Il 1972 segna il punto più alto dell’emergere della nuova cultura ecologista con il primo summit delle Nazioni unite. Oggi il surriscaldamento globale è solo uno dei sintomi del collasso ecologico. Com’è potuta accadere, si chiede Paolo Cacciari, una rimozione così profonda e prolungata delle rilevanze scientifiche, oltre che sociali e morali del pensiero ecologista? “Rispondere con sincerità a questa domanda è un passaggio indispensabile da compiere per chiunque desideri cercare una via di uscita alla degradazione della vita sulla Terra”. Di certo il tempo trascorso da allora dovrebbe essere sufficiente per convincerci a cambiare criteri di riferimento, immaginare cosmovisioni diverse, praticare relazioni di cura con gli altri e con la natura
Tratta da Extinction Rebellion London
Quest’anno saranno cinquant’anni dalla pubblicazione del Rapporto The Limits to Growth elaborato da un gruppo di ricercatori del Massachussets Institute of Technology guidato da Donella e Dennis Meadows, commissionato dal Club di Roma (un “circolo di discussione” o, come diremmo ora, un think tank, finanziato da imprese e istituzioni pubbliche, guidato da Aurelio Peccei, un illuminato economista e amministratore delegato della Olivetti, formato da scienziati, uomini d’affari, attivisti dei diritti civili, alti funzionari internazionalii), pubblicato in Italia da Mondadori con il titolo I limiti dello sviluppo. Il Rapporto conteneva una grande quantità di dati e grafici elaborati con avanzati programmi informatici per spiegare una cosa in realtà molto semplice – “abbastanza scontata”, come ebbe a dire in seguito Giorgio Nebbia in un libro intervista a Valter Giuliano (Non superare la soglia, edizioni Gruppo Abele, 2016) -: una crescita esponenziale della popolazione e dell’uso industriale delle risorse naturali avrebbe finito per compromettere gli equilibri ambientali e mettere in pericolo lo stesso sviluppo economico. Dimenticarsi della base materiale su cui poggia la tecnostruttura sociale conduce inevitabilmente ad una catastrofe ecologica.
L’allarme non era certo nuovo. Per rimanere nel secondo dopoguerra, già altri l’avevano lanciato ad incominciare dalla biologa Rachel Carson (con il suo meraviglioso racconto di un mondo avvelenato dai pesticidi e privato del canto degli uccelli; Primavera silenziosa, del 1962), dall’economista Kenneth Boulding (che fece sua l’efficace metafora del pianeta Terra come una navicella spaziale; The Economics of the Coming Spaceship Earth, del 1966), da Robert Kennedy (il suo celebre discorso di critica alla divinizzazione del Pil, “che misura tutto ad eccezione di ciò che davvero conta”, è del marzo del 1968), dal biologo Barry Commoner (il suo The Closing Circle: Nature, Man, and Technology è del 1971, tradotto e commentato da Virginio Bettini per Garzanti), da Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia (il suo The Entropy Law and the Economic Process, è del 1971), dalle stesse Nazioni Unite che, sulla spinta di grandi movimenti di contestazione ecologica e a difesa dell’ambiente negli Stati Uniti, istituirono la giornata mondiale della Terra il 22 aprile (equinozio di primavera) nel 1970. Nel discorso alla Nazione dello stesso anno il presidente degli US, Richard Nixon, affermava: “La grande domanda degli anni Settanta è: ci arrenderemo a ciò che ci circonda, o faremo pace con la natura e cominceremo a riparare i danni che abbiamo arrecato alla nostra aria, alla nostra terra e alla nostra acqua? Riportare la natura al suo stato naturale è una causa comune a tutto il popolo di questo Pese” (citazione in P.P. Poggio e M. Ruzzenenti, “Primavera ecologica” mon amur, Jaca Book, 2020).
Anche nel nostro “piccolo”, nei primi anni Settanta la nozione di ecologia si era affermata per merito di grandi personalità come Giorgio Nebbia e Laura Conti e associazioni come Wwf, Pro Natura, Italia Nostra. Nel 1970 la Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche promosse alla Fiera di Milano il convegno “L’uomo e l’ambiente” e l’anno dopo l’Istituto Gramsci organizzò alla scuola di partito del Pci, alle Frattocchie, il convegno “Uomo, natura, società” (novembre 1971). La stessa Chiesa conciliare si era spesa sulle questioni ambientali. In una lettera pubblica del 1971 papa Montini, Paolo VI, così si esprimeva: “Un’altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica quanto inattesa dell’attività umana. L’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile” (Citazione tratta da G. Nebbia in Non superare la soglia).
Tutti i temi dell’intreccio ambiente/economia, natura/cultura, tecnoscienza/umanesimo, benessere psicofisico/crescita industriale erano già squadernati sul banco di studio della politica
Il 1972 segna il punto più alto dell’emergere della nuova cultura ecologista e della comprensione della questione ambientale con il primo grande summit delle Nazioni unite a Stoccolma, il 6 giugno, dal titolo: Unite Conference on Human Environment. Tutti i protagonisti della politica erano alla ricerca di un “eco-sviluppo” che riducesse le logiche dell’economia all’interno delle leggi naturali ecosistemiche che regolano i grandi cicli biologici della vita sul pianeta. Un passo che sembrava essere non solo desiderabile, ma anche alla portata delle possibilità tecno-scientifiche e delle ambizioni (come si direbbe oggi) dell’azione umana civilizzatrice. Tanto da far ritenere al filosofo e sociologo Edgar Morin, maestro del pensiero complesso, che l’umanità entrava nel “primo anno di una nuova era” grazie alla nascita di una “ecologia generalizzata, scienza delle interdipendenze, delle interazioni, delle interferenze tra sistemi eterogenei, scienza al di là delle discipline isolate, scienza realmente transdisciplinare” (E. Morin, L’anno I dell’era Ecologica, in Le Nouvel Observateur, 1972. Armando Editore, 2007). Oggi, con le parole di Bergoglio nella Ludato si’, useremo l’espressione: “ecologia integrale”. Morin non sarà il solo a confidare su un ravvedimento generalizzato e su una svolta radicale del “modello di sviluppo” post miracolo economico e post Trenta Gloriosi anni della ricostruzione. Giorgio Nebbia, padre dell’ambientalismo italiano amava ricordare quegli anni come l’“alba dell’ecologia” o la “primavera ecologica” (Vedi, di Giorgio Nebbia, Fatti, idee e movimenti dell’ambientalismo italiano negli ultimi vent’anni, in N.Greco, Il difficile governo dell’ambiente, Edistudio, Roma 1988).
Il 1973 è un anno davvero magico per la fondazione del pensiero ecologico. Arrivano in Italia, di Gregory Bateson, antropologo e psicologo britannico, Verso un’ecologia della mente; di Konrad Lorenz, zoologo ed etologo austriaco, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà; di Barry Commoner, ecologo statunitense, Il cerchio da chiudere; di Friedrich Schumacher, filosofo ed economista tedesco, Piccolo è bello; di Ivan Illich, filosofo, pedagogista austriaco, La convivialità: di Herman Daly, economista ecologico statunitense, Toward a Steady-State Economy, di Arne Naess, fondatore della Deep ecology e critico dell’utilitarismo antropocentrico, The Shallow and the Deep, Long-Range Ecology Movements. In questo stesso anno viene firmato a Nyach, nello stato di New York, il Manifesto per una economia umana, con N. Georgescu-Roegen, K. Boulding, H. Daly e molti altri. Qualche anno dopo, nel 1979, James Lovelock formulava la sua ipotesi di Gaia pianeta vivente nel 1979 e Carolyn Merchant, nel 1980, scriveva La morte della natura. Donne, ecologia e rivoluzione scientifica, un testo di riferimento per l’ecofemminismo che fa discendere la critica al capitalismo da quella al patriarcato e all’androcentrismo. Da noi Giulio Maccacaro e Luigi Marra fondano Medicina democratica (1976), Enrico Berlinguer fa il discorso sull’“austerità” al teatro Eliseo nel 1977.
Da allora abbiamo rimasticato le stesse questioni in una interminabile sequenza di conferenze internazionali, protocolli, patti e accordi intergovernativi senza riuscire a spostare di una virgola l’incremento, anno dopo anno, di gas tossici e climalteranti emessi in atmosfera, di sostanze di sintesi non biodegradabili rilasciate nel suolo, nelle falde e nei mari, di materiali grezzi estratti da miniere, cave e pozzi, di foreste primarie distrutte, di chilometri quadrati di suolo impermeabilizzati, di specie animali e vegetali estinte, di epidemie da zonoosi a seguito della distruzione di habitat naturali. Il surriscaldamento globale è solo uno dei sintomi del collasso ecologico. Gli altri sono: la diminuzione dell’acqua potabile disponibile, la perdita di fertilità dei suoli, le polveri sottili in atmosfera, l’inquinamento chimico (vedi i 9 Planetary boundaries individuati da Johan Rockström,). Aggiungiamoci gli inquinamenti radioattivi, elettromagnetici, acustici, luminosi e, forse, la stessa diminuzione della capacità della fotosintesi clorofilliana della biomassa vegetale.
Il professore di fisica sperimentale dell’università di Ca’ Foscari e sostenitore di Extinction Rebellion, Francesco Gonella, ha elaborato una imbarazzante correlazione tra la curva della crescita del biossido di carbonio e le Conferenze delle Parti intergovernative dell’Onu sulla lotta ai cambiamenti climatici.

Com’è potuta accadere una rimozione così profonda e prolungata delle rilevanze scientifiche, oltre che sociali e morali del pensiero ecologista? Rispondere con sincerità a questa domanda è un passaggio indispensabile da compiere per chiunque desideri cercare una via di uscita alla degradazione della vita sulla Terra. Naomi Klein ha parlato di “dissonanza cognitiva”. Secondo il suo teorico, Leon Festinger, psicologo e sociologo statunitense, si deve intendere una dissociazione mentale tra la realtà e il proprio comportamento. Conosciamo razionalmente le conseguenze delle nostre azioni, ma non ne teniamo conto. Mentiamo a noi stessi pur di non mettere in discussione convinzioni secolari, abitudini e ciò che ci sembrano comodità. Più semplicemente, forse, la logica di funzionamento del sistema socioeconomico capitalista in cui siamo immersi mette in contrapposizione accesso al reddito e qualità dell’ambiente naturale; “la fine del mese e la fine del mondo” (per riprendere uno slogan polemico dei gilet gialli contro le tasse sui carburanti); “fame o fumo” (per ricordare già negli anni ’70 gli operai del Petrolchimico di Porto Marghera che accettavano condizioni di lavoro mortifere). Con il turbo-capitalismo neoliberista il ”rischio” personale è divento un valore enfatizzato e premiato dalla società individualizzata, come annotava Ulrich Beck, in La società del rischio. Verso una seconda modernità. Più semplicemente la nostra è la società dello “speriamo che me la cavo”. Ce ne freghiamo di ciò che accade agli altri e di chi verrà dopo di noi. I sentimenti di solidarietà, giustizia, convivenza nonviolenta, fratellanza/sorellanza, rispetto di ogni forma di vita o sono stati ammutoliti, o sono ridotti a retorica delle feste comandate. La religione della crescita economica è alimentata dalla competizione di tutti contro tutti. Tra le persone oltre che tra aree geopolitiche.
Cinquant’anni passati così dovrebbero essere sufficienti per convincerci a cambiare criteri di riferimento, immaginare cosmovisioni diverse, praticare relazioni di cura con gli altri e con la natura. È ciò che mi auguro avvenga nei prossimi cinquant’anni.
i Il Club di Roma è tutt’ora attivo. Il suo ultimo, interessantissimo rapporto si titola: 1.5-Degree Lifestyles: Towards A Fair Consumption Space for All. 2021.
E pensare non ci fosse stato tutto questo e queste persone!
C’è un bellissimo libro, Perdere la terra di Nathaniel Rich, che racconta proprio cosa è successo e perché. Il perché si chiama neoliberismo ed è stato proprio con Reagan che il grandissimo lavoro fatto dal movimento ecologista negli anni settanta, riceve uno stop brusco e il problema viene totalmente rimosso.
In poche righe cinquant’anni riassunti. Ottimo articolo.
Perché alcuni hanno predicato bene ma razzolato male quando, anche nel loro piccolo, hanno avuto le leve in mano.
Forse anche Cacciari ( Paolo) non è stato sempre strenuamente coerente …. quando poteva impedire scelte ambientalmente non compatibili
Sono molto grato a Cacciari per la ricostruzione di questi cinquant’anni persi a discutere del nulla e a sperare nell’avvento di un deus ex machina tecnologico che risolvesse tutto. Dobbiamo spingerci oltre: domandarci il perché esista questa “dissonanza cognitiva” che ci impedisce di mettere in atto tutto ciò che è necessario per….vivere, e vivere meglio
Purtroppo l’unica che ci potrà convincere a cambiare rotta è madre terra a suon di catastrofi
okkio al refuso, è Laura Conti! non conte :-*
sulla quale mi aspettavo due righe in più!
Grazie per la segnalazione del refuso
QUESTO ARTICOLO E’ MOLTO BELLO E MOLTO “UTILE”. In modo particolare per le nuove generazioni. Ma abbiamo tra pochi giorni una scadenza che in un modo o nell’altro ci riguarda. E io penso che bisogna cogliere l’attimo…g.s.
LETTERA A MARCO REVELLI SUL “MARASMA PROSSIMO VENTURO”
CARO MARCO, “il punto di non-ritorno” c’è già stato”. B. è stato “ri-legittimato” dopo un colpo di mano del capo dello stato. Prima di fare un “altro” governo si doveva votare. Invece “IL GOVERNO DEI MIGLIORI” è stato “imposto” e B. è stato “invitato” a fare parte del governo come uno dei “principali” contraenti. Per l’operazione in atto serviva il suo impero mediale. Per azzerare qualsiasi criticità e impedire qualsiasi racconto diverso della REALTA’. Ed infatti mentre IL BANCHIERE di GOLDMAN SACHS si “auto-imbrodava” alla conferenza di fine anno i cavalier serventi dei media di regime facevano il tifo. Nessuno ha ristabilito LA VERITA’. Mai tanti soldi ai padroni, mai tante stragi sul lavoro, mai una manovra così sfacciatamente pro-ricchi, mai TANTI LICENZIATI smartfonati disprezzati e violentati, mai tanti schiavi di campagne e di città, mai UN ASSALTO FASCISTA A UN SINDACATO finito nel dimenticatotio, mai tante BUGIE (G7 G20 PRE-COP…) E MENZOGNE su clima finzione ecologica e fossili finanziati… IL GRANDE CAPO HA FATTO BENE IL SUO LAVORO. IL pregiudicato pidduista ladro puttaniere …ancora in conflitto di interessi…rifà alla luce del sole UNA CAMPAGNA ACQUISTI per “diventare presidente” come continuazione della “sua” ri-legittimazione. E TUTTI TACCIONO ! Compreso il manifesto, caro Marco, che non ha avuto né il coraggio di ripetere i tempi del FAN-FASCISMO né di accettare-rilanciare la petizione CONTRO B. lanciata dal FATTO . Avrebbe avuto un grande significato, nella melma politica in cui nuotiamo. E avrebbe allargato comunque l’impatto della petizione. Ma è chiaro che avrebbe dovuto comprendere la presa d’atto che IL PARTITO DI LETTA “staisereno”non si può neanche lontanamente definire DI SINISTRA . Almeno dai tempi della scalata dello sceicco di Rignano e dell’abrogazione dell’art. 18 e del JOBS ACT (vergogna linguistica che ha straripato…) e delle lodi sperticate a MARCHIONNE . Ora, come tutti vedono, è totalmente “steso” su DRAGHI il liberista banchiere confindustriale privatizzatore del paese che serve da sempre i PADRONI UNIVERSALI. Il suo confabulare con la fascista romana è la ciliegina sulla torta. Di LEU è meglio non parlarne per carità di “patria”. E mi meraviglio solo di GRASSO. E sinistra italiana è rifallita come tutti i vari PDUP che si sono succeduti in vari modi e forme negli anni. E CONTE nel rinnovamento è passato dallo PSICO-NANO del comico di Genova al “B.ha fatto anche cose buone”, che per “un avvocato del popolo”è veramente esilarante. Ora bisognerebbe lanciare un’alternativa che rompa tutti i giochi e invece di assistere passivamente ALLO SPETTACOLO di LORSIGNORI TUTTI lanciare un altro gioco, sull’onda del CILE e dei suoi insegnamenti : UNA COALIZIONE-ALLEANZA di tutti quelli che a sinistra di PD LEU e 5 stelle che lancia e propone UN’ALTERNATIVA CULTURALE E MORALE ECOLOGICA E SOCIALE. O CARLASSARE costituzionalista insigne o GIORGIO PARISI nobel della fisica che ha tutti gli strumenti culturali e morali per rifondare difendere attuare LA COSTITUZIONE come l’appello dei 50 premi Nobel di questi giorni dimostra . Proporre e non subire per dare voce a quel 60% che non vota più.
Gaetano Stella – Lago di Chiusi- 28-12-21
-passaparola! –blog in ristrutturazione
Mai c’è stato nella storia della democrazia in Italia un periodo così buio ma anche
così accettato dalla maggioranza della gente.
Molto interessante, chiaro , esaustivo riepilogo di temi ambientali significativi
Torno a dire che il paradigma da abbattere è quello della crecita infinita. E’ con rammarico che ho ascoltato le parole di Papa Francesco sull’ “inverno demografico”!
Ottimo articolo! La descrizione dei movimenti culturali degli anni 70 del secolo scorso è illuminante. E’ stata l’Ultima Chiamata: nessuno ha risposto. 50 anni persi, ormai è troppo tardi, possiamo soltanto cercare di attenuare gli inevitabili eventi traumatici che ci attendono, ma è doveroso tentare. Comunque, a mio avviso non basta prendersela con “il capitalismo”, occorre anche rivedere profondamente il concetto di “progresso” e riconoscere che tutta la civiltà industriale è fallita, è un fenomeno impossibile. Forse tutto l’Occidente è condannato. Le due grandi rivoluzioni degli ultimi secoli (francese e sovietica) avevano ancora in comune due tragici errori di fondo: l’antropocentrismo e il materialismo, le basi della civiltà industriale. Bisogna abbandonare l’economia: molte culture umane sono vissute per 20-30.000 anni senza questa ossessione. Ora non ci resta che salire sulla tolda del Titanic.
Lanza del Vasto (discepolo diretto del Mahatma Gandhi) e le Comunità dell’Arca sono dai primi anni ’50 tra le prime e più significative testimonianze ancora viventi, nè accademiche, nè scientiste, nè statuali, di tribù votate ad una non-violenza integrale (quindi vegetariana), yogico-ecumenica, libertaria, decoloniale ed ecologica di laboriosità artistica, artigianale, agricola e semplicità volontaria.
Lo Schumacher College, co-fondato da Satish Kumar, discepolo diretto di Vinoba Bhave (successore di Gandhi) affronta tutt’oggi i nessi tra ecologia, economia e spiritualità, sin dal 1991.
Entrambe le realtà accettano sempre il sostegno intellettuale, accorato e manuale di individui e gruppi di buona volontà.
La ricostruzione di Paolo Cacciari è senza dubbio importante, ma a mio parere è parziale: considera in maniera ottima il versante diciamo “istituzionale”, delle elaborazioni, pubblicazioni, ma quasi ignora a mio parere il versante decisivo delle lotte. Io non credo nella versione della “Primavera Ecologica” e della sua fine nel 1973 (l’ho contestata in grande dettaglio un anno fa, Altro900, Fondazione Micheletti, dicembre 2020). Proprio il 1973, crisi energetica, ebbero un grande impulso le lotte operaie, che dalle vertenze sulla salute nelle fabbriche si estesero al tessuto sociale, investirono i problemi ambientali (problema energetico; 1976, disastri di Seveso, Manfredonia …). La redazione della rivista Sapere diretta da Giulio Maccacaro fu una fucina di elaborazione, riflessione, coordinamento che coinvolse quadri di fabbrica, tecnici, scienziati, studenti, operatori della salute, ecc.). Le lotte eco-pacifiste trasfigurarono nettamente dal “verde” al “rosso” con una netta impronta di classe, culminarono nel 1978 con le conquiste decisive della Riforma Sanitaria (che unificava i controllo ambientali, prima del deleterio referendum del 1983). Poi certo venne la sconfitta dei movimenti, del sindacato di base (EUR), ma con tempi e cause diverse rispetto al preteso tramonto della Primavera Ecologica (andrebbe citato anche Dario Paccino, che con Nebbia non era certo sovrapponibile). Eppure ci fu ancora la grande stagione delle lotte contro i programmi nucleari (una ulteriore vittoria), che con la Crisi degli Euromissili dilagò nelle lotte per il disarmo nucleare (le manifestazione oceaniche del 1982-83, il primo accordo di disarmo Reagan-Gorbachev, 1987).
Senza dubbio crisi ci fu, sconfitta ci fu, una indubbia frammentazione dei movimenti, ma su una base a mio avviso diversa: considero che sia un aspetto della storia ancora da approfondire e in sostanza da scrivere.
Comunque grazie a Paolo.
Angelo
Le parole si usano per descrivere fenomeni. Cambiamento climatico indica il fenomeno innestato dall’incremento dell’effetto serra per cause antropogeniche ( non è detto unicamente dato che vi si possono sommare altre cause che però non inficiano la prevalente) secondo studi che, in modo sistematico, sono iniziati nel secondo dopoguerra. Adesso, a mio parere, “cambiamento” non dà più l’idea della situazione in cui si trova il pianeta. Più correttamente per dare il significato attinente a quello che sta avvenendo bisognerebbe utilizzare il termine “rottura”. Sono gli effetti della rottura climatica che stiamo osservando dappertutto sul pianeta negli ultimi anni. La rottura implica la necessità immanente della riparazione, il cambiamento da l’idea che possiamo continuare ad osservare i fenomeni senza la necessità d’intervenire con urgenza. L’attività umana ha iniziato ad avere un peso sull’equilibrio terrestre con l’inizio della pratica agricola e il conseguente disboscamento di sempre più vaste superfici. Una grande accelerazione si è avuta con l’invenzione della macchina a vapore e la rivoluzione industriale. Il passaggio all’economia capitalista con la necessità di aumentare sempre più i giri del motore della produzione per realizzare sempre maggiore profitto e accumulazione di capitale ha fatto il resto. Se non si ferma il motore dell’economia industriale capitalista non se ne esce. Sempre più estrazione di materiali, sempre più produzione, sempre più consumi energetici, sempre più scarti nella terra, nelle acque, in atmosfera. Questo è il tipo di economia capitalista. Se si toglie il profitto e l’accumulo di capitale subito il motore della produzione di beni per le necessità dell’umanità perderebbe velocità e l’estrazione e gli scarti diminuirebbero. Si avrebbe comunque sempre un influenza sul clima ma questa potrebbe essere gestibile e nel medio periodo, forse alcuni secoli, portare ad un equilibrio accettabile in cui avrebbero maggiore influenza i fenomeni naturali.
un utile riassunto partendo dalla 1^ conferenza sullo sviluppo sostenibile nel 1972. Grazie Cacciari. Da A. Peccei a B Commoner, da G Nebbia a Naomi Klein. E stato sviluppato un colossale lavoro sulla crisi ambientale. e spesso mi chiedo ma com ‘è possibile che non c’è ancora una presa di coscienza sulla crisi che non è solo ambientale. Ma INTEGRALE. cioè in contrapposizione a a quella ECOLOGIA INTEGRALE che Papa Francesco auspica agli umani di raggiungere. Una distanza abissale oggi. Allora ho pensato nel mio piccolo di dare un contributo, invitando a riflettere sul fatto che ci troviamo di fronte ad una svolta epocale. Cioè di tentare di realizzare la 2^ rvoluzione Copernicana: da una cultura antropocentrica ad una CULTURA NATURO BIOCENTRICA … penso ad es che l’approccio culturale (ma anche tecnico) agli allevamenti intensivi (molto inquinante) é decisamente da eliminare e sostituire con allevamenti a pascolo libero … e così anche x tutte le altre produzioni. Utopia? Come affermava Alberto Moravia nel suo unico saggio “impegno controvoglia” nn è tanto importante raggiungere la città di Utopia quanto invece andare in quella direzione. se capita di sbandare a ds o a sn poi sapremo correggere la rotta. Aggiungo io che sappiamo benissimo che nn la raggiungeremo mai perchè nessuna società é stata é e sarà senza problemi … vorrei continuare ma nn c’è più spazio …