Un No deciso e conflittuale. La storia del servizio civile comincia con un “Signor no” in risposta all’ordine di recarsi in una caserma per prestare il servizio militare e imparare a coltivare la cultura di guerra. Come molte esperienze di cambiamento sociale profondo, il punto di partenza è un rifiuto: nell’obiezione di coscienza, da cui è nato il servizio civile, quel grido-contro è stato legato al poter fare per la comunità, al ribellarsi facendo, perché la nonviolenza, per dirla con Capitini, se non è attiva è solo una forma sterile di narcisismo. Nell’aprile di cinquant’anni fa, trenta obiettori di coscienza si trovarono presso la sede della Comunità di Capodarco in via Lungro a Roma per cominciare, primi nella storia in Italia, il loro servizio civile alternativo. Quel “Signor no” e il quel ribellarsi facendo non smettono di orientare la vita di tanti e tante in molti angoli del mondo

“La memoria è lo zainetto che ti porti dietro quando ti metti in strada verso il futuro, dentro c’è l’indispensabile per capire dove ti trovi e dove ti può portare la strada che hai davanti”. In queste parole di Maurizio Maggiani, Fabrizio Ferraro ha voluto condensare il senso di un’intensa giornata tra memoria e futuro, prima di scoprire la targa che ricorda i cinquant’anni anni di vita del Servizio Civile in Italia.
Era infatti il 22 aprile del 1974 quando trenta Obiettori di coscienza si trovarono presso la sede della Comunità di Capodarco in via Lungro a Roma per cominciare, primi nella storia della Repubblica Italiana, il loro servizio civile alternativo in quanto obiettori. Pochi mesi prima avevano ancora una volta detto “Signor no” all’ordine di presentarsi ai Vigili del Fuoco di Passo Corese: i Vigili del Fuoco, corpo paramilitare, non erano una alternativa di servizio possibile per gli Obiettori di Coscienza che – ha ricordato uno di loro, Davide Baldini – consideravano l’assistenza l’unico ambito nel quale tradurre in concretezza di azione la loro scelta nonviolenta di rifiuto dell’esercito.

La ricorrenza è stata celebrata a Roma: la mattina alla Città dell’Altra Economia attraverso le parole di testimoni che hanno dato corpo a quella storia; don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco, ha ricordato l’avvio dell’esperienza del Servizio civile come l’utopia che si fa storia; Goffredo Fofi ha raccontato come rimase folgorato e portato sulla via della nonviolenza dalla storia di Gary Davis e del suo autoprodotto passaporto come “cittadino del mondo” e ha ricordato i suoi intensi confronti con Aldo Capitini, da cui ha imparato prima di tutto come la nonviolenza se non è attiva è solo una forma di narcisismo; Giulio Marcon ha spiegato come la sua esperienza con il Servizio Civile Internazionale ai tempi del terremoto in Irpinia lo portò a comprendere l’importanza di coniugare obiezione e servizio; Marco Tarquinio ha condiviso la sua storia di “conversione” alla nonviolenza e all’impegno per la pace: figlio di staffetta partigiana, scelse di fare il servizio militare pur dopo un dibattito appassionante tra gli amici (2/3 dei quali scelsero invece il servizio civile), ma nei quarant’anni di esperienza da giornalista non ha mai visto una guerra finire, “perché ogni guerra alimenta un’altra guerra” e quante accade oggi dimostra ancora una volta come la pace sia l’unica strada, per questo si è battuto per un servizio civile obbligatorio.
Parole di memoria che chiamano a un impegno che prosegua, continuando a proporre ai giovani che si affacciano oggi al servizio civile un’esperienza che metta in discussione il loro sguardo sul mondo e li accompagni ad essere cittadini in cammino sulle vie della nonviolenza.
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