggiunti gli obiettivi relativi al superamento della povertà stabiliti dal Vertice del Millennio, ciò si deve proprio alle efficaci politiche cinesi che hanno sottratto centinaia di milioni di poveri al loro destino. Ma le esperienze cinesi sono importanti anche su altri terreni. Basti pensare alle ben ottantacinque minoranze nazionali, che ricevono un trattamento adeguato a mantenere la propria identità culturale specifica. Il numero degli Uyguri, tanto per fare un esempio, è costantemente cresciuto negli ultimi, così come ne è aumentata la speranza di vita e il tasso di scolarità, mentre paradossalmente sono proprio le imprese occidentali che, per motivi non del tutto chiari, appaiono ancora restie ad investire in Sinkiang. O alla partecipazione politica, che conosce una serie di meccanismi efficaci ben spiegati dall’intervento di una giovane professoressa cinese al convegno. O alla salvaguardia ambientale, laddove la politica di pianificazione economica e di investimento pubblico consente oggi alla Cina di realizzare una produzione di automobili elettriche di gran lunga superiore a quella che si registra nell’insieme dell’Unione europea, al punto da motivare un’isterica reazione di von der Leyen & C., che non trovano nulla di meglio da fare che minacciare sanzioni e blocchi economici.
Tutti aspetti che vanno conosciuti e che non sono affatto conosciuti. E che qualcuno, come De Priamo e simili, non vuole affatto siano conosciuti, appunto perché la conoscenza reciproca spazza via la demonizzazione preventiva, evidentemente più facile e redditizia per un ceto politico e giornalistico abituato a campare di veline, superficialità e disinformazione generalizzata. In ultima analisi dietro un atteggiamento di questo genere c’è una convinzione, forse addirittura in buona fede, che noi siamo i migliori e che tutti gli altri sono in fondo esponenti di civiltà inferiori. Una posizione che non stupisce quando proviene da un rappresentante di un partito che ha tuttora in Benito Mussolini il proprio, pur se inconfessabile, archetipo ideologico, ma che accomuna in realtà a ben vedere anche tutti i nostri tristi e squallidi epigoni del suprematismo bianco in varie salse, condimento ideologico per eccellenza di un colonialismo ormai fortunatamente in via di estinzione definitiva, come proprio i successi della Cina ci dimostrano ogni giorno di più.

Bisogna in effetti capire che il rapporto colla Cina è indispensabile, e che va approfondito e sviluppato, su sempre nuovi terreni di interesse comune. Giorgia Meloni, che al contrario di troppi suoi accoliti, del tutto scema non è, lo ha capito(probabilmente anche perché adeguatamente stimolata da parti non trascurabili del mondo economico nazionale), ma il risultato è come troppo spesso accade in Italia espressione di una riprovevole schizofrenia. Se infatti per un verso il governo rifiuta di rinnovare l’accordo colla Cina stipulato ai tempi del Conte uno, su evidente costrizione statunitense (checché ne dica la Meloni con evidente excusatio non petita), per altri ribadisce che quello colla Cina resta comunque un partenariato strategico.
Il valore di iniziative come il Convegno dello Sheraton risiede proprio nel portare avanti questo rapporto indispensabile, a prescindere dai cedimenti e dalle ambiguità di chi malamente ci governa. Ma il tema del futuro condiviso dell’umanità che la Cina porta avanti con coerenza con vari anni, è troppo importante per subordinarne l’iniziativa alla servile schizofrenia dei governi. Speriamo lo capiscano anche i servi sciocchi, che in tal modo potrebbero perfino divenire un po’ meno sciocchi.
La Repubblica Popolare Cinese si fa rispettare nonostante tutto
Non penso che in Cina tutto ciò che brilla sia oro e non mi entusiasma il suo sistema politica
Tuttavia, solo gente estremamente ignoranti può ignorare le dimensioni planetarie di quanto vi accade ed è segno di estrema stupidità non voler nemmeno informarsene.
Ma la cifra universale dei fascisti di ogni risma è l’ignoranza, da non confondere con la stupidità
Solo i fascisti, ad esempio, possono pensare di far pagare una tassa di 5.000 euro ai disgraziati che vogliano evitarsi 18 mesi di galera nei CPR.
Gli stupidi senza speranze ci vanno solo dietro. Servono ad accompagnarli e supportarli.
Nella loro suprema ignoranza ignorano cosa decisero per loro i capoccia del Terzo Reich.