Non si tratta di difendere purezzE della lingua e neanche di inventarsi tabù verso la comunicazione digitale. Si tratta invece di creare le condizioni per far germogliare sempre di più pensiero critico. Per questo l’enorme, rapido e brutale impoverimento del linguaggio – dall’assorbimento di neologismi come brexit e fake news nella lingua italiana scelto dal Devoto-Oli all’utilizzo di sms e chat invece che abbracci o lettere scritte a mano per esprimere sentimenti -, è un problema sottovalutato, prima di tutto per bambini e ragazzi. “È il non pensiero facilmente imposto come gioco inoffensivo e utile – scrive Giovanna Mulas, scrittrice -, moda per non essere ritenuti diversi e in realtà, ancora e sempre, panem et circenses…”. Insomma, è il non pensiero di cui si nutre la delega, il dominio dei pochi che sono in alto sui molti che sono in basso
di Giovanna Mulas*
Un “Ciaone” alla lingua italiana già tanto, troppo, umiliata dagli stessi italiani?. Leggo che il Devoto-Oli, il dizionario di Le Monnier presentato martedì 12 settembre a Milano, inserisce 1.500 neologismi come brexit, webete, fake news.
E mio malgrado rifletto sull’attuale comunicazione, tramite sms and chat (perdonatemi, ma l’aborro): l’amore non si esprime più coi gesti, gli abbracci o quelle lettere scritte a penna, che noi donne tanto amiamo e serbiamo care: oramai basta un Click e si “spedisce” il cuore, ingabbiandolo in un tasto. Parliamo degli usi delle ultime generazioni come, pure, di coloro che definisco i neo Peter Pan; popolo dei cinquantenni pasciuti tra “Ok il prezzo è giusto” e Mc’Donald’S, gl’ignoranti per scelta su storia, attualità e politica. Dico, non v’è da esaltarsi sull’astenersi dalla politica; è un disinteressarsi ai nostri diritti e doveri, ergo farli gestire da altri, dal potere di turno, e sappiamo che il potere è sempre e comunque fine a se stesso, non a quanti necessitano.
Ma tant’è.
Il Dizionario “falsato” non è da sottovalutare, al contrario: il principale, lapalissiano intento di questa nuova forma di comunicazione consiste nell’appianare al massimo le condizioni per un pensiero critico trasformato, oserei dire, in un reato; mancanza alla quale non provvedere, al fine di sentirsi uomo tra gli uomini del presente. Col tempo accadrà, come di fatto accade a parecchi, che le parole non siano più in grado di esprimere il pensiero; ci mancheranno le parole, prima nella mente poi alla lingua, riassorbite da nuovi codici comunicativi, falsate da termini non appartenenti al nostro idioma eppure tenacemente imposti, introdotti all’uso quotidiano da sapienti tecniche di plagio: festa è party, la frizzante baby sitter in micro top e pantaloncini jeans ha sostituito la materna bambinaia e via discorrendo; il significato è identico ma in lingua inglese, chissà perché, pare faccia fashion… Ops, scusate, moda. Dunque, col tempo, le stesse idee verranno ridotte e, si prevede, pronunciate tramite un’unica parola: aboliti gli stessi significati sussidiari ergo, grazie all’ignoranza fisiologica ed ereditata, dimenticati.
Di conseguenza la letteratura, certi documenti, non venendo più compresi, andranno inevitabilmente distrutti: non necessiteranno ufficiosi roghi di libri su ciò che, all’occhio comune, è inutile, privo come è del suo significato originario.
Ora, come è possibile parlare di mancanza libertà o di sfruttamento se i concetti di libertà e sfruttamento non vengono compresi? Pure, come ritenete possibile parlare di una guerra se viene costantemente, felicemente accompagnata dal suo estremo, la pace? “Guerra di pace” si dice oggi, amici miei… Davvero, esiste orrore, paradosso più grande?
Sms & C.: il non pensiero facilmente imposto come gioco inoffensivo e utile, moda per non essere ritenuti diversi e in realtà, ancora e sempre, panem et circenses.
Pensare non deve divenire preoccupazione per la massa: penseranno – come in effetti già pensano – Altri per te. Il tutto è offerto o meglio, imposto, preconfezionato alla stregua delle tristi lasagne da single, da scaldare per cinque minuti al microonde.
Nel Devoto Oli 2017 sono registrate 509 voci inglesi tra i 1.049 neologismi del XXI secolo, la metà dei nuovi termini è in sostanza inglese. Andando avanti così mancheranno le parole per esprimere in italiano tutto quel che è nuovo, espresso sempre più frequentemente con termini inglesi che vanno verso l’unicità del significato invece della ricchezza e della varietà della lingua e delle sue accezioni…
Già, impressionante la dittatura dell’inglese, che resta la lingua dei circoli economici, delle borse, delle banche… Ne parla in questo ottimo articolo Renata Puleo, a proposito del libro In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia? di Tullio De Mauro (https://comune-info.net/2016/11/lingua-imperialismo/).
Quel libro è molto interessante, anche io ho scritto un libro sul fenomeno, e numeri alla mano ho cercato di documentare l’aumento degli anglicismi negli ultimi 30 anni. Purtroppo la conclusione è che la “dittatura” dell’inglese è uscita dall’ambito dei tecnicismi e dei linguaggi di settore e si riversa sempre più nel linguaggio comune, dove quelli che un tempo erano tecnicismi da addetti ai lavori (benchmarck, spread…) sono ormai parole diffuse su tutti i giornali. De Mauro è sempre stato poco preoccuppato, anche se nel suo ultimo Vocabolario di Base (2016) ho contato 129 anglicismi, contro la decina della prima edizione del 1980. Un saluto