di Alain Goussot
Diego Guzmán Farías (venticinque anni) e Exequiel Borbarán (diciotto anni): due giovani studenti assassinati a Valparaíso in Cile* durante una manifestazione per una Scuola più aperta, equa e democratica! Una scuola che favorisca l’eguaglianza delle opportunità per tutti, il movimento studentesco e sociale in Cile, sostenuto attivamente dal partito comunista cileno, vuole superare la scuola reazionaria e privatistica nonché gerarchica aziendalistica dell’epoca Pinochet.
Ricordiamo a chi protesta oggi in Italia che il primo esperimento di scuola neoliberista e di tipo aziendalistica è stata sperimentata in Cile sotto la dittatura con la sperimentazione degli orientamenti neoliberisti dei Chicago Boys statunitensi, cioè degli economisti alla Milton Friedman che furono i consulenti del governo Pinochet. I principi? Meno Stato e più mercato, privatizzazione della scuola, una scuola a più velocità con quelle di serie A per ricchi e gli altri, una scuola professionale di basso livello per i figli del proletariato, una formazione attenta alla gestione, da parte dell’economia, delle ‘risorse umane’ e quindi delle ‘competenze tecniche’ adatte alle esigenze dell’impresa capitalistica, una riduzione della cultura generale nella formazione (considerata come inutile e pericolosa), il dirigente scolastico è un manager padrone che comanda con il suo staff di tecnici.
Quella è la riforma che è stata applicata in Cile dalla metà degli anni Ottanta e che ha devastato il sistema socio-economico e la scuola aumentando in modo spaventoso le diseguaglianze. Oggi il governo della socialista Bachelet con il sostegno del partito comunista cileno tenta di democratizzare il sistema e di reintrodurre i diritti eliminati dalla politica neoliberista della dittatura: studenti e insegnanti stanno facendo pressione sul governo per accelerare le riforme democratiche e progressiste nell’istruzione, ma vi sono forze opposte che vogliono contrastare questa trasformazione verso più giustizia nella società e nel mondo dell’istruzione.
C’è un filo comune tra la lotta degli insegnanti cileni e di quelli italiani.
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