C’è chi pensa che possono cambiare l’ordine delle cose, ma al momento dentro un grande, fragile e incoraggiante movimento come Priorità alla scuola, nato intorno a genitori e docenti e che il 26 settembre manifesta a Roma (l’appello è stato raccolto anche dai sindacati, tra cui Flc Cgil e Cobas), sembrano un po’ defilati. Per questo la lettera ai Prof del Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano sembra aprire un varco importante. Non accettano che le scuole siano state chiuse, ma rifiutano anche il silenzio su come cambiare una scuola che da tempo fa acqua da tutte le parti. Mettono al centro domande non scontate: “Come studieremo l’ambiente e le scienze? Qualcuno ci spiegherà mai il concetto di Spillover, il legame tra la crisi climatica e il virus?… Come impareremo a essere solidali con qualunque essere umano, non facendo morire delle persone nel Mediterraneo?…”. E invitano i docenti a camminare insieme su percorsi nuovi, a cominciare, ad esempio, dal concetto di città/territorio: “Vi scriviamo per invitarvi a essere con noi, a immaginare insieme strade percorribili, per prendere parte, per continuare a fare a scuola e a farla meglio. Occupate con noi i parchi, le scuole, le strade! Apriamo le scuole alla città e la città alle scuole, stiamo in classe il pomeriggio e la sera, scioperate con noi facendo lezione in piazza, ribellatevi alla Dad, siate partigian*!…”
Car* Prof, sono ormai passati sette mesi dalla chiusura delle scuole a causa della pandemia da Covid-19. La Fase 1 l’abbiamo passata tutt* chius* in casa e per noi “mondo della scuola” ha significato didattica a distanza. Durante la Fase 2 ci era concesso andare a correre, fare qualche giro in bicicletta e poco altro. Nella Fase 3 ha riaperto tutto. Tutto, tranne le scuole. Perché noi “mondo della scuola” siamo l’ultima ruota del carro, oramai da troppi anni. Ripartenza sì, ma per chi? Riparte il profitto dei soliti pochi, in barba a tutto il resto della popolazione, senza pensare alla formazione di quelli che saranno i futuri cittadini di questo paese.
Sulla riapertura, tutti hanno detto molte cose, ma nella migliore delle ipotesi tutte tese a salvaguardare le briciole che concedevano prima, un’ottica miope per un Paese che conta uno dei più alti tassi di dispersione scolastica, chi ridarà i suoi quindici anni o i suoi otto anni a Mohamed, Marco, Sofia o Jasmine? Qualcuno ci ridarà questi mesi o forse qualcuno pagherà per aver ritenuto più importante la produzione di F35 che la nostra formazione?
Non vogliamo difendere lo status quo, almeno la capacità di sognare e di immaginare altre scuole possibili vogliamo tenercela stretta. Non possiamo accettare che le scuole siano state chiuse ma non possiamo accettare neanche che nulla sia stato detto né tanto meno fatto su come cambiare una scuola che, da molto prima del Covid, fa acqua da tutte le parti a causa dei governi che, uno dopo l’altro, hanno tagliato miliardo dopo miliardo i fondi all’istruzione pubblica, preferendo il finanziamento del privato.
Un banco qua, una mascherina là, come se questo bastasse a eliminare i numerosissimi problemi che da anni denunciamo. Classi pollaio, precarietà, scuole che ci cadono in testa, insegnanti che mancano e, quando ci sono, con gli stipendi più bassi d’Europa, la percentuale di dispersione più alta d’Europa, la scuola-impresa, i presidi-manager, la retorica di studentesse e studenti “preparat*” al mondo del lavoro e la concretezza di non essere preparat* a essere cittadin* attiv*, la didattica frontale tale e quale a settanta anni fa, le pochissime gite. E ancora la valutazione quantitativa, i test invalsi, scuole di serie A e di serie B, le ripetizioni private, i soldi pubblici alle scuole private, la dote scuola alle scuole private, le scuole private, le scuole cattoliche, l’educazione sessuale mancante, la completa mancanza di educazione ecologica nonostante l’emergenza climatica.
Non una proposta su come cambiare la scuola, su come reinventarla per costruire una scuola equa, solidale, cosmopolita, su come costruire la scuola nell’era della pandemia globale e del mondo globalizzato, su come uscire insieme da questa situazione dove il profitto conta sempre più delle vite umane. Le possibilità sono tante, l’educazione all’aperto, nei parchi, nei luoghi pubblici, negli spazi dismessi delle caserme, difesi e tenuti inutilizzati in attesa della prossime speculazioni e mai considerati come spazi da restituire alla collettività.
Vogliamo tornare a scuola ma vogliamo anche tutta un’altra scuola con edifici adeguati, programmi rivisti e metodi di insegnamento diversi, una scuola che non lasci indietro nessuno, se no non è scuola. Abbiamo alcune domande che non possono più aspettare, questa scuola tutta tesa a una valutazione anacronistica e non alla comprensione della realtà, va cambiata.
Come studieremo l’ambiente e le scienze? L’economia? Qualcuno ci spiegherà mai il concetto di Spillover, il legame tra la crisi climatica e il virus che ci ha intrappolati e ci intrappolerà nelle nostre stanze? Chi ci spiegherà come funziona il mondo, a partire dai libri di storia? Chi ci racconterà che la rivoluzione è già stata fatta nel 1789 e che si può rifare? Chiusi, isolati per mesi o anni davanti a uno schermo come faremo a diventare le donne e gli uomini del futuro? Come faremo a imparare come va il mondo? Come faremo a imparare a rispettare tutte le persone, senza differenziazione data dal colore della pelle, rispettosi dell’orientamento sessuale di chiunque? Come impareremo a essere solidali con qualunque essere umano, non facendo morire delle persone nel Mediterraneo in nome di un nazionalismo inutile e ottuso, che ha il solo obiettivo di alimentare la guerra tra i poveri?
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La nostra socialità, inter-azione, la nostra cospirazione di cervelli è necessaria. Siamo il mondo che verrà, se non volete un mondo di sociopatici, ignoranti, di persone sole e centrate solo su se stesse bisogna essere tutt* partigiane e partigiani, prendere parte, non stare a guardare, non pensare che oramai i giochi sono fatti e niente va più, tutto può ancora andare e cambiare, dipende da noi.
È necessario per noi studentesse e studenti, giovani e, senza retorica, futuro di questa italietta dei malati di Covid nella rsa e dei tamponi mancati, ma è necessario anche per tutti le e gli insegnanti, docenti, educatrici e educatori, ora più che mai, non dobbiamo lasciare indietro nessuno, a partire da una scuola che va re-immaginata come reale possibilità per tutti di vivere meglio, a partire dalle diverse capacità e possibilità.
Vi scriviamo per invitarvi a essere con noi, a immaginare insieme strade percorribili, per prendere parte, per continuare a fare a scuola e a farla meglio. Occupate con noi i parchi, le scuole, le strade! Apriamo le scuole alla città e la città alle scuole, stiamo in classe il pomeriggio e la sera, scioperate con noi facendo lezione in piazza, ribellatevi alla DAD, siate partigian*!
Non chiediamo di lavorare gratis, ma chiediamo di lottare assieme perché voi possiate avere un contratto dignitoso, ma allo stesso tempo riappropriamoci del tempo e degli spazi e dei contenuti scolastici!
Non sedetevi, non arrendetevi, non siate indifferenti! Disobbedite!
Abbiamo perso un sacco di tempo, nessuno ce lo ridarà. Voi non fermatevi ai vostri diritti di lavoratrici e lavoratori, siate insegnanti di vita: non diventate una corporazione chiusa, che difende le briciole, come nella peggiore guerra tra poveri. Non conquistate le briciole sulla nostra pelle, sacrificando sull’altare della DAD la nostra istruzione, il nostro futuro, il nostro diritto, la nostra scuola.
Lottiamo insieme per una scuola più giusta per tutt*!
[Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano e provincia]
Giuseppe Campagnoli dice
L’unica soluzione è l’educazione diffusa. https://comune-info.net/manifesto-educazione-diffusa/
Giuseppe Campagnoli dice
http://www.paolomottana.it/2020/04/30/solo-leducazione-diffusa-puo-salvarci-dalla-scuola/